Come avevo previsto, una lucida Audi nera era parcheggiata di fronte all'ingresso.
L'autista, un bell'uomo in giacca e cravatta dai corti capelli castani, si inchinò leggermente quando mi vide arrivare.
«Salve, signorina Elizabeth. È pronta per partire?»
«Sì James, grazie. Possiamo partire subito»
I film non mentono mai, in qualche modo tutti gli autisti personali si chiamano James.
Salii nell'auto e mi accomodai sul sedile posteriore rivestito in pelle. Sentii il rombo del motore propagarsi per i sedili mentre James metteva in moto e chiusi gli occhi.
Entro poche ore avrei potuto di nuovo respirare l'aria lievemente salmastra della costa meridionale, mescolata al secco profumo calcareo delle mie scogliere.
James non disse una parola per tutto il viaggio, da perfetto autista inglese. Mi piaceva la sua compagnia, era tutt'altro che complimentoso e adulatore. Faceva il suo lavoro in modo impeccabile, con devozione e rigore, dicendo appena una manciata di parole ogni giorno.
Mi ci trovavo a mio agio, nonostante fosse completamente diverso da Harry.Sorrisi tra me e me, scuotendo la testa.
In qualche modo riesco sempre a pensare a lui, eh?
Era così facile riportare alla mente il suo sorriso, che gli disegnava un paio di fossette sulle guance – quella sinistra era decisamente più marcata – ed illuminava i begli occhi verdi.
Mi addormentai così, ripensando alla figura di Harry che rideva, cullata dal sordo rombo del motore mentre ogni secondo mi avvicinava di più a Dover.
***
«Signorina Elizabeth, siamo arrivati»
La voce di James mi fece aprire gli occhi e mi guardai intorno. Il sole era tramontato da poco, e dal finestrino riconobbi il profilo della mia casa.
Sono a Dover. Sono a casa.
Questa consapevolezza dissipò del tutto il mio torpore e scesi dall'auto sgranchendomi braccia e gambe.
Recuperai lo zaino e ringraziai James, che mi rispose solo con un cenno prima di entrare in auto e ripartire alla volta di Rangemore Hall. Aprii il cancelletto per poi percorrere i pochi metri che mi separavano dalla porta d'ingresso e suonai il campanello.
Venne ad aprirmi mamma, che subito si lasciò andare ad un urletto eccitato abbracciandomi stretta. Sorrisi ed alzai gli occhi al cielo mentre ricambiavo l'abbraccio. Mamma era ancora esuberante come la ricordavo, e forse anche di più.
Sembrano passati mesi dall'ultima volta che sono stata qui.
«Lizzie, tesoro! Come stai? Com'è andato il viaggio? Entra, ho giusto finito di preparare la cena»
«Tutto bene, grazie. O almeno, suppongo che il viaggio sia andato bene; mi sono addormentata all'istante e James mi ha svegliata solo davanti a casa» confessai mentre seguivo mia madre in cucina.
La sentii ridacchiare ma non vi feci caso, perché mi era arrivato un messaggio.
"E così tu pensavi di venire qui senza dire nulla a nessuno? Questa me la segno, Elizabeth Jane Thompson. Comunque alle 22 in punto sarò a casa tua; inizia a pensare ad un modo per farti perdonare.
Liam"Restai di stucco quando lessi il messaggio.
Liam era il mio migliore amico da sempre; abitava nella casa di fianco alla mia, da piccoli eravamo praticamente inseparabili. Crescendo avevamo continuato ad essere molto legati, non c'era un giorno in cui non ci vedessimo o sentissimo per telefono per raccontarci anche i dettagli più insignificanti delle nostre giornate.
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High Society || H. S.
FanfictionElizabeth Thompson abita a Dover, a poche miglia dalle scogliere. La sua vita scorre tranquilla e senza pensieri, fino a che non viene coinvolta in un matrimonio di convenienza con uno degli scapoli più ricchi d'Inghilterra e si ritrova a vivere in...