[LEA]
Aprile 1944
Ormai sono passati dei mesi da quando io e mio marito siamo stati portati in questo posto. Ormai la speranza di vivere è inesistente. Stiamo lavorando senza tregua, mentre i soldati ci osservano con la speranza che uno di noi ceda. Spero che la mia bambina sia riuscita a scampare da tutto questo. Voglio che viva, non deve passare attraverso tutto ciò... non potrei sopportarlo. Quanto vorrei sapere se mio marito è vivo... lui è un uomo forte, di sicuro resisterà più di me. E forse, quando moriremo entrambi, finalmente potrò essere fra le sue braccia, l'unico posto dove mi sia mai sentita al sicuro.
Mi sento toccare la spalla e noto un soldato che mi intima a seguirlo. Eccomi, morte, mi stavi aspettando? Sono qua.
Lo seguo fino a quando si ferma dietro un capannone, noto che si guarda intorno come per vedere se qualcun altro ci avesse seguito.
"Lei è la signora Coen, giusto?" mi chiede.
"Si..." rispondo, con voce tremolante.
"Io sono Thomas, sono un amico di sua figlia" continua.
"La mia bambina è qui dentro?"
"Si, signora" mi rispose.
Mi accascio a terra, no, non può essere lei a dover vivere questo inferno...
"Lei è una ragazza forte e io la farò uscire" mi assicura.
"Perché la vuole aiutare? Cosa vuole da lei?"
"Voglio solo che continui a vivere"
"Come posso crederle? Voi ci disprezzate, per voi non siamo degni di vivere su questo mondo" obietto, guardandolo dritto negli occhi.
"Io non sono come gli altri, io odio tutto questo. Ma se non vuole fidarsi di me, si fidi di sua figlia. Lei crede in me" ribatte.
"Va bene, mi fido"
"Ora andrò a vedere se suo marito è ancora vivo e vi verrò a riferire tutto"
"La ringrazio... però le devo chiedere un favore" dico cercando di trattenere l'emozione.
"L'ascolto"
"Protegga mia figlia" imploro con voce ferma ma tremante.
"Lo sto già facendo."
Mi riporta alla mia postazione e riprendo a lavorare con più forza di prima, perché la mia bambina è viva e uscirà presto da questo inferno. Lei vivrà, i suoi occhi smetteranno di vivere questo incubo.
[DALILA]
Ormai sarà pomeriggio inoltrato, non ne sono sicura, ma qui il cielo ha lo stesso colore, sempre grigio, senza vita, come è questo posto, in fondo.
Stiamo lavorando senza sosta fino a che, ad un certo punto, noto Rahel in difficoltà e quindi mi fermo ad aiutarla. Ma un colpo alla schiena mi fa accasciare a terra.
"Stai ferma dove sei, continua il tuo lavoro" mi intima il soldato.
Mi alzo con fatica e continuo a lavorare, con la coda dell'occhio guardo Rahel che, per fortuna, è riuscita a rimettersi al lavoro fino a quando un soldato non la ferma
"Lei è troppo debole... uccidetela" ordina.
"Noooo" grido disperata.
Cerco di raggiungerla, ma un'altra bastonata mi ferma.
"Vuoi sacrificarti tu al suo posto?" mi domanda il soldato.
Alzo lo sguardo e noto Rahel intenta a guardarmi.
"Non farlo... non ne posso più, preferisco morire" sussurra.
Detto ciò, un soldato le spara alla testa e lei cade davanti ai miei occhi mentre io rimango immobile, senza più forze.
"Alzati se non vuoi fare la stessa fine" mi intima il soldato.
Mi alzo. Devo farlo, devo farlo per i miei genitori, devo farlo per lui. Il tempo passa, continuo a trattenere le lacrime fino a quando non ci riportano nella struttura e lì esce tutto il mio dolore.
"Rahel..." sussurro il suo nome come se mi potesse sentire, ma lei non può farlo, lei non è più qui con me.
È ormai notte fonda quando le porte si aprono... è Thomas.
"Vieni" mi dice.
Esco e lui nota subito che sono diversa, che il mio viso non esprime più nulla.
"Che è successo?" chiede, preoccupato.
"Hanno ucciso Rahel" rispondo con voce priva di emozioni.
Sono fredda, non faccio trapelare nulla. Tanto non cambierà niente, lei è morta e non doveva morire.
"Mi dispiace..." mormora, cercando di confortarmi.
Mi accarezza i capelli, ma non ha più lo stesso effetto rilassante di sempre. Mi sento vuota, senza emozioni.
"Ho parlato con tua madre" continua.
Di scatto alzai lo sguardo e gli chiesi: "Sta bene? E mio padre? Anche lui è vivo?"
"Si, è forte come donna, ce la farà, anche tuo padre. Tu e la tua famiglia vivrete" annuncia con sicurezza.
"Come fai a saperlo?" domando, scettica.
"Perché io ti farò uscire e terrò d'occhio io i tuoi genitori per far sì che non gli succeda niente" risponde con determinazione.
"Falli venire con me" imploro.
"Non posso, se ne accorgerebbero" spiega.
"Allora no, io rimarrò con loro" ribatto, determinata.
"Loro vogliono che tu viva e lo voglio pure io. Non gli capiterà niente, te lo prometto. Devi solo fidarti di me"
Abbasso lo sguardo, indecisa. Non posso lasciarli, se dobbiamo morire, dobbiamo farlo insieme.
"Io non..." cerco di protestare, ma prima che possa continuare, lui mi prende il mento con le dita e fa incrociare i suoi occhi azzurri con i miei
"Tu niente. Ti fidi di me?" chiede con fermezza, lo guardai negli occhi e trovai la risposta
"Mi fido di te".
Detto ciò, mi abbraccio e io affondai il viso nell'incavo del suo collo, annusando il suo dolce profumo e in quel momento mi ricordai che mi promise che non mi avrebbe fatto morire lì dentro, che in qualche modo ne sarai uscita viva...un giorno.
"Puoi farmi un favore?" chiedo una volta ripresa la calma.
"Tutto quello che vuoi" rispose lui.
"Voglio dare una degna sepoltura a Rahel" dissi con voce ferma.
"Va bene, aspettami qui" rispose.
Esce dal capannone e dopo un paio di minuti torna, conducendomi fuori. Ci mettiamo a scavare per poi adagiare il corpo di Rahel dentro la buca che avevamo creato.
"Riposa in pace, dolce Rahel" sussurro mentre le mie lacrime iniziano a scorrere liberamente.
Thomas mi stringe a sé, e io mi lascio andare al dolore. Uscirò da qui, lo farò per lei, e ricorderò al mondo questa ragazza che ha resistito finché ha potuto e di quanto il mondo abbia fatto male a liberarsi di questo diamante prezioso come lei.
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Quell'amore nascosto ad Auschwitz
RomanceIn un contesto carico di tensione e disperazione, il destino intrecciò le vite di due anime in conflitto. Lei, una deportata segnata dal dolore e dalla paura. Lui, un soldato tedesco sprofondato nell'abisso delle sue responsabilità. Questa è la stor...