Capitolo tredici

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[DALILA]

Io e Naomi stavamo camminando da ore. Vedevo la piccola stanca e tremante dal freddo, quindi decisi di fermarmi e farla sedere per farla riposare.

"Sto bene, tranquilla" disse lei con voce affaticata.
"Riposati qualche minuto, poi ripartiamo" le dissi, cercando di confortarla.

Mi tolsi la giacca che avevo e la misi sulle sue spalle. Lei alzò il viso sorridendomi, e quel sorriso mi riscaldò il cuore.

Riprendemmo il nostro cammino fino a che non arrivammo a una radura. Era da tempo che i miei occhi non vedevano una natura così rigogliosa, così verde e piena di fiori.

Iniziammo a correre come due bambine. Quella radura ci aveva regalato un piccolo momento di gioia, un respiro di sollievo in mezzo a tanta sofferenza. Quel piccolo sorriso che avevamo condiviso forse ci avrebbe dato la forza di andare avanti. Se quella radura era ancora viva nonostante tutte le atrocità che stavano accadendo, forse c'era ancora speranza.

Arrivò la notte e ci sedemmo a riposare.

"Faccio io il primo turno di guardia, dormi pure piccola" dissi a Naomi, cercando di tranquillizzarla.

La notte avanzava e, per fortuna, era tutto tranquillo. La mia mente iniziò a vagare tra i ricordi. Mi ricordai dei momenti felici trascorsi con i miei genitori quando ero piccola, quando andavamo in un parco a fare un picnic e ridevamo, ridevamo tanto. Poi pensai a Julia, che nonostante non mi conoscesse, mi aveva dato la sua amicizia sin dall'inizio e aveva messo in pericolo la sua vita per darmi un posto sicuro. Il pensiero di Rahel mi fece stringere il cuore: la piccola Rahel, che non meritava di morire così... Lei mi ricordava tanto Naomi, che ora stava lì a dormire accanto a me. Avrei voluto che fosse con noi anche lei.

Infine, mi tornarono in mente i ricordi di lui, i suoi occhi azzurri così profondi da farmi sciogliere ogni volta, i suoi capelli biondi su cui amavo passare le mie mani, le sue braccia così forti che mi facevano sentire al sicuro quando mi abbracciava. Ma dovevo andarmene. Loro non si meritavano di morire per salvarmi la vita.

Persa tra i miei pensieri, notai che Naomi si era svegliata. Ora era il mio turno e al mio risveglio, avremmo ripreso il nostro cammino, per allontanarci il più possibile da tutto ciò che stavamo lasciando alle nostre spalle. Bisognava andare avanti, non c'era altro da fare se non proseguire.

[NAOMI]

Dalila dormiva da qualche ora ormai, e mi sentivo davvero fortunata ad averla incontrata. Senza di lei, probabilmente non sarei resistita a lungo in questo mondo così ostile.

All'improvviso, sentii dei rumori e delle voci in lontananza.

"Vai a vedere se in giro trovi qualcuno" il tono di quel soldato era inequivocabile.

Quell'accento lo riconoscerei ovunque: erano dei soldati tedeschi, alla ricerca delle poche persone ancora libere. Dovevamo essere caute, non potevamo rischiare di essere scoperte.

Era il mio turno di proteggerla. Presi un oggetto pesante e la colpii alla testa, assicurandomi che rimanesse addormentata. Poi la coprii con foglie e rami per nasconderla alla vista. Le diedi un bacio sulla guancia, sorridendo con la speranza che almeno una di noi due sarebbe sopravvissuta.

Iniziai a correre il più velocemente possibile, ma sentivo di essere seguita. Improvvisamente senti uno sparo e caddi a terra per il dolore alla gamba. I soldati mi raggiunsero e mi caricarono su un camion diretto al campo. Prima di partire, lasciai un'ultima parola con la speranza che un giorno io e Dalila ci saremmo ritrovate in un mondo migliore.

"Arrivederci".

[DALILA]

Mi svegliai con un forte dolore alla testa, circondata da foglie e rami. L'unico pensiero che mi venne fu chiamare Naomi.

"Naomi, cos'è successo?" Chiamai con voce ansiosa, ma non ricevetti risposta.

"Naomi, ti prego, rispondimi." Ancora silenzio. Mi liberai dalle foglie e dai rami, ma non c'era traccia di lei.

Iniziai a correre, urlando il suo nome, sperando di trovarla. Ma giunsi in un luogo dove vidi delle gocce di sangue fresco. Il cuore mi si spezzò. Non l'avevo protetta come avevo promesso.

Piangevo disperata, senza controllo, mentre il senso di colpa mi travolgeva. Le mie lacrime si mescolavano alla pioggia che cadeva.

Piansi senza sosta, finché non persi conoscenza e caddi al suolo, vinta dalla disperazione.

Quell'amore nascosto ad AuschwitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora