13.

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Spingo l'astuccio nello zaino e mentre lo squillo della campanella mi rimbomba nei timpani, la professoressa di latino mi sorride teneramente con gli occhi zaffiro dolce della mamma: deve aver notato che oggi, in classe, non ci sono nemmeno entrata.

"È tutto ok?"

Mi volto e Lucrezia è lì a fissarmi con le sue iridi giallo autunno, girandosi una ciocca di capelli tra le dita. Ha lo stesso sguardo di tutti gli altri: pietá, paura, ipocrisia a tratti.

"Tranquilla Crezia, è solo un accumulo di sonno arretrato."

"Capito." -finge, carezzandomi la spalla- "Se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, sappi che io e le altre siamo disponibili."

Annuisco e lei ritorna con la coda fra le gambe dalle arpie che si sono riunite in un angolo, a cerchio perfetto, in attesa di un responso. Così, non guardandosi nemmeno indietro, va a spifferare al gruppetto che Beatrice Rose ha avuto una di quelle giornate di merda e che, probabilmente, Samuele Santi è di nuovo in circolazione.

Tutte amiche, ve?
Almeno finchè sai sbatte le ciglia finte a tempo.
O fino a quanno non se vive sui gossip dell'artri.

Elena mi aspetta fuori dall'aula con la schiena al muro, le braccia conserte e gli occhi persi nelle piastrelle di granito. Lo zaino rosa epilessia le cade da una spalla, ciondolando come un calzino appeso sotto il sole, ma lei, ignara del viavai generale, non stacca gli occhi da terra.

"Giornata pesante?"

La mia voce pare spaventarla: salta sul posto, accomodandosi il peso sulle spalle.

"Meno di altre." -mi confida- "Strano, stamattina non ti ho vista entrare con Sam."

Arriccia il naso e sbircia con l'occhio lungo mentre camminiamo verso l'uscita: la luce del sole ci schiaffeggia la fronte.

Lo sai, ve'?

Sospiro ed Elena storce la bocca, rifiutandosi di guardarmi negli occhi mentre pronuncia le parole con l'aritmia di un robot.

"Ha gli occhi talmente rossi e le occhiaie cosí profonde che tutti bisbigliano che si sia fatto di coca."

Si ferma di fronte al solito cantuccio e lo guarda con malinconia, come si guarda un giocattolo vecchio che dobbiamo buttare quando siamo troppo grandi per tenerlo.

"Non volevo che andasse a finire così."

Scuote la testa come a dire e come volevi andasse a finire? e siede sulla panchina due passi più lá, prendendomi le mani tra le sue.

"L'hai lasciato, Bea?" -domanda con la lingua impastata- "Devo sapere se l'hai fatto."

"Ci siamo presi una pausa."

"Una pausa.." - ripete scettica- "Tu non l'hai visto Bea, é come.. é come se non si fosse mai svegliato."

Mi studia mentre la bocca assume una piega innaturale, segnata dal rimorso e dai sensi di colpa, e gli occhi si ricoprono d'una patina umida e strana.

Deve sentisse in colpa, Beatrì.
N't'avrebbe mai abbracciato se no.

"Ci siamo baciati." mi scappa detto.

"Il belloccio dal culo al bacio?"

"Mh-mh.." gongolo, mentre i ricordi bollenti si riavvolgono nella mia testa come la bobina di un film porno.

Le pizzico un braccio, mentre Samuele attraversa il cortile con lo zaino ciondolante sulla spalla. Ha la scarpa destra slacciata, i bottoni della camicia infilati nelle asole sbagliate e i capelli arruffati del mattino dopo aver fatto l'amore.

un bacio al tabacco. | måneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora