25. (Damiano)

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Ho sentito dire, il più delle volte, che le canzoni sono di chi le ascolta.

Non importa quanto sia lunga la lista dei compositori, metrici, autori, parolieri, perché le canzoni sono doni anonimi quando le si ascolta con il cuore pesante come il mio, o con quello leggero del Grillo e di Andrè che si passano una canna di fronte a suamaestàilColosseo. Hanno tutto un altro sapore se fanno surf sopra le mie gengive, rispetto a quelle del prossimo che passa davanti a 'sta panchina.

Le canzoni sono poesie travestite a festa che si squagliano in endovena come la peggiore delle cocaine di laboratorio. Sono le cicatrici che copriamo con uno strato pesante di fard, il cerotto alla nicotina che nascondiamo sotto la giacca per celare la dipendenza che ci rende schiavi d'una delle più pure espressioni umane di fragilità. Le canzoni sono dei deboli, dei ciacci che sanno comunicare solo per metafore, dei ladri e dei vigliacchi figli dei re.

"Damiá! Me stanno a cresce li funghi addosso, te voi dá na mossa?" -urla Andrea, giocando con il laccio dei pantaloni- "Quanto te ce vole co sto tabacco? Ce devi condí 'a pizza?"

Mi disincanto e mentre Leo mi guarda strano, prendo un pizzico di foglie rinsecchite e rimbocco per bene la cartina. La rollo veloce, ne bagno il contorno e passo il pacchetto di Camel Giallo al suo proprietario.

"Che c'hai l'appiccio?"

Il Grillo fa razzia delle tasche e mi lancia l'accendino della Magica, che gli restituisco subito.

"Me devi da dí quarcosa, Lellí?"

Lui alza le spalle e si passa una mano tra i capelli ebano, incurante dello sguardo stranito che continua a indirizzarmi. Chiude la zip del suo Napapijri verde militare, poi allarga le gambe e accomoda le braccia lungo lo schienale della panchina, poggiando la sigaretta tra le labbra mosce.

Andrea lo imita, alzando il volume della canzone che si amplifica dalle casse del suo nuovo iPhone: il Grillo socchiude gli occhi e comincia a balbettare il testo, scaldando pure il Colosseo.

"Un giorno, il mondo l'han fatto tondo, affinché tutto torni, anche se tu non torni." -prende fiato, inspirando fumo- "Il sole non lo fissi mai. Icaro, don't call me bae."

Icaro?
Sta a parlá de me sto ggenovese?

Ascolto Leo mangiarsi le parole come il pesto, quello che fa sua madre, con chili di pinoli e parmigiano: non é intonato, ma a me non frega niente.

Mica deve da fá 'r cantante, Damià.

"Avvertimi se soffri di vertigini, o spediscimi i reclami. Sui miei ciclamini ci cammini." -cicala, contemplando le luci giallo canarino degli archi del Colosseo- "Cambia stivali e bada al barman se ti parla di miei errori passati."

Ve ricordate quanno v'avevo detto che le canzoni de chi l'ascorta?

Perché sono io a soffrire di vertigini, stavolta: c'é sempre stata Vic a consolarmi, quando mi sporgevo dal suo balcone che svetta su Monteverde. C'era Vic e c'era Bea, che si divertiva tanto a prendermi in giro.

Voi fá er novo Mick Jagger e c'hai paura de du metri d'altezza? mi canzonava.

Quando ero sul suo, di balcone, dopo che avevamo fatto l'amore, il più delle volte se la rideva sotto i baffi e fingeva di volermi spingere contro la ringhiera. Poi mi abbracciava da dietro, mentre io poggiavo i gomiti sulla lastra di ferro verniciato, e mi baciava la schiena dove si disuniscono le scapole, bisbigliando che le sue labbra avrebbero fatto nascere due ali su quelle stesse ossa cave.

un bacio al tabacco. | måneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora