7.

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Ho i vestiti impregnati del suo profumo, la pelle che odora di colonia, il palato che emana un forte aroma di tabacco sulla lingua.

Fisso l'alone dei neon succedersi lungo il viale per non guardarlo: perché lo so, ormai ho imparato a conoscermi. Lo so che una volta osservato, non gli staccherò più gli occhi di dosso.

Sei così bello stasera, Lucifero.

Era bello mentre raccoglieva le chiavi da terra e io pretendevo di avercela con lui. Era bello nel locale, sotto la luce soffusa che disegnava i suoi zigomi come uno scalpello di Michelangelo. Era bello sul marciapiede, contro la ringhiera, immerso nel buio umido. Era bello su quella Vespa maledetta, io la sua Audrey Hepburn e lui il mio Gregory Peck. Era bello da far morire davanti al Colosseo, con la sigaretta tra le labbra e le mani sui fianchi, i polmoni pieni e gli occhi chiusi.

Gli occhi mi si fanno umidi al pensiero di Samuele e stringo i pugni, volendo tornare indietro nel tempo, a quando io e Damiano non ci frequentavamo ancora e non avevamo trovato il nostro equilibrio.

"Semo arrivati."

Apro gli occhi e la macchina è ferma, forse da diversi minuti. Mi giro verso il posto del guidatore, ma Damiano è già sceso dall'auto. Mi accompagna fino alla porta di casa e quando lo guardo tutti i muri crollano in polvere.

"Mi sono divertita stasera."

"Anch'io, Precisì."

Ha il trucco un po' sbavato che lascia intravedere le rughe ai lati degli occhi e la camicia sbottonata.

"Voglio chiederti scusa."

"E per cosa?"

"Ti avevo giudicato male, io.. Mi sono lasciata influenzare da una prima impressione."

Damiano si siede sugli scalini e mi dá la schiena aspettando che lo raggiunga.

"Beatrí, non me devi da chiede scusa popo de niente."

"Devo, invece."

Dimena la testa da destra a sinistra e quando si accorge che il freddo incomincia a farmi battere i denti, si sfila la giacca e la pioggia sopra le mie spalle.

Solo Sam aveva..
Meglio lasciá stá.

"Io só quello ch'é entrato dar portone de casa dell'amica tua, quello che guidava 'a Vespa stasera. Só quello, ma só anche questo. Ogni impressione che c'hai de me é qu'a ggiusta. Te sembreró 'n egoista illuso, 'no strafottente co'a faccia da schiaffi, te potró non piacé, ma saró sempre io." -dice, concedendosi una pausa- "Voglio esse libbero, almeno in sta vita da mortale der cazzo. Voglio sbagliá, voglio esse lo stronzo che crede de diventá 'na rockstar."

Lo guardo con perplessità e lui estrae una sigaretta, che deduco sia l'antidoto che lo aiuta a ragionare.

"Me só sentito vomitá addosso 'e peggio cose. Che n'avrei fatto gniente d'a vita mia, che me sarei perso, che dietro tutta sta fame ce sta solo 'a smania de soldi. Ci'o sai che dicono? Poro coglione, s'atteggia come se c'avesse quarcosa d'interessante da raccontá."

Si sfila il cappello e lo passa tra le mani, fin quando lo fermo e faccio correre il pollice contro il suo zigomo marcato.

Perché me fai da calamita, Damiá?
Devo solo statte lontano.

"Non sarò 'n vincente, ma só solo 'n ragazzo, cazzo. E quelli nun me cambieranno, non m'omologherò alla massa, non giocherò la parte der ragazzetto sbarbato, perché quello nun só io."

un bacio al tabacco. | måneskinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora