Capitolo 22

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-Mi dispiace, Austin. Non so cosa mi sia preso...-, dissi salendo sulla sua mercedes. Diedi ancora un ultimo sguardo alla villa davanti a me. Chissà cosa stava succedendo al suo interno, magari era scoppiato un litigio per colpa mia.

-Hai fatto benissimo a rispondere così! Ben gli sta! Era ora che qualcuno dicesse qualcosa a quell'egocentrico di mio padre-, misi in moto l'automobile e uscì dal cancello del vialetto di casa sua.

Mi girai a osservarlo, mentre i lampioni della strada gli illuminavano appena il volto. Fui sollevata di vederlo tranquillo e rilassato. Non sembrava affatto turbato o arrabbiato da quello che era appena accaduto a cena.

-Sicuro?-, misi una mano sulla sua, che se ne stava appoggiata sul cambio dell'auto.

-Zahra, smettila di farti problemi. Se non l'avessi fatto tu, l'avrei fatto io. Non può permettersi di trattare con superiorità e arroganza tutti quanti. Deve capirlo-, con riluttanza, allontanai la mano dalla sua e me la misi in grembo,-Piuttosto, indicami la direzione di casa tua...-.

-Puoi lasciarmi alla fermata del bus-, non volevo che si scomodasse, gli avevo già procurato abbastanza problemi quella sera.

-O mi dici dove abiti, o giuro che ti riporto indietro-, lo scrutai e mi venne da ridere, quando un ghigno comparì sul suo volto,-Vuoi ancora avere un dibattito con il signor Richardson per caso?-.

-Oh, ma certo che sì! Voglio combattere contro la borghesia, visto che sono una povera ragazza del ceto basso della società...-, scoppiammo entrambi a ridere. Durante il tragitto gli indicai la direzione per arrivare a casa mia, e nel frattempo prendevamo in giro suo padre.

Non avevo mai riso così tanto in vita mia! Entrambi alla fine del viaggio avevamo le lacrime agli occhi.

-Quindi è qui che abiti?-, mi domandò, osservando la mia catapecchia e il giardino terribile.

-Ormai...-, risposi quasi imbarazzata da quel posto. Doveva sembrargli più accogliente una casa fatta di carta da gabinetto, rispetto alla mia.

-Qual è la tua camera?-, scrutò le due finestre di media grandezza, che stavano ai lati della porta d'ingresso.

-Da qui non si vede. La finestra alla nostra sinistra appartiene al salotto, mentre quella a destra alla cucina-.

-Ah, ok-, rispose, e mi girai a fissarlo.

Sorrideva lievemente, cercando di sistemare un ciuffo ribelle che gli ricadeva sulla fronte.

-Come facciamo ora a continuare il nostro progetto? Non penso che tuo padre voglia vedermi ancora mettere piede a casa tua-, lo vidi guardare dietro la mia schiena, verso la mia dimora disastrosa.

-Che ne dici se spostiamo tutte le cose a casa tua?-, mi propose, tornando a riconcentrarsi su di me.

-Ma...non saprei...te la senti?-, davvero voleva venire a casa mia? E prima di tutto; era consapevole che passare attraverso alle varie porte della mia abitazione per lui sarebbe stato un problema, visto la sua altezza? E mio padre? E la sporcizia e il lurido che vi regnava non gli avrebbero causato qualche malanno o infarto?

-Piantala di essere negativa. So che stai diventando paranoica, ti si legge in faccia. Non preoccuparti, mica è posseduta da spiriti o mostri! Sopravvivrò.-

-Come vuoi. Io ti avevo avvertito!-, buttò la testa all'indietro e scoppiò a ridere.

-Ora è meglio che vado, prima che torni a casa mio padre-, un muscolo della mascella di Austin ebbe un guizzo e nei suoi occhi lessi preoccupazione.

FASHION OF HIS LOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora