I really don't care.

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"Oh wow vi siete accorti della mia esistenza!"

I due si fermarono un secondo, per poi ricominciare a picchiarsi.

"Se non la smettete vi sparo!"

Luke abbassò immediatamente le mani, ma Ashton fece finta di non sentire. Mi puntai la pistola alla tempia, facendo un profondo respiro.

"Mi sparo, se non smettete."

Gli occhi dei due ragazzi si spalancarono, le mani si abbassavano, i corpi si allontanavano mentre respiravano con fatica. Loro avevano la faccia, le mani e i vestiti insanguinati, ma il dolore che provavo io era sicuramente più lacerante.
Faceva più male di un pugno, faceva più male di uno schiaffo. Entrava in te e piano piano ti distruggeva. Ti faceva a pezzi, ti bruciava come acido. Stavo perdendo tutto: la famiglia, un figlio, il ragazzo perfetto, me stessa. Stavo perdendo me stessa. Spesso mi ripeto che io non sono quella ragazza che uccise Ben, e invece lì ero me stessa. Mai stata meglio. Io sono diventata così, che piaccia o no. Purtroppo, devo accettarlo, anche se fa male. Ero sola, più sola che mai, e sapete che c'è? Non mi importa, affatto.

Vedendo i due ragazzi calmi, abbassai la pistola. Ma mantenni la guardia alta, Ashton era davvero in pessime condizioni.

"Luke, andiamo dentro? Devo medicarti." dissi trascinando il biondo dentro.

"E Ashton?" provammo a portarlo dentro, ma non volle. Se ne andò traballando, mi ripromisi che lo sarei andata a trovare.

Quella notte non chiusi occhio. Davvero avrebbe potuto denunciare Luke? O addirittura, ucciderlo? Smettila di pensare. Stupido subconscio, taci.
Ma quella notte, sentivo soltano quella stupida vocina nella testa.
Non pensare a niente, diveriti!                                   
Guarda che razza di ragazzo hai vicino, e tu ti preoccupi del resto?

Il mattino successivo mi alzai presto, forse verso le sei. Decisi di dare retta a quella stupida vocina, forse mi avrebbe aiutata a dimenticare. Tentar non nuoce, no? Uscii di casa, volevo far sorridere Luke.

                                                                                            ***

LUKE'S POV.

Avevo la faccia dolorante, un labbro spaccato ed ero pieno di lividi. La mia ragazza mi medicò, ma la situazione non migliorò molto, a dirla tutta. Andammo a letto tardi, io caddi immediatamente tra le braccia di morfeo, lei invece, non fece altro che singhiozzare e girarsi tutta notte.

Mi svegliai verso le nove, ancora tutto dolorante. Ai piedi del letto c'era un mazzo di rose... nere. Cioè, dipinte di nero.

"Le farfalle non possono vedere le loro ali. Loro non possono vedere quanto sono belle, ma tutti gli altri possono. Le persone sono farfalle.
Ecco, tu sei una farfalla."
   Questo diceva il bigliettino lì vicino. Era la prima volta che faceva qualcosa di... dolce. Scesi velocemente le scale, con le rose e il biglietto in mano. Sul tavolo della cucina c'era la colazione, un cd dei Nirvana, proprio quello che mi mancava, e un sacco di biglietti lì vicino.

"Ho detto no a mille occhi, pensando ai tuoi." 

"Sali nella mansarda." Lasciai tutto lì e seguii le indicazioni. Arrivato all'ultimo piano della mia casa, trovai la mia ragazza, nella mia mansarda, che indossava soltanto  una mia  felpa. Sorrise. Ma uno di quesi sorrisi maledettamente contagiosi e veri. In quel momento avrebbe potuto anche essere nuda, ma avrei guardato il suo sorriso. Okay, forse non solo quello, ma prima quello e poi il resto.

"Piaciute le rose?" disse ridendo.

"Sì... ma spiegami il nero."

"Il nero è il nostro colore... il nostro colore felice." E' vero, il nero era il nostro colore. Il nostro colore felice.  Con lei anche il nero era un colore felice. Persino il grigio, un colore che ho sempre odiato. Con lei anche questo di mondo era sopportabile.

"Devo ancora capire perché mi fai quest'effetto... sai, io non sono molto affettuoso, in generale. Ma, quando ti vidi per la prima volta, entrare a scuola, con  tuoi capelli naturali e quegli occhioni verdi che urlavano aiuta, capii. Capii, che ciò che mancava in me.. non era qualcosa, ma qualcuno. E quel qualcuno eri tu. Ci sei sempre stata, eri solo da incontrare." arrossii e arrossì anche lei. Sembravamo ancora i quattordicenni di qualche tempo fa, che si sarebbero vergognati a darsi anche un bacio a stampo. E guardate dove siamo ora. Ne abbiamo passate di tutti i colori, le ho fatto provare tutte le emozioni. Ed era ancora qui, lei restava, resta e resterà.

"Ti amo, lo sai, Elis?" storse la bocca, chiuse gli occhi e iniziò a sogghignare sotto ai baffi. Che non aveva, Hemmings, che ragionamenti fai?

"L'ho saputo dalla prima volta che ci siamo guardati."  le strinsi ancora una volta, come piaceva a lei, la mano. Elis mi alzò il mento con due dita e sussurrò "fai l'amore con me."

                                                                                          

Madness. || Luke Hemmings.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora