Tu non sai chi è Armando Kadosh

148 6 0
                                    

Alessandra aveva sbattuto la porta della camera con una violenza inaudita, persino i vetri delle finestre avevano tremato di fronte al boato, era furiosa e incandescente come la lava di un vulcano in piena eruzione. Avrebbe voluto eclissarsi fino a scomparire, avrebbe dato tutto, e anche subito, pur di non restare incastrata in quel palazzo. L'arroganza di quell'uomo e il suo sentirsi superiore, la facevano trasalire dalla rabbia. 

"Inadatta, poco fine, maleducata...vai al diavolo Kadosh! Tu e le tue manie di grandezza! Tu e questo palazzo! Tu e quel cyborg di tuo...". Il rumore della porta, e l'arrivo di Armando, bloccarono il suo sfogo ad alta voce. 

"Figlio...immagino che stavi per dire quella parola". Armando chiuse la porta e mostrò la sua solita calma. 

"Sì, devi andare al diavolo anche tu! Anzi, soprattutto tu! Perchè è colpa tua se mi ritrovo qui, solo colpa tua. Ho voglia di mozzartela quella mano che ha pescato il mio nome, avevi tredici palline da pescare, perchè io? Perchè me? Perchè?". Alessandra si portava le mani vicino alle tempie contraendo con forza i nervi delle dita. 

"E' inutile sprecare energie dietro a domande di cui, almeno per adesso, non puoi averne la risposta. Il tutto si potrebbe riassumere con una parola di sette lettere: destino. E' questa l'unica chiave di lettura che possiedi adesso, piccola Lewis". Replicò Armando senza scomporsi minimamente. 

"Fanculo tu e il destino!". Alessandra usò un tono veramente rabbioso nel dirlo. 

"Potresti usare, per favore, un linguaggio meno colorito?". Le fece eco il marito. 

"E tu potresti arrabbiarti ogni tanto? Alterarti un pochino? Invece che stare lì, a fare lo stoccafisso congelato! Non sei normale Armando, non sei umano te ne rendi conto? Qualunque altro essere umano, di sesso maschile, l'avrebbe già presa a schiaffi la moglie se fosse al tuo posto...ma non tu, tu resti lì, fermo, impassibile, insensibile, incapace di avere qualunque reazione. Ti preoccupi di un linguaggio colorito, poco signorile, ma non del fatto che sembri un robot senza anima. Sei incredibile davvero! Sono qui da meno di due giorni e ho già voglia di prenderti a mazzate, solo per vedere se reagisci almeno al dolore!". I decibel della moglie arrivarono a toccare i picchi di una vera crisi di nervi. 

Armando fece uno scatto in avanti, e la bloccò, afferrandola per un braccio e stringendo la presa con forza. 

"Ahi", fu la reazione istintiva di Alessandra. 

"Tu non sai niente del perché sono così, non hai idea di cosa mi ha reso così, di cosa ho passato per essere così. Vuoi che mi arrabbi per forza? Che perdo il controllo dietro ai tuoi deliri? Non mi fai paura, piccola Lewis, vuoi prendermi a mazzate? Pensi che questo possa servire? Fai pure, io ho passato di peggio, credimi". Il volto era ancora apatico, ma non il tono di voce, che aveva assunto una tonalità leggermente rancorosa.

Armando lasciò la presa dal braccio della moglie e si ricompose la giacca scura. Alessandra lo guardava con aria sbigottita, non era passato inosservato, al suo udito, quel leggero cambio di voce del marito. Lo vide ricomporsi con tutta la sua classe raffinata, almeno in questo doveva essere onesta: suo marito era un uomo dai modi signorili, dall'atteggiamento elegante e aveva una classe difficile da incontrare ancora in giro. 

"Sei qui da meno di due giorni, come giustamente hai detto, siamo sposati da poco più di ventiquattro ore e pretendi già di conoscermi, senza poterti sbagliare sul mio conto. Come tutti gli altri: sei superficiale. Ti fermi solo a ciò che vedi e non vai oltre, difetto ormai diffuso ovunque. Bene, lascia che ti dia un'informazione tesoro: il fatto che non mostro quello che provo, non vuol dire che non provo nulla, ma solo che riesco a controllarlo. Non sono impulsivo come te, che diventi isterica fino a sembrare un gorilla impazzito". Le disse con tutta calma, ritornando nella sua solita tonalità di voce apatica. 

"Un gorilla cosa? Ma brutto str...", non finì la frase, preferì sostituirla con un oggetto preso a caso e scagliato contro quella figura che la faceva imbestialire. 

"Quella era una miniatura di un vaso cinese assai raro, Alessandra, ma è inutile che te lo faccia presente immagino". Gli rispose il marito senza scomporsi per l'accaduto e imbestialendola ancor di più.

"Guarda, sparisci eh, prima che ti tiri dietro l'intera camera da letto". Gli voltò le spalle per non vedere quell'espressione apatica che la mandava in bestia. 

"Devo comunque andare, ho una riunione che non posso rimandare. A proposito, mi dispiace se il viaggio di nozze, per il momento, dobbiamo rimandarlo. In queste settimane ho un appuntamento che proprio non posso disdire, perché lo aspetto da anni di incontrare quell'uomo". Armando stava già voltandosi per uscire dalla stanza, ma la voce di Alessandra lo deviò dalla sua intenzione. 

"Fallo da solo il viaggio di nozze!". 

"Alessandra...ok, vediamo se così capisci - si voltò verso la moglie e si tolse la giacca - credo che durante la notte eri troppo impegnata a guardarmi il davanti per accorgerti del dietro". 

"Cosa? Non ci provare eh? Non osare toccarmi e non pensare che te la cavi così facilmente, non è così che funzio... - Armando si sbottonò la camicia e la tirò giù dalle spalle voltandosi e lasciando sua moglie con la voce mozzata. 

Istintivamente Alessandra si portò una mano sulle labbra mentre il suo volto assumeva i lineamenti classici di chi prova orrore per ciò che sta vedendo. La schiena di Armando era piena di cicatrici, grandi e piccole, lunghe e larghe, di ogni forma si potesse imprimere. 

"Cosa hai fatto? Cosa ti è successo?", sussurrò Alessandra con un filo di voce mentre il marito si rigirava verso di lei sistemandosi di nuovo la camicia. 

Armando prese la giacca e si avvicinò alla porta:

"Ti lascio meditare su questa frase Alessandra: tu non sai chi sia Armando Kadosh, cioè me, tuo marito, ma soprattutto non hai idea di chi sia Alvaro Kadosh, tuo suocero. Ti consiglio di non lasciare la stanza per oggi e se proprio devi, o vuoi, farlo...ti lascio Paolo a disposizione, suona il campanello e lui verrà da te. A stasera piccola Lewis, ora devo proprio andare". 

"Armando aspetta, così mi spaventi cavolo". 

Si, era spaventata, quello che aveva visto non le piaceva affatto, troppo orrore su quella schiena e si chiedeva se Alvaro Kadosh c'entrasse qualcosa. 

La Rosa dei Nove FatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora