"ANCHE SE ABBIAMO DISCUSSO UNA CIFRA, RESTI LA BUSSOLA NORD DELLA VITA."

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Salutare Serena ieri alla stazione è stato molto duro; entrambe siamo state inondate da un mare di lacrime miste poi a sorrisetti per la pietosa condizione in cui eravamo ridotte: il mascara ci contornava gli occhi come se qualcuno ci avesse tirato un pugno e nel contempo, la quantità esagerata di fazzoletti usati straripava dalle nostre mani a cadere per terra.
«Perchè non rimani qui con me e il tuo batuffolo?» le ho detto stringendola forte a me.
«Quanto lo vorrei Col, ma avrei una laurea da fare! Però promettimi che mi terrai aggiornata su ogni cosa. Fai conto che io sia qui con voi. E non dimenticare mai ciò che ti ho detto in questi giorni! Ti voglio un bene dell'anima.»

Dopo aver ricambiato il suo affetto, con molto dispiacere sono tornata a casa ripensando a tutte le cose belle fatte insieme in soli pochi giorni. Mi ha fatta divertire, mi ha fatta riflettere e mi ha tirata su di morale.
Mi ci voleva proprio questa boccata di vita!

Il suono del mio telefono rompe questa mia vena malinconica. Sblocco lo schermo e leggo un messaggio da parte di Davide.
【 Ehi Mì, potremmo incontrarci nel tardo pomeriggio per parlare di una cosa? Se per te va bene, alle 19:00 al Blanco!
【 Oh Dà, va bene, ci sarò! Ma è successo qualcosa?】rispondo preoccupata.
【 Niente di grave tranquilla, a più tardi allora! 】

È molto strana questa situazione, ma significherà che ha davvero qualcosa importante da dirmi.
Faccio una doccia veloce e indosso una salopette di jeans che mi è stata regalata da mia mamma proprio ieri, sopra metto il mio Woolrich blu e sono pronta per andare senza perdere troppo tempo a truccarmi.
«Io esco, non aspettatemi per cena.» Urlo a Tata Maya salutandola dall'ingresso.
Salgo in macchina e mi avvio, passando per una Roma ormai già buia.
-Odio l'inverno!- esclamo, pensando a quanto sia bella invece la mia città a quest'ora d'estate: quando è il tramonto e l'arancia rosseggia sui sette colli.

Come sempre, perdo circa venti minuti per trovare parcheggio e come mio solito arrivo tardi all'appuntamento.
Giro l'angolo e fuori la porta del locale trovo un ragazzo alto intento ad accendersi una sigaretta combattendo contro il vento.
-Oddio mio, Mattia!- penso, stringendo i denti.
Comincio a respirare a fatica e mi avvicino sempre più.
«Ehi...» lo saluto a bassa voce.
Alza lo sguardo come è solito fare, inarcando le sopracciglia e aggrottando la fronte. Schiude le labbra per togliere la sigaretta dalla bocca e mi fissa dal basso verso l'alto per qualche secondo, soffermandosi sulla mia pancia.
«Ciao Mì, te stavo aspettando.»
«In che senso, scusa? Io dovrei...vedere Davide.» Rispondo perplessa, guardandomi intorno.
«Nun ce sarà, gli ho detto io de mandatte un messaggio per fatte venì qua!»
«E perché non me l'hai chiesto direttamente te scusa?» Domando ancora più perplessa di prima, storcendo la bocca.
«Nun lo so... Pe' nun fatte venì l'ansia!» Spegne la sua sigaretta e mi fa cenno con la testa di seguirlo.

-Per non farmi venire l'ansia? Ma è matto?-

Lo seguo imbarazzata, mordendomi ripetutamente le labbra, lo faccio sempre quando sono agitata.
«Micole, lasciate sta' 'ste labbra.» Esordisce spezzando il silenzio creatosi tra di noi. «Ce stai a fa' la guerra!» Mi tira una leggera sberla sotto il mento costringendomi a smetterla.

Sono qui a sentirmi male dentro, sento che potrei vomitare da un momento all'altro per l'ansia che ho, e lui che fa? Mi parla delle labbra?
-Io lo ammazzo! Non cambierà mai!-

«Grazie per gli auguri comunque...» afferma sedendosi su una panchina in mezzo a un parco isolato dal centro caotico. «De solito so' io quello forte con le parole, ma devo fatte i miei complimenti. Nessun errore grammaticale, buona sintassi, sei stata brava!» Afferma con sottile arroganza.
Lo fulmino con gli occhi, rimanendo sconcertata dal suo atteggiamento. Io ho buttato più lacrime che lacrime nello scrivere quella cosa e lui, giustamente, ha notato solo la sintassi.

L'ECO DELLA LIBERTÀ | BRIGADove le storie prendono vita. Scoprilo ora