Cap. 16

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L'intero pomeriggio lo passai a ripensare al bacio, quel bellissimo ma casto bacio.

Ogni volta che mi tornava in mente mi veniva da sorridere e pensavo che ne volevo ancora, però, dentro di me, sapevo che dovevo fare attenzione perché se, avesse saputo, probabilmente non mi avrebbe più voluta; i miei pensieri però furono interrotti dal mio cellulare che stava squillando: numero sconosciuto. "Pronto? Chi è?" chiesi con un pizzico di agitazione nella voce dato che oltre a Christa e mio zio nessuno conosceva il mio numero. "Non puoi continuare a scappare per sempre"; a quelle parole mi pietrificai "chi- chi sei? Cosa vuoi da me?" "oh, lo sai chi sono. Verrò a prenderti" e detto ciò riattaccò.

Io ero spaventata e confusa nello stesso momento, ma quando realizzai chi fosse spalancai gli occhi e mi precipitai di sotto per dire a mio zio cosa stava per succedere; per mia sfortuna non era in casa: aveva lasciato un biglietto "ho avuto un imprevisto al lavoro, non tornerò prima di domani". Merda, proprio ora doveva andarsene?

"Che faccio? E se si presentasse qui? No, non sa dove abito...o forse si?" decisi di tornare in camera mia ma, appena varcata la soglia, cominciò a squillarmi di nuovo il telefono e senza guardare risposi "lasciami in pace!" "A-Alex? Che hai?" "oh, Christa, scusa...non ce l'ho con te" "ah, ok...e con chi ce l'hai?" "non posso parlarne ora. Piuttosto: perché mi hai chiamata?" "volevo chiederti se ti andava di fare un gir-" "SI" "ahahah, che entusiasmo. Al bar della scorsa volta tra mezz'ora?" "perfetto" "a dopo".

Poggiai il telefono sul letto e presi uno zaino e ci misi dentro una maglietta, dei jeans e intimo: non potevo rimanere in quella casa un minuto di più; poi mi diressi verso l'armadio e mi misi una felpa larga nera con il cappuccio e degli stivaletti dello stesso colore. Misi lo zaino in spalle, presi le cuffie, il telefono e uscii di casa avviandomi a passo svelto verso il bar. Ogni tanto mi giravo per controllare se qualcuno mi stesse seguendo, guardavo ogni singola persona e mi tremavano un po' le mani: avevo paura.

Dopo una quindicina di minuti arrivai a destinazione, così entrai e presi posto, aspettando Christa che non tardò ad arrivare "ciao" "ciao" "tutto bene?" "sinceramente no" "che succede?" chiese lei togliendosi la giacca e sedendosi di fronte a me "non- non posso parlartene ora" dissi io con la voce tremante "ehi, ehi, calmati ora okay? Me lo dirai dopo, ora rilassati" disse prendendomi una mano e accarezzandomela con il pollice, sorridendo "va bene" dissi sorridendo a mia volta.

Dopo non molto arrivò un cameriere per farci ordinare: Christa prese un caffè mentre io nulla "sei sicura di non volere nulla?" "si" "oh, va bene allora"; quando arrivò il suo caffè Christa cominciò a guardarmi preoccupata "che c'è?" "Alex, mettiti il cappuccio e alzati: ce ne andiamo" "ma...perché?" lei, senza rispondere, si alzò e prendendomi per un braccio mi fece alzare "ti stai trasformando. Abbassa la testa e dammi la mano".

Uscite dal bar camminammo per un po' ma non sapevo dove stessimo andando perché non potevo guardare dritto, ma solo in basso; "ora puoi alzare lo sguardo" disse lei e quando lo feci vidi che eravamo di fronte a casa sua. Quando entrammo mi accorsi che i suoi genitori non c'erano così le chiesi il motivo e lei rispose che erano al lavoro, poi mi portò in camera sua e mi fece togliere la felpa "ti stai trasformando completamente?" "no...credo sia per l'ansia" "e perché sei ansiosa?" "ti devo dire una cosa, ma non giudicarmi" "non lo farei mai" alle sue parole mi tranquillizzai un po' così mi sedetti sul letto, presi un sospiro e cominciai a raccontare.


Lo so, lo so: ci ho messo tanto. Pota, se uno ha da fare mica è colpa sua.


Verità proibiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora