MYA
«Mya... Mya? Mya svegliati»
Tutto nero. Tutto completamente nero.
«Mya!» feci uno sforzo enorme per aprire le palpebre, poi vidi una luce bianca, accecante, cercai di coprirmi con il braccio, ma non riuscivo a controllare i muscoli del mio corpo. Era tutto così pesante e allo stesso tempo leggero. Mi sentivo un elefante sospeso per aria, un elefante però non può volare, infatti ero incatenata chissà come, chissà dove.
«Buongiorno signorina. Hai dormito un bel po' non è vero? Eravamo stanchi?»
Le pupille si abituarono gradualmente alla luce bianca della stanza. Quell'odore. No! Quell'odore l'avrei riconosciuto fra mille, il più familiare. No, non poteva essere! Doveva essere un incubo! Un incubo infernale. Cercai di aprire ancora di più gli occhi e vidi una donna vestita di bianco, che mi sorrideva con il ghigno più falso che io avessi mai visto.
«Che ci faccio qua?» le parole mi uscivano a stento, a rilento, mi sentivo messa in rallenty da non so quale telecomando fantomatico. Mi guardai le braccia, erano piene di tubi e tubicini che finivano sotto la mia pelle con degli aghi.
«Ho paura» ammisi, non sapevo cosa mi fosse successo. Avevo forse fatto un incidente? Mi si era paralizzata la spina dorsale? Perchè non riuscivo a muovermi? Avevo perso l'uso degli arti? Le lacrime iniziarono a farsi spazio sul mio viso, come in un giorno di pioggia.
«Tesoro. No. Non devi avere paura, capito? Non ti è successo niente.» falsa, falsa come le calorie che mettono sugli Hamburger del Mc Donald's.
«Povera piccina.» mi accarezzò la guancia. Spostai la testa dall'altro lato.
«Ti abbiamo dovuta sedare tesoro. Non stavi buona un secondo. Non facevi altro che muoverti... e muoverti. Non sapevamo come fare.»
E' questo che mi avete fatto? Bastardi. Bastardi schifosi, anche nella mia testa, la voce non riusciva a sembrare combattiva, sembrava che qualcuno la stesse strozzando.
«Siete degli stronzi... e basta» riuscii a dire con un filo di voce
«Queste brutte parole non si dicono. Lo so che in realtà sei dolcissima Mya, non è vero?» si sistemò i capelli rossi dietro le orecchie e mi mostrò ancora una volta, quel sorriso finto a trentadue denti, trentadue denti bianchissimi tra l'altro. La vidi lasciare la sala e poi sentii un brusio, come se qualcuno stesse parlando sotto voce «No, è insopportabile, l'abbiamo dovuta sedare perchè ci stava facendo impazzire. Vuole morire? Che la lasciassero morire allora» La rabbia mi si irradiò dallo stomaco, come un mostro e mi si bloccò in gola. Poi si trasformò in sconforto, in smarrimento. Mi sentivo il groppo delle lacrime in gola, e non riuscivano ad uscire.
Non piangerò, sarò forte, combatterò ancora, e se cadrò, mi rialzerò, anche da sola, anche senza vento che spiega le mie ali, perchè sì, sono un gabbiano, anzi, sono una farfalla, una farfalla che però, è sbocciata in un giorno di pioggia, che deve resistere anche sotto le gocce pesanti come macigni. E' arrivata, pensai, è arrivata la goccia sulle mie ali di carta e me le ha bagnate, e non riesco più a volare. E sto precipitando, e non c'è nessuno, non c'è nessuno che si volta a guardarmi, perchè d'altronde, il precipitare della farfalla è così leggero, che chi mai potrebbe sentire il tonfo della morte? E' silenziosa la farfalla, lei non si sente. E se non si sente... non esiste. Non lascia niente, si sfrantuma al suolo diventando polvere, lascia solo il gelo, ed il mondo è più freddo. Quante farfalle dovranno morire, prima che si ghiacci? Quante morti dovranno passare inosservate per far capire, anche a chi non vorrebbe, che c'è vita, anche in chi sembra volersi schiantare al suolo...
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REMEMBER ME ✩CARTACEO✩
Romanzi rosa / ChickLitDISPONIBILE SU AMAZON E NELLE LIBRERIE FELTRINELLI E MONDADORI, SOLO SU ORDINAZIONE! Mya Parker è una ragazza che soffre di anoressia nervosa, costantemente ossessionata dal numero della bilancia. Ha un sogno nel cassetto: diventare una famosa scrit...