Capitolo 32 Damon

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Parliamo senza ascoltare il casino delle nostre parole.

Tamburello le dita sulle ginocchia mentre aspetto. Odio essere qui, seduto su questa sedia sulla quale mi sentivo prigioniero mentre ogni parola fuoriusciva dalla mia bocca come un fiume in piena, liberando tutti i miei demoni che mi tenevano prigioniero. Il dottore fa il suo ingresso nello studio con in mano la mia cartella. Al suo interno, nero su bianco, la mia vita contorta, la camera nella quale mi sono rinchiuso per rinascere, due mesi che sono sembrati eterni.

«Sanders, mi fa piacere vederti. Hai saltato molte sedute ultimamente», mi ricorda posando le mani intrecciate sul legno laccato della scrivania. Ero stato qui dopo aver saputo che sarei diventato padre e oggi sono qui per la stessa ragione.

«Ho avuto dei problemi», dico con noncuranza, come se non fossi stato qui proprio a causa loro.

«Ho immaginato», si limita a rispondere aspettando che sia io a parlare, nessuna pressione, solo il silenzio che colma la stanza che mi spinge a volermi liberare.

«Non avrei mai voluto segnare la sua vita...», esclamo dando voce a ciò che mi tormenta. «Un figlio, cazzo! Quanto può essere contorto tutto questo?», non glielo sto veramente chiedendo, so bene che ho fatto tutto da solo, come sempre. Ho usato le persone, mi sono servito di loro per raggiungere uno scopo che non capivo nemmeno io, anzi, in realtà lo conosco bene, ma mi vergogno così tanto di ammetterlo per primo a me stesso.

«Abbiamo già parlato della tua paternità e abbiamo anche già parlato di Allyson», dice osservandomi con attenzione.

Guardo oltre di lui, la vetrata che si affaccia sulla città. Ho saltato le lezioni per essere qui, perché sento che sto crollando e l'incontro di ieri ne è la prova. Ero talmente accecato dalla rabbia che avrei persino potuto uccidere quel coglione.

«Io volevo punirla, solo perché lei era la figlia di chi mi aveva portato via tutto...», trattengo il fiato mentre ogni ricordo riaffiora come un pugno che mi colpisce in pieno volto. «Avevo iniziato a giocare come ero abituato a fare con chiunque, solo... solo che non avevo messo in conto che giorno dopo giorno anche lei si sarebbe presa una parte di me che non mi avrebbe più restituito...». Ricordo ancora i suoi occhi sorpresi mentre baciavo Joselyn di fronte a lei, la parte malata di me che godeva nell'avere questo potere nei suoi confronti, ma allo stesso tempo mi sentivo confuso e incazzato con me stesso. Odiavo le sue lacrime, non sopportavo il modo in cui il suo sguardo mi disprezzava.

«Damon, cosa ti turba realmente?», fisso le mie mani che sfilacciano gli strappi dei jeans.

«Che alla fine l'ho punita, ho raggiunto il mio intento senza rendermene conto...». Lei mi ha perdonato, non si è mai arresa a noi e io, cazzo, sto per diventare padre del figlio che porta in grembo Joselyn. Se non mi sono vendicato di lei così, non so proprio cosa avrei potuto fare di meglio anche se solo avessi voluto.

«Ti sei innamorato di lei prima di tutto questo, Damon, sai bene che quando uscivi con Joselyn eri spesso sotto l'effetto di droghe e tu stesso mi hai confidato che lo facevi proprio per cercare di dimenticarti di Allyson».

Ero così stupido da credere che sarebbero potuti bastare un po' di alcol, qualche dose e un corpo che non fosse il suo per togliermela dalla testa.

«Questo non cambia il fatto che ho distrutto comunque la sua vita. Avrò un figlio», dico alzando il tono della voce mentre sento tutti i muscoli tendersi dalla delusione che inizia a fare da padrona nella mia testa. Altre fottute lacrime hanno solcato il suo volto mentre la tenevo tra le braccia a casa di Kam ieri sera. Quante cazzo di volte dovrò ancora vederla piangere per colpa mia?

«Sarai padre e sarai un compagno per Allyson, devi solo volerlo e credere di più in ciò che vi lega, Damon. Tuo figlio sarà una parte di te nello stesso modo in cui lo sarà Allyson».

Un Amore Proibito 2 - Vite LontaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora