La porta bianca aveva lasciato il posto a una stanza scura come la pece. Per qualche secondo brancolo nel buio non riuscendo a capire nemmeno dove mi stanno portando le gambe, poi, appena i miei occhi si abituano alla mancanza di luce, inizio a mettere a fuoco qualcosa.
Una figura alta e robusta è proprio difronte a me; tra le mani ha un tablet, il cui schermo luminoso gli illumina il viso rendendo la cosa più tetra che mai, facendomi raggelare il sangue nelle vene. Sembra scandagliare il mio corpo e il mio più minimo movimento con quegli occhietti che vedo scintillare nell’oscurità, il che mi mette decisamente a disagio e mi fa involontariamente indietreggiare.
Va bene tesoro, magari non abbiamo iniziato con il piede giusto, ma io voglio tenermi questo lavoro e tu immagino voglia fare bene il tuo quindi eviterei di cincischiare oltre con questi sguardi agghiaccianti da film horror.
Sorrido trentadue denti all’assistente che, per tutta risposta, incupisce ulteriormente l’atmosfera, assottigliando gli occhi.
Bene, ottimo. Devo essermi appena fatto un amico. Me lo sento.
Cerco di darmi coraggio e sposto il mio sguardo da lui, analizzando l’ambiente circostante, mentre intanto mi cerco di dirigere verso le tende delle finestre, alla ricerca della luce più naturale e meno fastidiosa che conosco. Anche volendo, non ho la più pallida idea di dove si trovi l’interruttore della luce mentre lo spiraglio di chiarore albeggiante è ben visibile dall’altro capo della stanza.
Mi muovo andando tastoni per la gigantesca stanza e spesso mi ritrovo a sopprimere delle imprecazioni nel dialetto di Daegu per colpa della scarsa luminosità.
Ma questo usare una mascherina per gli occhi no, eh? Ma va, ricreiamo un set di Hitchcock, tanto fra due mesi è Halloween.
Come arrivo ai tendaggi li scosto da un lato con un colpo fermo e deciso, spalanco la finestra e respiro a pieni polmoni. Strizzo gli occhi affaticati per abituarli di nuovo alla luce e per qualche attimo mi godo la vista da quello che suppongo essere l’ultimo piano della reggia.
Quando mi rituffo nella stanza finalmente riesco a visualizzare nitidamente gli elementi accarezzati dolcemente dai raggi del sole: una cattedra in legno scuro piena di varie scartoffie si trova a qualche passo da me e mi chiedo internamente quale santo abbia vegliato su di me affinché non mi ci schiantassi sopra poco prima al buio, una libreria a parete stracolma di libri e quaderni di varie dimensioni è addossata sul fondo della stanza e al suo fianco è presente un enorme armadio, anch’esso in legno.
Scosto anche l’altra tenda per ammirare l’altra metà della stanza che era ancora nella penombra e rimango quasi deluso dalla semplicità del letto a baldacchino e un lungo specchio a parete affianco ad esso. Anche i tendaggi purpurei del letto sono rigorosamente chiusi e se non avessi un tizio che mi sta calcolando anche la pressione arteriosa probabilmente avrei già roteato gli occhi, in segno di stizza.
Con le mani che fremono scosto lievemente la tenda e resto quasi folgorato dalla perfezione angelica del ragazzo che si trova davanti ai miei occhi. Le ciocche castano ramate sono disposte in modo disordinato sul cuscino e sul suo volto ambrato, gli occhi dolcemente chiusi fanno ricadere l’attenzione sulle sue ciglia lunghe e persino i nei del suo viso sembrano essere stati messi lì da un esperto pittore. Soprattutto quello appena sotto le sue piccole labbra rosee, lievemente schiuse.
- Intendi fissarmi ancora per molto? - gli sento proferire a bassa voce mentre incurva le labbra che stavo contemplando fino a qualche secondo prima. Ingoio della saliva a vuoto, completamente colto in flagrante.
- No, è che non volevo disturbarla, ma…- cerco di giustificarmi, interrompendomi appena apre gli occhi.
- Ma? - fissa i suoi pozzi nocciola nei miei.
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Roxanne ~ VKOOK
Fanfic-...Non vuoi forse fare quello che il tuo ricco cliente desidera?- Ingoio a vuoto della saliva, ho la gola così secca e questo ragazzo non fa altro che accrescere la mia sete. Quell'evidente frase sarcastica cerca di farmi dubitare della mia precede...