Cinquantuno, trentasette, quarantotto, trentanove.
Erano ore che me ne stavo distesa sul mio letto, passando il tempo con attività inutili come quella di contare le pieghe del prezioso broccato che decorava ognuno dei quattro lati del baldacchino sopra di me.
Prima delle pieghe avevo contato le frange del tessuto, gli avvolgimenti delle colonnine del letto dal fusto a tortiglione, i cristalli del lampadario e le foglie dorate ricamate sul tessuto del copriletto.
Sbuffai rumorosamente e mi alzai a sedere. I miei capelli erano tutti in disordine, ma per la frustrazione me li scompigliai ancora di più.
Sto impazzendo, non ne posso più di stare chiusa qua dentro.
Erano passati cinque giorni da quando ero stata da Harry ed avevamo guardato La Compagnia dell'Anello insieme a Niall – o meglio, loro due l'avevano guardato. Io avevo passato tutte e tre le ore del film in preda a conflitti interiori e ad una grande confusione, senza contare la tachicardia dovuta alla vicinanza ad Harry.
Da allora mi ero costretta a prendere una decisione drastica: avrei evitato il ragazzo a qualunque costo. Non potevo permettermi di illudermi che sarebbe mai accaduto qualcosa tra noi due, perché se così fosse stato avrei rovinato tutto quello che avevo fatto per la mia famiglia fino a quel momento. I Tomlinson avrebbero ritirato gli investimenti nell'impresa edile dei miei genitori, e probabilmente data la loro influenza sarebbero riusciti ad indurre anche gli altri investitori a fare altrettanto, per vendicarsi dell'affronto subìto. L'impresa avrebbe fallito e ci saremmo trovati sul lastrico; tutto per colpa del mio egoismo.
Ne valeva davvero la pena? Certo che no. La mia famiglia mi aveva dato tutto, era arrivato il momento di fare la mia parte.
Dopotutto ero stata molto più fortunata di quanto mi sarebbe piaciuto ammettere: a quante ragazze che conoscevo era capitato di conquistare il rampollo di una delle famiglie più ricche d'Inghilterra e di andare a vivere in una tenuta che aveva ben poco da invidiare al palazzo della regina?
Tutti questi ragionamenti non facevano una piega nella mia mente, eppure puntualmente mi ritrovavo a pensare ad Harry e non ero più convinta di nulla.
Non potevo non sentire la sua mancanza, ma speravo che evitando di stare in sua compagnia prima o poi sarei riuscita a togliermi quei pensieri confusionari dalla testa e ad abituarmi al clima opprimente della mia nuova vita a Rangemore Hall.
Purtroppo evitare il ragazzo non era affatto facile; aveva ogni giorno lavori da svolgere nel parco o nel giardino, perciò uscire era un'opzione da scartare per quanto possibile. Le alternative erano restare chiusa in casa o seguire Louis nei suoi incontri d'affari; alternavo le due cose per avere almeno un po' di varietà nelle mie giornate, ma ciò comunque non bastava per alleviare quel senso di soffocamento che pareva quasi permeare l'aria.
Quel pomeriggio Louis era in ufficio ed io avevo scelto di restare a casa, ma sentivo di essere sull'orlo di una crisi di nervi. Ero stata quasi due ore al telefono con Liam, anche se non avevo avuto il coraggio di dirgli come mi sentivo nei confronti di Harry. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era di sentire i "te l'avevo detto" del mio migliore amico.
Era stato lui a suggerirmi di contare degli oggetti se mi fossi annoiata; l'aveva detto per scherzo, ovviamente, ma quel pomeriggio ero così disperata che l'avevo fatto davvero. Ad un certo punto, tuttavia, mi resi conto che continuare a restare chiusa in camera mi avrebbe davvero fatto perdere il senno.
Se esco solo un attimo e faccio attenzione a non incrociare Harry andrà bene, no?
Repressi con forza la vocina che mi diceva che dopotutto avrei voluto incontrarlo, quindi mi alzai dal letto e scesi le scale per poi dirigermi verso l'ingresso della villa.
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High Society || H. S.
FanfictionElizabeth Thompson abita a Dover, a poche miglia dalle scogliere. La sua vita scorre tranquilla e senza pensieri, fino a che non viene coinvolta in un matrimonio di convenienza con uno degli scapoli più ricchi d'Inghilterra e si ritrova a vivere in...