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VAN

Rientrai a casa più tardi del solito, dopo aver accompagnato Mya in biblioteca avevo cenato da Jennifer, stronza per eccellenza, ma mi serviva un favore, quindi era meglio fare buon viso a cattivo gioco, come mi aveva sempre consigliato papà "tieniti vicino gli amici, ma ancora più vicino i nemici."

Non appena aprii la porta, notai mia madre che mi guardava assonnata mentre rientravo, erano le 4.00 del mattivo, volevo solo andare a dormire. Sapevo di trovarla sveglia, lei non si addormentava mai finché non rientravo, era sempre presa dall'ansia e dell'angoscia che mi succedesse qualcosa, non sopportavo il suo attaccamento verso di me. Come quando da piccola dovevo andare in gita e non voleva che prendessi il pullman perché non si fida e finiva sempre per accompagnarmi lei. Quelle situazioni, anche se innocue, mi avevano abbastanza segnata.

«Vanessa, dove sei stata e perchè non rispondi al telefono?»
«Oddio ma' ti prego. Sono morta? No. Allora dovresti essere contenta. Me ne vado a letto.»
Presi lo zaino da terra e me lo portai sulle spalle.
«Vanessa.»
«Mamma, sono le 4.00 Cristo, non le 7.00 di mattina. Ho fatto leggermente tardi e quindi? Ho ventiquattro anni, non ne ho dodici e dai su, un po' di elasticità mentale.»
Lei si alzò dalla sedia del tavolo mentre le scivolava la coperta di pile che aveva sulle spalle «Fino a quando sarai sotto il mio tetto, farai quello che dico io, altrimenti fai le valigie e te ne vai via. Chiaro?»

«Sono stata con Mya.»

«Ah» sembrava improvvisamente presa dal senso di colpa, si calmò e si rigettò sulla sedia.

Ma certo, quando si trattava di Mya tutti alzavano le mani, anche il diavolo in persona, come mia madre, si doveva arrendere davanti a quelle parole, perchè la salute di Mya veniva prima di qualsiasi altra cosa. Mamma le voleva bene come se fosse una figlia invece che una nipote, quindi mi facevo scudo con questa scusa.

«Come sta?»

«Come vuoi che stia? Una crema, per giocare a nascondino basta che si mette di profilo.»

«Vanessa!» mi fulminò con lo sguardo.

«Oddio ma non si può dire un cazzo! Lo sai quanto le voglio bene, mamma? No non lo sai! Lo sai quanto soffro a vederla così? No, non lo sai, mamma. Te non sai niente, lei non vuole essere trattata come la trattate tutti, lei vuole essere normale, sai che vuol dire normale? Una ragazza che non ha niente che non va, che è viva! Perchè lo sai vero, che Mya non è una morta? Che ha ancora voglia di vivere? Voi questo non lo sapete, voi pensate che trattarla con i guanti migliorerà le cose. Ti do 'sta novità, non è così!»
Lei alzò il mento e fece "no" con la testa.

Non mettevo in dubbio che anche lei soffrisse, ma gli altri non potevano mettere in dubbio che anche io soffrissi, è mia cugina, è come una sorella per me, come potevano pensare che non mi stesse a cuore la sua situazione. Come si può pensare che rivolgerle certe attenzioni sia meglio che comportarsi come faccio io? Chi lo decide cos'è giusto e cos'è sbagliato ora? Chi siamo noi per decidere come farla vivere, o per metterla su un vassoio d'argento, quando l'unica cosa che vorrebbe, è stare in mezzo a noi?
Nessuno ne può parlare, nessuno può dire niente, argomento intoccabile.

«Vanessa ma lei non è... normale. Non sta bene.»

«Ah sì mamma? e che è?»

«È anoressica.»

«È anoressica» ripetei a bassa voce «stavo pensando a quant'è facile puntare il dito e dare dell'anoressica, della grassa, della sporca, della stronza. Tanto sono solo parole no? Parole che definiscono chi siamo e ci fanno diventare ciò che vi siete immaginati per noi. Se non ti conoscessi, mamma, ti darei della stronza, ma ti conosco, e so che se sei così, è perchè hai sofferto per la perdita di un figlio che volevi da morire ma che non sei mai riuscita ad avere dopo di me, è perchè hai sofferto quando i nonni hanno scelto per te l'uomo della tua vita, e che tu sia innamorata o no ora, non cambia niente, è perchè hai una figlia sempre schiva che non sa dimostrare quanto ti ami e ti stimi in realtà. Ma hai ragione, è più comodo dire che sei una stronza, così nessuno deve sforzarsi, così tutti possiamo essere dio.»

Me ne andai in camera e chiusi a chiave la porta, sapevo di averla ferita, ma non l'avevo fatto con cattiveria, l'avevo fatto per farle capire quanto fosse difficile definire una persona con un solo aggettivo, non importa quanto dettagliato sia. E Mya non è anoressica, è solo Mya per me.

REMEMBER ME ✩CARTACEO✩Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora