Intrappolati nei Nostri Pensieri Pt.1

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Le fronde degli alberi si muovevano placide, mosse dalla brezza che accarezzava tutta la collina. Alcuni raggi di sole passavano pigri tra i rami, illuminando delle piccole zolle di erba.

Sull'albero si erano appollaiati dei grossi uccelli dal piumaggio bianco e giallo, con due lunghe ali richiuse lungo i fianchi. Scavavano il legno degli arbusti, cercando degli insetti da mangiare.

Osservò la bozza del suo disegno e storse il naso: il corpo del suo volatile era troppo grosso ed il becco troppo lungo. Sbuffò e cancellò la linea a matita, per poi cercare di aggiustare gli errori.

« Cosa ti avevo detto riguardo l'esercitarsi con l'anatomia prima di disegnare a mano libera? »

Si voltò verso Tristam, seduto al suo fianco. Aveva le gambe incrociate ed era ricurvo sul suo quaderno.

Allungo il corpo e cercò di sbirciare il suo disegno: aveva solo tracciato la testa e quasi metà corpo, ma le ombreggiature erano così precise ed i dettagli così curati che bastava quell'abbozzo a farla desistere.

« Ammettilo, usi qualche trucco magico per disegnare. » gli disse stizzita.

« Credimi, li uso spesso, ma non per questo. È l'unica cosa reale che ho. » gli disse, cercando di abbozzare un sorriso.

Percepì l'amarezza di quelle parole, enfatizzate dalla malinconia riflessa nei suoi occhi azzurri.

Non aveva idea di quale fosse il suo passato. Un giorno era apparso assieme a Peter e Miro ed avevano annunciato che sarebbe stato un nuovo membro della loro squadra.

Nei primi tempi non parlava molto, se non grazie alla spinta di qualche bicchiere di alcool. Era sempre stanco, annoiato e sconfortato.

Sua madre le aveva persino impedito di entrare in contatto con lui, essendo in quel periodo più piccola e lui un personaggio all'apparenza poco raccomandabile.

Le aveva obbedito a testa basta, nonostante fosse tentata di conoscerlo meglio: era un Incantatore, il primo che conosceva dopo suo padre. Voleva sapere di più sulla razza a cui in parte apparteneva, quelle persone così schive e solitarie tanto da preferire l'isolamento al contatto umano.

Con il tempo si era ripreso dai suoi malumori ed aveva iniziato ad ambientarsi meglio all'interno della locanda e del gruppo. Aveva sperato che quello avrebbe comportato ad una possibilità di avvicinamento, ma sua madre era stata categorica a negarglielo. Qualcosa nella sua figura l'aveva sempre infastidita, non riusciva a fidarsi di lui.

Lei, però, era andata oltre alle sue raccomandazioni ed aveva deciso di tentare un approccio. La fortuna, una fredda sera invernale, aveva giocato a suo favore, e l'aveva trovato a disegnare vicino al camino della sala da pranzo.

Era stata la prima volta che l'aveva visto rilassato e sereno, rapito dai tratti che stava tracciando sul suo foglio. Si era avvicinata silenziosamente e si era seduta al suo fianco. Non aveva cercato di attirare la sua attenzione: l'aveva già fatto lui con quel magnifico ritratto di una giovane donna.

Probabilmente avevano passato ore in silenzio, accompagnati dallo scoppiettio del fuoco e dal rumore della matita sulla ruvida carta. Quando aveva finito il suo lavoro, aveva strappato con un colpo netto il disegno dal quaderno e glielo aveva regalato, prima di uscire dalla stanza.

Da quel momento ogni sera era scesa di nascosto nella sala da pranzo, sperando di ritrovarlo nella sua postazione vicino al caminetto. Non aveva sempre avuto fortuna ma, in quelle volte che era stato presente, aveva cercato di conoscerlo con la scusante di imparare a disegnare.

Cacciatori di Sogni - VUOTO (I) (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora