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La mattina seguente

Mi svegliai un po' indolenzito. Mi girai verso il comodino dove avevo in teoria appoggiato il cellulare la sera prima. Ancora mezzo addormentato allungai un braccio verso il comodino.

Il sangue mi si gelò nelle vene.

< DOV'È IL MIO CELLULARE?! > sbraitai facendo volare le coperte.

Poi un tonfo... Il mio cellulare era a terra con una bellissima crepa che divideva lo schermo a metà. 

Maledizione

Lo raccolsi e andai in cucina. 

Sopra il tavolo c'era un bigliettino:

Sono a lavoro. Ritornerò a casa per mezzogiorno.

Levi 

Lo presi e, dopo averlo letto, lo buttai via. 

Sospirai... Chi gli aveva dato il permesso di andare e venire dal mio appartamento? Capisco che é suo ma a me non mi importa nulla di lui, sono solo stato costretto a fare tutto ciò.

Mentre mi lamentavo mi preparai un caffé.

Sprofondai nel divano con il caffè in una mano e nell'altra un libro.

Incominciai a leggere senza accorgermi del tempo che passava.

Ad un certo punto, lo scatto di una porta mi risvegliò da quella sorta di trans dove esistevo solo io e la storia.

Levi...

Levi's p.o.v.

Lasciai un bigliettino sul tavolo della cucina per avvertire Eren che sarei stato via per tutta la mattina.

Dovevo fare una cosa importante, parlare con i suoi genitori.

Avevo posticipato io l'incontro dopo aver saputo della chiamata fra Eren e suo padre.

Presi l'auto e andai verso il mio ufficio.

Arrivato lì, entrai e dopo 10 minuti sentì bussare alla mia porta.

<Avanti>

La porta si aprì e i genitori di Eren entrarono.

<Buongiorno Dottore Levi> mi strinsero tutti e due la mano.

<Accomodatevi pure > dissi indicando le due sedie.

I due signori si sedettero.

Stavo seguendo ogni loro passo, non mi fidavo.

Il padre incominciò a parlare.

<Allora come sta nostro figlio?>

< Purtroppo non è possibile avere un quadro completo della situazione in così poco tempo perciò a dire con certezza non lo so>

< Si ma non l'ha curato?>

< Signore, l'autolesionismo, una delle conseguenze del suo problema, non è una malattia>

<Ah ma non intendevo quello, a noi non ci importa. Chiedevo se è ancora gay?>

Lo guardai scioccato.

Mi alzai lentamente e mi misi davanti al lui. Puntai i miei occhi nei suoi.

< Io non ho accettato di ospitare un mio paziente per eliminare la sua natura.>

<Beh, noi l'abbiamo pagata per questo> disse con atteggiamento superiore.

Con lo sguardo mi provocò, non aspettavo altro. Lo sollevai per il colletto e lo sbattei alla parete.

赤血球愛- EreriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora