Capitolo 5

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Appena arrivai a Rangemore Hall mi precipitai nella mia stanza, camminando quanto velocemente potevo senza dare troppo nell'occhio. Non ci tenevo a vedere Louis; sentivo che ogni traccia di serenità che Dover mi aveva lasciato si sarebbe dissolta nel momento in cui l'avessi rivisto.

«Elizabeth, quanta fretta. Non mi dai un bacio?»

...Troppo tardi.

Serrai le labbra e chiusi gli occhi, reprimendo l'impulso di fingere di non aver sentito quella voce troppo familiare alle mie spalle. Preparai invece un sorriso completamente artefatto e mi voltai, incrociando lo sguardo di Louis che si avvicinava pigramente a me.

«Ehi, Louis» fu tutto quello che mi venne in mente, ma lui sembrò non farci caso. Non appena mi raggiunse mi attirò a sé e mi baciò con urgenza, non tardando a far scivolare le mani giù lungo la mia schiena.

Un po' troppo giù per i miei gusti.

«Mi sei mancata» sussurrò contro le mie labbra riprendendo fiato, mentre io cercavo di impedire ad una smorfia di spuntare sul mio viso.

«Ehm, allora....» balbettai, allontanandolo da me, «Come mai a casa a quest'ora? Non dovevi lavorare stamattina?»

Louis si sistemò la giacca con un sorrisetto. Notai troppo bene il suo sguardo che indugiava più del dovuto lungo il mio corpo.

«Mamma e papà verranno a pranzo oggi. Sono di ritorno da Vancouver, ma stasera ripartiranno per Londra. Hanno una delle solite cene con il Rotary Club. Immagino che dovrò andare anch'io, mi costringono tutte le volte» si lamentò.

Sì, ti prego, vai anche tu così sarò libera ancora per una sera.

Feci per rispondere, ma improvvisamente il telefono di Louis iniziò a squillare. Lui aggrottò le sopracciglia nel leggere il mittente.

«Scusa Elizabeth, devo rispondere. Sto organizzando un importante incontro d'affari con il dirigente di una grossa impresa cinese, si parla di finanziamenti di milioni di sterline. Ci vediamo a pranzo» spiegò velocemente mentre già si allontanava appoggiando il telefono all'orecchio.

Solo quando non sentii più la sua voce mi concessi di liberare un sospiro di sollievo.
Iniziai con calma a disfare lo zaino, lanciando a terra i vestiti da lavare.

Arrivata al fondo mi bloccai; la mia mano aveva raggiunto una piccola scatola di After Eight. La tirai fuori e notai un cuore disegnato con un UniPosca rosso sulla confezione.

Liam.

Sorrisi e riposi la scatola nel cassetto più alto del mio comodino, poi iniziai a pensare a cos'avrei indossato a pranzo.

Mark e Johannah Tomlinson erano persone distinte ed eleganti, fanatici dell'etichetta ed appassionati di golf.

Veneravano il loro lavoro; erano quasi sempre in giro per il mondo ad allacciare rapporti con qualche pezzo grosso o combinare incontri d'affari con importanti imprenditori.

Dopo la famosa cena organizzata da mio padre li avevo visti solo un'altra volta, un mese prima; per festeggiare il fatto che avessi accettato di trasferirmi a Rangemore Hall avevano portato me e Louis a cena all'Alain Ducasse at the Dorchester di Londra – "uno dei ristoranti più cari del mondo", aveva tenuto a precisare Louis.

Di quella cena, a parte il mio disagio più profondo, ricordavo solo di essere uscita dal ristorante con lo stomaco che brontolava ancora nonostante le diverse centinaia di sterline sborsate dal padre di Louis. Il cibo era naturalmente delizioso, ma le porzioni erano talmente striminzite – come quelle di ogni ristorante di lusso che si rispetti – che alla fine della cena avevo quasi più fame di prima.

High Society || H. S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora