Capitolo 21 Damon

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Possiamo essere i migliori amici di noi stessi,

o il più grande nemico.

Arnold tuona entrando nella mia stanza, la sua voce arriva ovattata alle mie orecchie mentre continuo a rovesciare ogni cosa che mi capita a tiro.

«Basta, Damon! Stai distruggendo tutto», abbaia. Mi volto in uno scatto con la rabbia che sento montare sempre di più sulle mie spalle.

«Non puoi distruggere ciò che è già rotto», grugnisco.

Cazzo, è successo ancora. Sono stato capace ancora una volta di rovinare tutto, di rovinare lei. Le mani mi fanno male per quanto le stringo, le nocche bianche colorate solo da qualche rivolo di sangue che scivola sulla pelle dopo aver sfogato la mia collera contro tutto ciò che mi capitava a tiro. Se n'è andata. Come un egoista, ho creduto che anche questa volta lei sarebbe rimasta al mio fianco, ma forse non si può sopravvivere nuovamente a un tornado che rade tutto al suolo. Tiro un pugno contro la parete di cartongesso e rivedo i suoi occhi velati da altro dolore, che solo un'anima dannata come la mia poteva infliggerle.

«Fermati!», sbraita Arnold afferrandomi per le spalle. Me lo scrollo di dosso spintonandolo.

«Stammi lontano!», lo minaccio riducendo gli occhi a due fessure.

«Non mi fai paura», mi sfida. Rido amaramente.

«Non sai cosa posso diventare», digrigno i denti, l'adrenalina scorre come un fiume in piena nel mio corpo, la ragione a poco a poco si dissolve e i ricordi delle cattive abitudini bussano tentatrici contro di me.

«So che sei una gran testa di cazzo. Vuoi picchiarmi? Accomodati. Lei non tornerà comunque», incalza.

Afferro la sua maglietta stringendola in due pugni, lo scaravento verso il muro contro cui la sua schiena picchia forte.

«Vattene, Arnold», ringhio.

«Fermati, coglione!», Cody entra a precipizio nella camera, mi spinge obbligandomi a mollare la presa.

Arnold si sistema la felpa della confraternita sgualcita.

«Che cazzo ci fai qui?», addito il mio migliore amico in tono minaccioso.

«Sono qui per impedirti di fare altre stronzate» mi ammonisce facendo un gesto con il capo verso Arnold, che sgattaiola via lasciandoci soli.

«Come l'hai saputo?», dico con il respiro affannato.

«Io e Arleen siamo rimasti qui a Boston da quando mi hai detto cosa stava succedendo. Ho chiamato Alec e mi ha detto dell'esito», confessa.

Scoppio a ridere dal nervoso, posando le mani sulle ginocchia che cedono ritrovandomi a terra.

«Ho fatto tanti casini... ho rovinato tutto...», sussurro pensando a come avrebbe potuto essere. È come correre una maratona e non poter raggiungere mai il traguardo che decreta la tua vittoria, perché io so vincere su tutto ma con lei ho perso sin dall'inizio «Credevo di essere cambiato... ma forse non c'è redenzione per me», ammetto quasi sconfitto a me stesso.

«Sì, hai fatto tanti casini, ma non potevi di certo sapere che sarebbe successo tutto questo», si siede sulla moquette al mio fianco.

«Forse avrei potuto, se avessi lasciato perdere quella merda che mi fotteva il cervello», ho dei grandi buchi neri a riempire lo spazio e il tempo di quel periodo, immagini confuse che si accalcano e non riescono a restituirmi parte di quel passato.

«Ora devi rimetterti in piedi», mi sprona strattonando il mio braccio.

«Mi ha lasciato», biascico, il cuore perde più di un battito, lo stomaco si contrae dal dolore.

Un Amore Proibito 2 - Vite LontaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora