Squalo Vs Alvaro

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I passi di Armando risuonarono nell'atrio centrale del palazzo e seguendone il rumore, sul pavimento di marmo, si  intuiva chiaramente  che fosse diretto al piano superiore verso le sue stanze.
A fermare la sua salita sulla scalinata fu la voce di Paolo.
"Signore - Armando si voltò in automatico verso l'amico servo fermandosi - signore, mi scusi se la disturbo, poco prima di cena, ma - si fermò un attimo guardando Cecilia, la cuoca, che risaliva le scale dal seminterrato delle cucine, portandosi dietro altri due servi e tre sacchi di spazzatura - c'è un piccolo problema nel suo studio e mi scuso, sin da ora signore, del mio ritardo nell'accorgermi di questo",  si spostò come se volesse fargli strada verso lo studio e continuando a guardare Cecilia e la sua mole da bradipo. Armando, invece, la scrutò con la coda dell'occhio, capendo al volo che Paolo si sentiva privato dal parlargli liberamente.
"D'accordo, vediamo di che si tratta", discese dai due gradini che aveva salito e portandosi di fianco a Paolo, aspettò che questi gli facesse strada.
"Prego signore, dopo di lei, ci mancherebbe", rispose Paolo, proprio mentre Cecilia, e gli altri due servi che l'avevano aiutata, tornarono a sfilargli davanti.
Armando si incamminò seguito da Paolo, una volta entrati in studio, aspettò di udire il rumore della porta che si richiudeva alle sue spalle. Voltandosi verso Paolo domandò curioso:
"Allora, che sta succedendo?".
"Risalendo a palazzo dai garage, per fare prima, ho optato per l'entrata laterale - Paolo si avvicinò all'amico abbassando un po' il tono di voce, nonostante fossero soli non voleva comunque correre il rischio che qualcuno, passando, li udisse - nelle vicinanze del corridoio laterale sento una marea di passi che si dirigevano verso di me. Mi fermo Armando, perché in quella parte di corridoio transitano solo due schiere di persone: tuo padre quando va nel suo studio, o con Esmeralda o con qualche amico, o con qualcuno con cui deve concludere un affare...oppure qualche servo a cui è stato ordinato qualcosa da tuo padre. Quello è il suo territorio esclusivo, quindi curioso mi sono appostato all'angolo del corridoio e ho visto tuo padre entrare nel suo studio, seguito da tutti i secondi patriarchi della Rosa, tutti  tranne te e il signor Lewis". Nell'affermare l'ultima frase si portò le mani lungo i fianchi.
"Sta archittetando qualcosa quindi...", lo smorzamento soffocato della frase lasciava intuire la sua preoccupazione.
"Puoi scommetterci Armando e visto chi è l'unico assente non ci vuole molto a capire su chi converge l'argomento". Replicò Paolo sicuro.
"Vai nelle cucine e di alla servitù che io e la signora ceneremo in camera", ordinò Armando con un'autorità tale da renderlo alla vista molto sicuro di ciò che stava facendo, sembrava quasi che stesse seguendo un programma pianificato da molto tempo.
"Tuo padre darà in escandescenza se non cenerete in sala, come le sue disposizioni stabiliscono", rispose il servo che già intravedeva la guerriglia.
"Non credo che lo farà, sarà impegnato a pensare ad altro", si diresse verso la porta seguito dalla voce di Paolo.
"E tu dove stai andando?", domandò mostrandosi curioso e preoccupato allo stesso tempo.
"Ho una riunione a cui assistere, fai come ti ho detto, al resto ci penso io". Uscì dallo studio avendo come meta il raggiungere suo padre dall'altra parte del palazzo.
Lo squalo sente l'odore delle prede a distanza di chilometri e avverte l'odore del sangue che lo richiama verso l'istinto di attaccare prima degli altri. Alvaro si era prodigato troppo, negli anni precedenti, a rendere suo figlio uno squalo nel mondo degli affari. Armando mostrava la stessa freddezza e la stessa capacità di sferrare attacchi micidiali dello squalo in piena caccia; inoltre, come predatore degli affari, aveva sempre una fame insaziabile e una voglia di dimostrare agli altri che, nel mercato finanziario, era lui quello che sbranava per primo le prede. Ciò che Alvaro non aveva mai messo in conto era la probabilità che tale macchina umana da guerra gli si potesse rivoltare contro. Lo squalo in Armando si dirigeva verso lo studio della sua preda sanguinante, avvertiva lo stato di difficoltà, il suo stare male per non aver visto la realizzazione dei suoi desideri, e si avvicinava a quella stanza con la stessa fame di un predatore pronto a portarsi a casa il suo delizioso pasto.
Armando era abituato a sbranare e non a essere sbranato, Alvaro stava per rendersene conto e ignaro ancora del pericolo continuava a discorrere con gli amici sul problema da risolvere al più presto.
Armando si fermò davanti alla porta dello studio del padre, da predatore innato aspettava il momento giusto per colpire, nel frattempo prestò attenzione alle parole che udiva.
"Io credo Alvaro che le tue intenzioni siano le più onerevoli per aiutare tuo figlio a uscire fuori da questo pastrocchio, ma credo anche, che questa discussione, lo riguardi troppo per parlarne in sua assenza", il signor Balck, zio di Armando e cognato di Alvaro, disse la sua ai presenti.
"Armando, lo avete visto tutti al ricevimento, non sta bene in questo periodo. Deve riposare e per giunta in compagnia di una donna che lo sta distruggendo. Non ha mai avuto questi problemi, li ha ora perché deve continuamente badare alla goffaggine, e inadeguadezza, di quella mongolfiera che ha sposato. Conosco mio figlio amici miei, e so che si è reso conto dello sbaglio, so che sta cercando un modo per venirne fuori...vi chiedo solo di aiutarmi a farlo riemergere da quell'abisso in cui il matrimonio lo ha relegato". La voce del padre gli fece chiudere gli occhi, non sapeva distinguere cosa gli facesse più schifo in quel momento: se la capacità di recitare la parte del padre affranto e seriamente preoccupato per la salute del figlio; o l'innata scaltrezza di usare un malessere grave, come un attacco di panico, per incolpare l'unica persona innocente in quella storia: sua moglie.
"A proposito del ricevimento Alvaro, in quell'occasione Armando ha seriamente offeso l'onestà di mia figlia, pretendo delle scuse da parte sua, naturalmente quando starà meglio di salute", la voce arrogante di un senza palle come Nicola Koll lo fece scattare all'attacco.
Spalancò la porta dello studio facendoli voltare stupiti verso l'entrata.
"Io sto benissimo signor Koll e non intendo fare le scuse a nessuno, anzi credo che voi tutti dobbiate a me delle scuse, per essere qui a complottare su delle accuse inesistenti; e per quanto riguarda mia moglie, signor Koll, credo che quel manico di scopa di sua figlia dovrebbe inchinarsi di fronte ad Alessandra, farsi un mea culpa e rassegnarsi all'idea di dover gettare sul fuoco la lunga lista di desideri che aveva stilato al pensiero di poter spendere i miei soldi". Tutti lo guardarono con estrema sorpresa.
"Vi prego  di scusarlo, amici miei, come già detto, Armando non sta bene in questo periodo...è instabile e, a quanto pare, anche la sua educazione ne risente", Alvaro marcò l'ultima frase per intimorire il figlio e farlo desistere .
"Come già detto, io sto benissimo padre. Quello che prova instabilità sei solo tu e ti circondi dei tuoi amici, ben consapevole delle loro qualità da lacchè nei tuoi confronti, ma puoi usare il tuo dire con loro quanto vuoi, tra le vostre azioni e il vostro dire, troverai me ad aspettarti...se pensi che ti lascerò fare il buono e il cattivo tempo con mia moglie, come hai fatto in precedenza con mia madre, ti stai sbagliando...io sono quello che hai creato padre, tienilo a mente, prima che io decida di farti male sul serio", nel dirlo si voltò e, senza degnare gli altri di un solo sguardo, imperlato della sua apatica sicurezza, uscì dallo studio per andare da sua moglie.

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