Purtroppo per me, il cielo che intravedevo attraverso la finestra la mattina successiva non era affatto quello della città nel sud dell'Inghilterra dove ero cresciuta.
Era ancora presto; nonostante la notte precedente mi fossi addormentata tardissimo, l'orologio appeso alla parete segnava appena le 6:30. Con uno sbadiglio mi alzai stiracchiandomi dal divano, mentre tutti i pensieri che mi avevano tormentata la sera prima tornavano a riversarmisi addosso come una secchiata di acqua fredda. Riflettei sul da farsi, ancora intontita; non avevo il coraggio di guardare in faccia Harry, questo era assodato, ma cosa fare?
Pensavo e ripensavo alle possibili soluzioni, mentre mi toglievo i vestiti del ragazzo per infilarmi di nuovo i miei.Piegai la t-shirt, i pantaloncini e la coperta disponendoli in una pila ordinata sopra il divano.
Avrei potuto lasciargli un biglietto in cui gli chiedevo scusa per averlo illuso e andarmene, tornando ad evitarlo in ogni modo possibile. Era da stronzi e da vigliacchi, lo sapevo perfettamente, ma vederlo e parlargli di persona mi avrebbe solo fatto ricadere nella cieca illusione della sera precedente e saremmo stati di nuovo punto e a capo.
Gemetti con un sospiro, ma prima di cambiare idea recuperai in fretta una penna ed un foglietto dal blocco che era appoggiato sopra al mobile della TV. Scrissi poche righe, disgustata dalla mia stessa codardia, quindi infilai in fretta il biglietto all'interno della t-shirt di Harry e mi diressi verso la porta d'ingresso.
Prima che potessi afferrare la maniglia sentii dei passi ovattati alle mie spalle. Serrai gli occhi e mi morsi il labbro inferiore trattenendo il respiro, quindi mi voltai con l'aria più casuale che riuscii a tirare fuori.
Con mio immenso sollievo, la figura che mi guardava con aria perplessa era quella di Phil, senza ciabatte sul pavimento di legno. L'uomo mi sorrise, senza però alterare la propria espressione dubbiosa.
«Buongiorno, Lizzie, te ne vai di già? Harry sta ancora dormendo, ma posso andare a svegliarlo...»
Scossi la testa e le mani in un gesto forse troppo teatrale ed affrettato, perché Phil sollevò le sopracciglia ancora più perplesso. Tentai di rimediare con un mezzo sorriso.
«No, grazie Phil. È ancora presto, e poi mi sono ricordata di avere degli impegni stamattina... mi dispiace, stavo andando via senza salutare nessuno ma non volevo svegliarvi» mi giustificai con una risatina nervosa, sperando con tutto il cuore che non si accorgesse del mio pietoso tentativo di trovare una scusa.
Phil sembrò comunque farsi bastare la mia spiegazione, perché il suo viso si distese.
«Beh, d'accordo allora. È stato bello averti qui, passa pure di nuovo quando vuoi. Sei sempre la benvenuta»
«Grazie di tutto, Phil. Ci vediamo presto» mentii a malincuore con un mezzo sorriso, distogliendo poi lo sguardo e voltandomi nuovamente verso la porta.
Quando uscii dalla dépendance l'aria fredda e umida mi si appiccicò in faccia, facendomi istintivamente rabbrividire. Il cielo era parecchio coperto, sicuramente sarebbe piovuto in mattinata. Richiusi la porta in massello prendendo un respiro profondo per farmi coraggio; era come lasciarsi alle spalle tutte le speranze e le illusioni che avevo accumulato nel corso di una singola notte.
Diedi un ultimo sguardo al cielo grigio, sentendolo quasi piacevolmente affine a me, e con un ultimo sospiro mi diressi a passo lento ma costante verso la villa.
***
Harry's POV
Quando aprii gli occhi, quella mattina, il mio primo pensiero fu Lizzie. Un sorriso enorme si disegnò spontaneo sulle mie labbra al ricordo della notte appena trascorsa; in una scarica di adrenalina mi sollevai a sedere sul letto, sgranchendomi le braccia e la schiena.
STAI LEGGENDO
High Society || H. S.
FanfictionElizabeth Thompson abita a Dover, a poche miglia dalle scogliere. La sua vita scorre tranquilla e senza pensieri, fino a che non viene coinvolta in un matrimonio di convenienza con uno degli scapoli più ricchi d'Inghilterra e si ritrova a vivere in...