Capitolo 42

926 64 6
                                    

Il giorno dopo mi ero già un po’ ripresa dall’accaduto. Anche se ero al quanto stanca mi ero costretta a darmi una mossa, perché inaspettatamente, o meglio dire, per colpa di Austin, avevo ancora altro lavoro da fare.

Io e la mia accompagnatrice Gen ci trovavamo di fronte a un’immensa villetta in stile vittoriano, con un giardino colmo di rose rosse e di piante maestose. L’unica cosa che ci separava da quel benedetto paradiso, era un cancello in metallo, con decori raffinati e perfetti.

Quella mattina avevo ricevuto un messaggio da Austin, nel quale mi spiegava dove avrei dovuto incontrare il mio nuovo modello, ma oltre a quelle brevi indicazioni non aveva più detto niente. Io, cocciuta com’ero, non avevo nemmeno avuto la decenza di dargli una risposta.

-Sei sicura di avere letto il giusto indirizzo, tesoro?-, domandò a dir poco sorpresa la mia amica, mentre con l’automobile si avvicinava al campanello d’entrata poco più avanti del cancello.

-Sì, è questo il posto ne sono sicura-, risposi dando ancora un’occhiata al messaggio di Austin,-Sono sempre più scandalizzata dalla ricchezza di questi ragazzi-.

-A chi lo dici!-, sospirando, Gen abbassò il finestrino del guidatore e suonò il campanello. Rimanemmo per qualche secondo in attesa di ricevere una risposta.

-Buongiorno, cosa desiderate?-, domandò una voce anziana dal citofono.

-Ehm, salve! Come sta? Abbiamo una visita con il signorino della casa-, rispose Genevieve con poca convinzione, poi si sporse verso di me con un’aria interrogativa,-Come si chiama questo figlio di papà?-, bisbigliò.

-Paul!-, risposi immediatamente.

Gen si voltò di nuovo verso il citofono,-Il signorino Paul doveva riceverci-.

-Vogliate aspettare un momento, per favore -, la conversazione si chiuse e Gen fece una smorfia verso il citofono.

Scoppiai a ridere e le diedi un colpetto scherzoso sulla spalla,-Gen, smettila! C’è una mini videocamera lì. Guarda che ti vede!-.

Con un’alzata di spalle Gen si unì alla mia risata,-Almeno ci facciamo conoscere anche qui-.

Non dovemmo aspettare molto, perché il signore del citofono ritornò a farsi sentire,-Scusate l’attesa. Tra poco il cancello si aprirà, buona giornata-, detto questo le sbarre in metallo davanti a noi si aprirono e potemmo finalmente accedere all’umile dimora di Paul.

-Speriamo sia simpatico e non il solito con la puzza sotto il naso-, borbottò Gen, passando con l’auto lungo la strada sterrata che portava alla villetta.

-Conosco la sorella di Austin, e sono sicura che il suo ragazzo sia un tipo in gamba come lo è lei-.

-Dove parcheggio, porca miseria-, avvistai dei parcheggi sotto una fila di alberi, non troppo distanti dalla villa e glieli indicai.

Non appena scendemmo dal veicolo, ci ritrovammo di fronte a un giovane ragazzo alto e biondo. Lo squadrai pensierosa. Non era per niente un brutto ragazzo e aveva persino un’aria amichevole.

Un tantino a disagio mi avvicinai a lui, sentendomi piccola, come solo Austin sapeva fare e gli porsi educatamente la mano,-Piacere di conoscerti Paul, io sono Zahra-.

Mi strinse energicamente la mano,-Il piacere è tutto mio!-.

Si presentò anche a Gen e iniziò a parlarci animatamente, mettendoci in un batter d’occhio a nostro agio. Ci fece strada verso la villa e mi aiutò a trasportare tutta la roba che avevo portato con me per il concorso,-il resto degli indumenti e del materiale me l’ha già portato Austin ieri sera, quindi abbiamo già tutto il necessario qui-.

Fui felice di sapere che non dovevo ancora incontrare quel nerd per riprendere i vari indumenti della sfilata che avevo lasciato a casa sua. L’ultima cosa di cui avevo voglia in quel momento era di affrontarlo e di sapere quale fosse il motivo del suo rifiuto di aiutarmi con il concorso.

Non appena entrammo in casa, io e Gen ci guardammo intorno, incantate da tanta maestosità e ricchezza,-E pensare che ero convinta che dopo l’abitazione di Austin non avrei visto nulla di più assurdo…beh mi sbagliavo…-, bisbigliò Genevieve, mentre seguivamo il signorino biondo.

Passammo lungo un lungo e stretto corridoio, colmo di dipinti antichi e di mobili in quercia, e ci fermammo di fronte a una porta, anche quella in legno.

Quando Paul la spalancò, si sentì un urlo acuto giungere dal suo interno. Io e la mia amica saltammo per aria e lo scatolone che tenevo in mano volò a terra.

-Ma che diamine…-, borbottò Gen, mentre Paul scoppiava in una fragorosa risata.

La piccola figura di Lydia, che fino a poca prima se ne stava stesa sul lettone, ci si avvicinò di corsa, agitata ed euforica.

Mi accovacciai a terra, raccogliendo tutto quello che era uscito dalla scatola e infine mi rialzai, sorridendo con affetto alla mia vecchia amica.

-Scusate, non era mia intenzione spaventarvi-, disse con voce squillante, buttandomi le braccia al collo, senza nemmeno darmi il tempo di appoggiare lo scatolone da qualche parte.

-Oh Zahra! Non sai quanto mi sei mancata in questi ultimi giorni-, non riuscii a trattenere una risata di fronte a tanta tenerezza.

-Lydia, lasciatelo dire, sei un po’ fuori di testa-, mi diede un pizzicotto sul braccio, fingendo di essere offesa.

-Uffa, che noiosa che sei. Beh, gente, direi di metterci subito al lavoro!-, si girò verso il suo ragazzo e con aria decisa gli ordinò,-Tu, Paul, spogliati!-.

Il biondone rimase per un istante di sasso, e con mio completo stupore lo vidi arrossire, proprio come faceva Austin con me. Un lampo di tristezza passò attraverso al mio cuore, ma lo soppressi all’istante. Basta, dovevo pensare al concorso e non ad Austin.

-Usciamo un attimo dalla stanza, così gli diamo il tempo di sistemarsi…-, suggerii io, appoggiando lo scatolone ai piedi del letto.

-Quanti problemi-, Lydia fece un gesto di menefreghismo con la mano,-rimanete qui. Non c’è niente d’impressionante da vedere-.

Per Paul non suonò proprio come un complimento e lanciò un’occhiata offesa alla sua ragazza.

Stranamente lei non ci fece caso e cominciò a frugare nella scatola,-Cosa ti mettiamo, tesoro?-.

Paul si tolse la camicia e per un attimo mi cadde l’occhio sul suo fisico asciutto. Mi vergognai subito di me stessa e mi concentrai sui vestiti che stringeva fra le mani Lydia.

-Che fai impalata, Zahra? Vai a dare una mano a Lydia-, sussurrò Gen, dandomi una leggera spinta.

Dopo aver passato in rassegna la fila di abiti e dopo qualche pausa caffè, ero ormai sfinita. Lanciai uno sguardo all’orologio raffinato appeso alla parete e rimasi stupita quando notai che erano già passate due ore.

-Abbiamo fatto tutto oggi, giusto?-, chiese Gen, seguendo la direzione dei miei occhi.

-Già…è il momento di levare le tende-, conclusi, raccattando le mie cose dal pavimento.

Iniziammo così a sistemare le mie creazioni negli scatoloni e a fare ordine in giro per la stanza.

Era davvero rilassante stare con loro, oltretutto Paul era simpatico e buffo e grazie alla sua compagnia quel giorno era stato memorabile. Non mi aveva dato per niente una brutta impressione, ma devo ammettere che inizialmente non riuscivo a capire come Lydia potesse averlo trovato perfetto per lei. Solo dopo la prima mezzoretta avevo finalmente capito cosa trovasse in quel biondone. Era un burlone e si divertiva a fare delle sciocchezze assurde. Ogni volta che Lydia se ne stava tranquilla, Paul trovava sempre un modo per farla ridere a crepapelle. Gli si leggeva in faccia quanto ci tenesse a lei e vederli così sereni e felici mi aveva fatto ingelosire. Quanto avrei voluto essere nella loro situazione.

Gli salutammo con baci e abbracci, come se fossimo amici di vecchia data, e ce ne tornammo a casa su quella vecchia macchina rossa.

Mentre guardavo fuori dal finestrino, i miei pensieri vagarono in varie direzioni. L’agitazione era ormai alle stelle e la mia povera mente era così stressata da rischiare di farmi scoppiare la testa.

Solo due giorni mi separavano da quel benedetto concorso.

FASHION OF HIS LOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora