Capitolo 14 Damon

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La perfezione non è custodita in un insieme,

fa parte di un attimo, capace di travolgerti.

Strofino il naso contro i suoi capelli che profumano come l'ultima volta che siamo stati così vicini. La cingo più forte in vita attirandola a me. Quando sono rientrato dalla doccia, ieri sera, si era addormentata. Non potevo ancora crederci che fosse qui, nella mia camera, sul mio letto e che malgrado tutto avremmo comunque passato la notte insieme.

«Puoi smetterla di far finta di dormire. Lo so che sei sveglia. Lo sento dal tuo respiro», sussurro al suo orecchio sollevandomi su un gomito in attesa che si volti verso di me.

«Io... io, Damon...», tenta di dire mentre si gira, lo sguardo puntato verso il soffitto, il suo addome che sale e scende frettolosamente. Solo due mesi per essere così vicini e altrettanto lontani.

«Non è successo niente, Al. Ho dovuto tenerti a bada perché volevi approfittarti di me, però...», sghignazzo e le sue mani corrono a coprirle il viso.

È perfetta anche appena sveglia, con il trucco sbavato dalla sera precedente e i capelli arruffati che solleticano il mio petto nudo.

«Smettila, non è divertente», bofonchia. Le prendo le mani e gliele tolgo, non può vietarmi di godere di tutto questo, dato che non so quanto durerà. E per ora voglio godermi tutto ciò che sei disposta a concedermi, voglio smarrirmi in questi attimi di te che sei disposta a concedermi, voglio perdermi senza trovare la via del ritorno. Voglio te.

«Ho avvisato tuo padre», esclamo.

Scatta a sedere sul letto rischiando quasi di cadere.

«Tu, cosa?», chiede con sguardo truce.

«Si sarebbe preoccupato se non fossi tornata a casa e non eri al top della forma per tornarci», osservo alzandomi alla ricerca di una maglia da infilare.

«Gli hai detto che dormivo qui? Da te? Cioè, con te?», domanda annaspando per la fretta nelle sue stesse parole.

«Gli ho solo detto che eri qui è che tu avresti dormito nella mia camera, io sul divano».

Infilo la maglia dalla testa mentre lei imbronciata, con le braccia incrociate sul petto, scorre il suo sguardo ovunque nella stanza, tranne che verso di me.

«Bene, da quando tu e mio padre siete così... così intimi?», sorrido malizioso.

«Diciamo che preferisco essere intimo con sua figlia. Comunque, come pensi che abbia sempre saputo se stessi bene?», dico sedendomi sulla sedia vicino alla scrivania. I gomiti premuti sulle ginocchia, con le mani chiuse a pugno sulle quali poggio il mento.

«Allora deve averti mentito spudoratamente se ti diceva che stavo bene», ride amaramente arricciando la bocca.

Chino lo sguardo sul pavimento che ci separa. Sapevo perfettamente che non stava bene, che il primo periodo è stata giorni interi chiusa nella sua camera. Il dolore per la sua sofferenza, che ancora una volta le avevo causato, mi dilaniava, ma dovevo resistere. Ogni secondo che passava era uno in meno che ci teneva divisi.

«Al, lo so che sei stata da schifo. Sono stato male anche io. Cosa credi, che mi sia piaciuto scappare in quel modo? Non avevo altra scelta...», cerco i suoi occhi che scrutano il lenzuolo che avvolge ancora il suo corpo.

«Tu non hai mai scelta, Damon. È così da quando ti ho incontrato. Con te è tutto complicato», si alza furente di rabbia alla ricerca delle sue scarpe, con indosso ancora il vestito della notte precedente. «Una lettera, mi hai lasciato una fottuta lettera e sei sparito», tuona mettendosi rapidamente le scarpe.

Un Amore Proibito 2 - Vite LontaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora