La tana del lupo

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Era un locale come altri.

Le pareti erano rivestite da magliette autografate da star del calcio britannico e alcune bandierine della Gran Bretagna pendevano dal soffitto, mentre alcune foto raffiguranti il proprietario con dei suoi amici occupavano una parete intera. Dietro il bancone, vigorosamente in legno scuro, c'erano ben tre scaffali pieni di qualunque tipo di alcolico vi venisse in mente.

Al fondo della stanza, un fuoco bello caldo scoppiettava in un camino in pietra.

Più che Bar, quello era un Pub.

La clientela che vi era all'interno, era composta per lo più da uomini in camicia a quadri in flanella. La restante parte erano coppiette o ragazzi di minimo vent'anni.

I ragazzi giovani, raggruppati tutti in uno stesso punto, saranno stati minimo una ventina se non di più, e continuavano ad osservare con occhio attento la porta d'ingresso, quasi come se stessero aspettando qualcosa.
O qualcuno.

Thomas e gli altri due, erano entrati nel locale con fare disinvolto, chiacchierando tra loro come vecchi amici.

Sonja stava arrivando, o per lo meno aveva detto così.

I tre ragazzi si erano seduti ad un tavolo non lontano dall'entrata, su un divanetto color rosso granata.

Alcuni minuti dopo, arrivarono contemporaneamente Alby e Sonja. Quest'ultima indossava un paio di jeans strappati sulle ginocchia e sopra, un maglioncino grigio.

Teneva i capelli legati nella sua solita treccia, eppure Thomas aveva notato qualcosa di diverso.

Sembrava molto agitata, difatti continuava a toccarsi le mani e spesso giochicchiava con una ciocca dei suoi capelli biondi.

Eppure quando incrociò lo sguardo del moro, il suo viso si illuminò.
«Ehi Thomas, come va? »
«Tutti bene, te invece? » Chiese lui, facendo un sorrisetto un po' sghembo cercando di ignorare le occhiate maliziose del suo amico asiatico.

«Me la cavo dai! » Rispose lei, tutta felice.
Ognuno prese posto e Alby, prontamente, si era seduto tra Minho e la sua sorellina.

Dovevate vedere la faccia delusa del moro.
Sembrava un bambino di appena due anni.

Ciascuno ordinò un calice di birra e, tanto per cambiare, Alby offrì a tutti un bell'hamburger provvisto di patatine fritte.

Allegramente, il gruppo stava chiacchierando quando però, iniziarono a spuntare domande sul conto di Thomas e Minho.

«Di dove avete detto che siete? » Chiese Harriet, pulendosi la schiuma della birra che le era rimasta sulle labbra.

«Chicago. » Rispose il moro con tono piatto.
«Wow! Mi hanno detto che è molto bella come città, mi piacerebbe visitarla un giorno... »
Il ragazzo sorrise vedendo Sonja sognare ad occhi aperti, era così tenera quasi come un gattino indifeso.

Quando i piatti arrivarono, Minho sembrò quasi un morto di fame visto che si ingozzò alla velocità della luce di patatine e hamburger.

Tutti, tranne Thomas, si erano stupiti dalla velocità del ragazzo nel mangiare. Il moro c'era abituato.

Il sole stava iniziando a calare e ormai si era fatta una certa ora; Minho era riuscito nell'intento che avevano avuto sin dall'inizio e dopo chissà quanti calici, il ragazzo asiatico era più brillo dell'ubriacone che dondolava per il marciapiede con il naso più rosso, della renna Rudolf.

Thomas aveva sempre retto bene gli alcolici, ecco perché era perfettamente sobrio a differenza invece, del ragazzo asiatico.

Erano appena usciti dal Pub e, decisi a non far terminare la serata lì, andarono nel parco a farsi due passi.

Sembrava tutto deserto e questo inquietava leggermente il povero Thomas, anche se al suo fianco la dolce Sonja faceva di tutto per tirarlo su.

Sembrava tutto procedere alla perfezione quando però, dei fari comparvero davanti a tutti loro.

Saranno stati una ventina, ed erano gli stessi ragazzi del locale.
Tutti in sella a delle moto tranne alcuni che erano su un furgoncino nero.

«Cisa volete da noi?! » Chiese Minho, non reggendosi quasi più in piedi.
Aveva preso per la spalla la sorella di Alby, spostando la dietro di sé così da farle da scudo.

Grosso errore visto che Harriet, sollevando la spalla, assestò una forte gomitata sul retro del cranio di Minho.

Il ragazzo cadde a terra svenuto e solo in quel momento, Thomas realizzò.

Aveva più di trenta pistole puntate contro, e tra tutte quelle persone, c'erano Sonja è Alby.

La prima era fredda, anche se nei suoi occhi si poteva scorgere una nota di pentimento.
Alby invece era in posizione eretta, schiena dritta, da ottimo soldato.

Essendo una spia, Thomas aveva sempre dietro una pistola, ma quando la cercò nelle sue tasche, non la trovò: la teneva in mano la dolce biondina che si era invece riveleta una traditrice.

Ed erano finiti dritti dritti, nella Tana del lupo.

Il moro dovette arrendersi.
Alzò le mani, così che potessero essere in vista e successivamente, due ragazzi alti e grossi come armadi, lo presero per le braccia.

Lo trascinarono di peso sul furgoncino, assieme al povero Minho, accasciato in un angolo svenuto.

Chiusero le portiere con un tonfo.

Thomas sospirò, portando poi indietro la testa.

Ora voi penserete: Diamine è stato preso, è costretto ad arrendersi!
Errato.

Prima che lo caricassero a bordo, lo avevano perquisito, togliendogli il cellulare e il bracciale in fili di corda che teneva al polso.
Sembrava tutto a posto.

Prima regola delle spie:
Mai essere impreparati.

E così aveva fatto Thomas.
Gli era rimasta ancora una cimice di Teresa e ognuna di queste, in caso d'emergenza, se distrutte mandavano un messaggio d'allarme al sistema da cui erano stati creati: il PC di Teresa.

Così fece il moro, e proprio in quel momento, il furgoncino svoltò talmente violentemente che gli fece sbattere la testa contro la parete.

Tutto divenne nero.

S. A.

Salve a tutti/e!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi avverto che tra poco arriverà il personaggio tanto atteso....

La Nonna Pina!!!
Non siate troppi felici altrimenti mi contagiate!

Detto questo, vi ricordo di colorare la stellina e se avete domande o critiche, scrivete pure nei commenti o in direct!

(sorry per gli erroracci)

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