Capitolo 18 Damon

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Urli contro un cielo dal quale vuoi strappare le sue stelle.

Non ho il tempo di capire cosa stia succedendo. La luce che viene verso di me mi abbaglia impedendomi di vedere oltre il mio naso. Sento solo che non posso seguire quella luce e devo fare subito qualcosa. D'istinto, mosso dall'adrenalina che attraversa il mio corpo, apro la portiera in uno scatto e l'aria sferza il mio volto quasi strappandomi dal sedile dell'auto. Mi butto, sento l'asfalto gelido toccare ogni parte di me. Una folata di vento mi sfiora la schiena, un brivido la percorre per poi udire un boato squarciare la notte, mentre sento gli pneumatici stridere fortemente sulla strada.

Continuo a rotolare su me stesso come se fossi una trottola impazzita. Sbatto contro quelli che sembrano essere sassi, poi il fruscio dell'erba ghiacciata che quasi scricchiola sotto al mio peso mentre termino la mia corsa sbattendo contro la corteccia di un albero; il fiato mi si mozza nel petto. Un attimo di silenzio. Apro gli occhi che per tutto questo tempo, che è durato un'eternità, ho tenuti chiusi, la testa confusa seguiva solo il desiderio di farcela, di scappare. Poggio la mano sui ciuffi d'erba e gemo quando cerco di sollevarmi; stringo il labbro tra i denti e premo la mano sul costato.

«Cazzo, devo essermi incrinato qualche costola», mormoro a fatica.

«Damon!», le sue grida mi trafiggono e spaccano il silenzio nel buio della strada.

«Al...», sussurro a me stesso.

Sono disperate, fendono l'aria squarciandola e posso sentire i singhiozzi colmare lo spazio che ci circonda. Arranco verso il ciglio della strada, guardandomi attorno ancora smarrito e dolorante. Quando i piedi pestano il grigio dell'asfalto, gli occhi seguono il nero delle gomme marchiate sull'asfalto, scruto con attenzione quelle strisciate fino a scorgere un tir in mezzo alla provinciale.

«Damon, no!», lo sguardo si sposta su di lei. Kam è alle sue spalle, lei in ginocchio a terra grida il mio nome al vento, a un cielo nero colorato solo dalle sfumature di una mezza luna. Le mani fra i capelli, li strattona come a volerseli strappare. I piedi camminano da soli, li trascino piegandomi sul lato del fianco che non mi duole.

«A-Al», sibilo battendo i denti.

Kam si volta, lo sguardo vitreo, Al imita il suo stesso gesto e si muove lentamente, come se avesse timore di voltarsi verso di me, verso la mia voce.

«Piccola...», aggiungo facendo un altro passo contro i suoi occhi azzurri colmi di lacrime, le guance rigate solcano il suo volto spaventato. Si solleva a stento dal manto stradale, inclina la testa verso di me.

«D-Dam...», biascica battendo più volte le palpebre. «Damon», ripete buttandomi le braccia al collo.

«Piano, piano...», dico trattenendo il respiro. Il tizio del camion scende dal lato guida. «Dobbiamo tagliare la corda», esclamo dando un'occhiata a Kam che annuisce.

«Dobbiamo portarti all'ospedale. Sei ferito?», le sue piccole mani scaldano la mia pelle mentre mi sorregge il viso per scrutarmi con attenzione.

«Sono solo ammaccato, niente ospedali», sentenzio, poggiandomi a lei per raggiungere l'auto di Kam ancora in mezzo alla strada. Allyson apre la portiera per farmi sedere e solo in quell'istante noto le mani tremarle insieme alle labbra. Kam mette in moto e parte dando gas, una nuvola di fumo bianco si solleva in aria. «La tua macchina. Risaliranno a te», dice guardando ora me, ora la strada di fronte a lui.

«Non era intestata a me...», sussurro guardando Allyson al mio fianco sul sedile posteriore. Ci separa un respiro, sento la sua rabbia montarle addosso malgrado il silenzio. La conosco come lei conosce me. Sapeva che le stavo mentendo come io sapevo che, come al suo solito, non mi avrebbe dato ascolto, ma ero certo che non avrebbe potuto trovarmi.

Un Amore Proibito 2 - Vite LontaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora