2. Gaia

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Non ci posso credere. Daniel, mio fratello, è qui tra le mie braccia. Non potrei essere più felice di così. I nostri genitori si sono separati quando io avevo otto anni e Daniel dodici, io sono rimasta con mamma e il suo nuovo compagno mentre lui è andato con mio padre a New York. Decisamente troppo lontano da me, ma appena può dorante l'anno scolastico viene a trovarmi mentre io faccio un mese nel periodo estivo.

<Mio Dio quanto mi sei mancato!> dico staccandomi dal suo abbraccio per guardarlo in viso <Anche tu mostriciattolo> mi sistema una ciocca di capelli e mi sorride.

Vedo dietro di noi passare una macchina nera, nel lato guidatore c'è Giorgio che mi guarda minaccioso, io invece gli sorrido e lo saluto debolmente con la mano. Non capisco perché mi guarda in quel modo, è stato così gentile a portarmi in infermeria e ad aiutarmi a fermare il sangue che mi usciva dal naso.

<Dai, andiamo a mangiare qualcosa, poi facciamo un giro> Daniel mi fa tornare al presente, annuisco e saliamo nella sua macchina.

Decidiamo di prenderci un panino in un chioschetto e poi passeggiare un po' per la città <Allora, come stai?> Daniel addenta il suo panino al salame <Bene tutto sommato, tu e papà?> chiedo. Ci stiamo avvicinando al piccolo campo da calcio da dove provengono alcuni schiamazzi dai ragazzi che fanno gli allenamenti <Stiamo bene, Nancy si è trasferita ufficialmente da noi e papà è sempre raggiante. E poi ci serviva una donna in casa> ridacchia per la sua battuta contagiando anche me <Bhe ma è fantastico! Finalmente non starà da solo mentre tu lavori>  sono felice che papà abbia chiesto alla sua compagna di stare da lui, è un brav'uomo e non merita di stare solo.

Dani annuisce e mi sorride, ci fermiamo al cancello del campo da calcio e osserviamo i ragazzi allenarsi.

<Mi manca il calcio. Non ho più tempo per allenarmi> nella sua voce c'è una nota di malinconia. Daniel era bravissimo a calcio, un attaccante eccellente ma quando ha iniziato il lavoro ha dovuto abbandonare la sua passione e ora penso ne risenta molto. <Potresti chiedere all'allenatore se ti fa giocare con loro> suggerisco riportando lo sguardo sul campo <Sarebbe fantastico ma, non ho nemmeno i vestiti giusti> <Bhe potresti chiedere a loro> alzo le spalle a apro il cancello prendendo Dani per il braccio <Andiamo fifone!> lo prendo in giro.

Lui ride ma mi segue senza fare più storie.
<Salve!> richiamo l'attenzione dell'allenatore, quando si volta lo riconosco subito, è il signor Martini, il papà della mia migliore amica Sofia <Gaia! Tesoro che ci fai qui?> dice abbracciandomi <Volevo chiederti se faresti giocare mio fratello per oggi, è un attaccante incredibile!> indico Daniel che dietro di me si gratta la nuca imbarazzato. <Certo, nessun problema! Figliolo vai a cambiarti, negli spogliatoi troverai il cambio> dice a mio fratello indicandogli una porta alle sue spalle.

Seduta sugli spalti vedo Daniel uscire dagli spogliatoi correndo con addosso la divisa, si volta e mi saluta.

Sento uno sguardo puntato su di me, mi sento andare a fuoco, la conosco questa sensazione. Vago un po' con lo sguardo e lo vedo, è lì in piedi. Pantaloncini blu, calzettoni bianchi fino al ginocchio, la maglia bianca e blu, i riccioli ribelli che non stanno mai apposto. Lo vedo serrare i pugni, sembra arrabbiato. Che gli succede? Non mi ha mai guardato così.

Mi piace il nostro gioco di sguardi, lo capisco sempre quando mi sta guardando, sento la pelle andare a fuoco. Anche lui se ne accorge quando lo osservo, si gira subito nella mia direzione come se sapesse che sono lì e lo sto guardando.

Distoglie lo sguardo per primo e corre verso i suoi compagni di squadra, scambia anche qualche parola con Daniel e poi torna a guardami ma sta volta i suoi occhi sono sereni, non più arrabbiati e mi sorride anche facendomi andare a fuoco le guance.

—-

Daniel ha giocato veramente bene, e l'ho visto felice come quando giocava anni fa.
Lo vedo uscire dagli spogliatoi con i suoi vestiti normali e lo vedo parlare con Giorgio mentre vengono verso di me <Ei mostriciattolo! Grazie per avermi costretto a giocare, non mi sentivo così da anni!> esulta Daniel abbracciandomi stretta facendomi ridere.

Mi lascia un braccio sulle spalle e si volta verso Giorgio che mi osserva con un sorriso birichino in volto <È stato un piacere conoscerti!> dice Daniel dandogli una pacca sulla spalla <Già, anche per me. Ora però devo andare, ci si vede> poi prima di girarsi mi incastra i suoi incredibili occhi verdi nei miei <Ciao Gaia> dice con voce bassa e pacata, sento mille brividi percorrermi tutto il corpo.

Si volta e si incammina verso la sua macchina. <Devo sospettare qualcosa?> mio fratello mi guarda tenendo un sopracciglio alzato <Cosa? No! Certo che no> rispondo imbarazzata mentre ci incamminiamo verso casa.

—-

Mamma è felicissima di avere Daniel a casa anche se lui ha qualche difficoltà a dialogare con Sergio, il nuovo compagno di nostra madre. <Gaia ti va la pizza stasera? La a New York non è molto buona e mi andrebbe proprio> mio fratello spunta sulla soglia di camera mia, distogliendo la mia attenzione dai compiti <Certo> <Perfetto! Ti lascio i soldi così vai a prenderla!> mi lascia sulla scrivania venti euro e sgattaiola sghignazzando fuori dalla camera.

Lo sapevo che sotto c'era la fregatura.
Sbuffo e dopo aver indossato una felpa esco di casa verso la pizzeria dietro l'angolo.

<Oggi ci incontriamo ovunque> la voce di Giorgio mi fa alzare gli occhi dal cellulare, i nostri sguardi si incontrano e torna la sensazione di caldo, le guance vanno a fuoco.
<Ciao> lo saluto intimidita <Come stai?> mi chiede sedendosi accanto a me <Bene, grazie> mi sorride e gli intravedo una fossetta <Non sapevo avessi un fratello> appoggia i gomiti sulle ginocchia ma il suo sguardo è sempre fisso nel mio <Viene qui poche volte all'anno, tre due giorni ritorna a casa> affermo un po' malinconica al pensiero che Daniel torni a New York.

Giorgio sta per parlare ma lo precede il cassiere che mi chiama per darmi le pizze, mi alzo, le pago e mi incammino verso la porta. Giorgio me la apre <Grazie> gli sorrido <Ci vediamo domani, Gaia> mi saluta anche lui. Il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa arrossire. Rimango per qualche secondo ferma, stordita da lui, poi riprendo a camminare andando a casa.

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