Capitolo undici

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[JULIA]

Mi avviai verso il luogo che Thomas mi aveva indicato, pervasa da una gioia intensa per aver finalmente trovato Dalila. Avanzai con estrema cautela, accertandomi che nessuno mi stesse seguendo. Una volta arrivata sul posto, entrai con circospezione e, non vedendo Dalila, iniziai a chiamarla con voce pacata ma insistente: "Dalila, sono io, Julia. Puoi uscire ora?"

Continuai a chiamarla, ma nel silenzio circostante non vi fu alcuna risposta.

Uscì di corsa, e guardai intorno in tutte le direzioni possibili, cercando di capire il motivo della sua fuga improvvisa. Perché l'aveva fatto? Aveva paura di essere trovata? Ma sapeva bene che non avrei mai permesso che le succedesse qualcosa di male. A meno che... a meno che non si fosse allontanata per proteggerci. Dalila, dove sei?

Decisi che quella stessa notte avrei fatto visita a mio fratello, e insieme avremmo trovato un modo per ritrovarla.

Di sera tarda mi recai al campo, un luogo che avevo visitato solo una volta prima, per portare in salvo proprio Dalila. Ma questa volta il mio scopo era riportarla dai noi, sana e salva.

Feci di tutto per non farmi notare mentre mi muovevo nel campo, pregando con tutta me stessa di riuscire a scorgere Thomas, anche se la mia fortuna sembrava essere scadente visto che tutti i soldati che vedevo non erano lui. Decisi quindi di seguire il consiglio che mi aveva dato la volta precedente: "Se non ci vedi arrivare all'uscita, vieni nel dormitorio. Mi troverai lì." Appena mi disse quelle parole, mi spiegò anche dove si trovava il dormitorio, ed era proprio là che mi stavo dirigendo in quel momento.

Mi nascosi dietro le varie strutture, cercando di ignorare gli urli che mi perforavano le orecchie. Ma chiudere gli occhi era impossibile, e assistetti impotente mentre un soldato picchiava selvaggiamente una deportata. Mi voltai dall'altra parte, lasciando scorrere le lacrime per quella povera anima. Mi chiesi con il cuore spezzato: quando finirà tutto questo?

Continuai a camminare fino a quando finalmente raggiunsi il dormitorio e, con fortuna dalla mia parte, notai che mio fratello si trovava all'interno.

"Julia, che ci fai qui?" chiese con sorpresa nel vedermi.
"Sono andata nel posto che mi avevi detto, ma Dalila non c'era" risposi con voce tremante.
"Spero sia uno scherzo, come non c'era?" disse lui, con un'espressione di smarrimento.
"Ho guardato ovunque" risposi, lottando contro le lacrime che minacciavano di sgorgare.
"Va bene, vai a casa. Io chiederò un permesso" disse mio fratello, cercando di rassicurarmi.

Appena mi disse quelle parole, mi girai per tornare a casa. Ma non potei fare a meno di notare l'espressione persa e afflitta di mio fratello. Non riuscii a evitare di pensare che la sua assenza avrebbe portato alla deriva le nostre vite, pian piano cancellando i ricordi che avevamo condiviso.

[DALILA]

Continuai a camminare senza una meta precisa, l'unica certezza era che dovevo allontanarmi il più possibile da quel luogo. Ogni passo che facevo sembrava aumentare il peso nel mio petto, ma sapevo di doverlo fare. Dovevo proteggerli, assicurarmi che non corressero più alcun pericolo a causa mia.

Camminai senza sosta, sentendo il peso della responsabilità crescere dentro di me ad ogni passo. Alla fine, trovai una sorta di grotta e decisi di entrarvi per riposarmi. Era il posto perfetto per passare la notte e ricaricare le energie per l'indomani.

Mi sdraiai sulla terra fredda e chiusi gli occhi, consapevole che quella sarebbe stata una notte senza sogni, ma sapevo anche che dovevo essere forte, che la mia decisione di allontanarmi era necessaria per proteggere coloro che amavo. E così, nell'oscurità della grotta, mi abbandonai al silenzio, preparandomi per la lunga notte che mi attendeva.

[THOMAS]

Per fortuna mi fu concesso un permesso, essere il figlio di una famiglia importante aveva i suoi vantaggi. Appena tornai a casa dalla mia sorella, iniziammo immediatamente le nostre ricerche. Percorremmo ogni angolo della città, scrutando ogni vicolo e ogni strada, ma di lei non c'era alcuna traccia.

Decidemmo quindi di esplorare anche le vie meno trafficate, sperando di trovare qualche indizio su dove potesse essere finita. Ma anche lì, nulla. L'ultima speranza era tornare nel luogo dove l'avevo vista l'ultima volta e sperare di trovare qualche segno, qualche traccia che potesse indicarci la direzione che aveva preso. Era l'unica cosa che potevamo fare per ritrovarla.

Guardammo ovunque, ma nessuna traccia. Cercammo disperatamente intorno alla struttura, ma nulla. Non potevo credere di averla persa. Mi chinai nello stesso posto dove quella mattina mi ero svegliato con Dalila tra le braccia, stringendomi i capelli mentre ripetevo le stesse domande, ancora e ancora "Perché? Perché?"

Urlai con tutta la forza che avevo in gola, sentendo il dolore straziante che mi consumava dall'interno. In quel momento, mia sorella mi abbracciò. Dalila se ne era andata, senza chiedermi di seguirla. Ora ero lì, piangendo disperatamente, e non mi importava se ero un uomo, per lei ne varrà sempre la pena.

"La troveremo, te lo prometto" disse mia sorella con fermezza, cercando di darmi conforto.
"Perché se ne è andata? Perché ha voluto affrontare tutto da sola?" domandai con voce piena di dolore.
"Se la conosco bene come credo, se ne è andata per tenerci al sicuro" rispose mia sorella, cercando di trovare una spiegazione razionale.
"Era il mio compito proteggerla..." mormorai, sentendomi colpevole e impotente.
"Thomas, la troveremo e non la lasceremo più andare via dalle nostre vite" disse mia sorella, cercando di darmi speranza.
"Va bene" risposi con voce flebile, cercando di mantenere la calma. "Ora torniamo a casa. Dirò che devo assentarmi per un po' per questioni famigliari."

Ci incamminammo insieme, cercando di apparire come una comune coppia di fratelli intenti a fare una passeggiata. Ma dentro di me, urlavo a squarciagola e sentivo un vuoto sempre più profondo crescere dentro di me per l'assenza di lei.

Quell'amore nascosto ad AuschwitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora