Verso altri lidi...brivido

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Ci sono momenti nella vita che ti portano a ragionare e a riflettere. Istanti preziosi in cui si tirano le somme di ciò che hai fatto: quanto hai ottenuto e quanto hai perso, quale inesorabile risultato ottieni.
Alessandra era intenta, davanti al finestrone che dava sul cortile privato della sua stanza, a calcolare tale risultato finale. Per quanto si sforzasse nell'ammettere che Armando non costituiva l'incubo che aveva sempre immaginato, non riusciva a controllare quello stato di abbandono in cui riversava la sua anima. I suoi occhi castani, di un chiaro simile al guscio di una nocciola, fissavano l'acqua stagna che emergeva dal telone che copriva la piscina. Si sentiva affine a quella piccola quantità d'acqua che restava separata dalla marea sottostante. Sola,isolata come se fosse in esilio, come se non le fosse concesso il ricongiungersi con il resto dell'acqua sottostante al telone; allo stesso modo Alessandra avvertiva il confinamento in quelle mura, che la tenevano distante dalla vita che danzava fuori da quel palazzo, si sentiva immobile, stagna e scolorita agli occhi del mondo.
Armando uscì dal bagno sgrullandosi i capelli con un asciugamano e indossando un leggero accappatoio legato a malapena sui fianchi.
"Ho ordinato a Paolo di servire la cena in camera. Ho discusso con mio padre e non ho proprio voglia di vederlo oltre stasera", si avvicinò al letto intento ad asciugarsi addosso.
Alessandra non rispose e non proferì mossa alcuna, rimase fissa a guardare il nulla davanti a sé. Armando, nel vederla cosi pensierosa, lasciò cadere l'asciugamano sul letto e, portandosi dietro di lei, allungò le mani sui fianchi della moglie per abbracciarla da dietro.
"Cosa ti porta così distante da qui?", le baciò subito dopo il collo chinandosi e sprofondando mezzo volto nella morbida chioma rossiccia della moglie.
Alessandra chiuse gli occhi, ma non si lasciò invadere da quel tenero abbraccio. Più volte, in quei mesi, si era domandata  cosa la facesse restare immobile a guardare il tempo scorrere e,alla fine, si era arresa all'evidenza che fosse Armando il motivo di tutto. Per questi piccoli, a tratti impercettibili, momenti in cui lui mostrava di avere un cuore pulsante, anche se ben nascosto alla vista altrui e alla sua. Alessandra però riusciva a scovarlo in quegli attimi, a ogni contatto fisico che lui portava a compimento. Istanti brevi e rari:  da quando si erano sposati erano  riconducibili al contarli con  una mano, ma proprio perché così rari divennero come una droga per lei. Se ne cibava a ogni occasione, ben consapevole dell'illusione che vi albergava: il sentirsi amati finalmente.
Vuole solo portarti a letto per l'ennesima volta, sei solo una cretina se pensi davvero che possa amarti...
Si ripeteva per fuggire da quella miscela esplosiva che il tocco di lui sapeva donarle. Ma ogni tentativo fu vano...dopo tanto odio, disprezzo, con tutte le prese in giro che le erano piovute addosso, l'aspettare un nuovo istante le sembrò impossibile, quindi mandò giù il boccone del cattivo umore e rispose  al marito.
"Niente, non c'è niente che mi tiene distante, ero solo presa dal paesaggio". Rispose abbassando leggermente gli occhi.
"Vorrei che ti sentissi libera di parlare Alessandra, non ti giudicherò se tu lo farai, ma se c'è qualcosa che ti disturba vorrei saperlo", nel dirlo si portò davanti a lei.
Il distacco fisico, il non sentirlo più vicino, destò Alessandra dalle sue illusioni e il suo istinto non tardò a mostrarsi.
"Hai un bel coraggio a chiedermelo sai? Ma del resto, la faccia tosta è un classico per voi Kadosh, fate sempre domande di cui già conoscete le risposte, ma vi sentite talmente immortali e superiori, che deliziare gli altri sull'illusione di informarvi, vi fa sentire onnipotenti! Davvero mi chiedi cosa non va? Vediamo: tanto per iniziare, passo tutto il giorno, da quando ci siamo sposati, dentro queste quattro mura...siamo andati a un ricevimento ed è scoppiato il finimondo...esco da questa stanza solo per la colazione e i pasti...la mattina scendiamo e assaporare  un cappuccino, o mangiare una brioche, con quel muso lungo di tuo padre, che mi posa gli occhi addosso solo per mostrarmi il suo disprezzo, che mi guarda come se fossi un rifiuto urbano, non è il massimo per iniziare una giornata...l'unico vantaggio della colazione è che sei presente, quindi Mr Sto Cavolo tace, si limita solo a fare le smorfie di disgusto ogni volta che disgraziatamente i miei occhi incrociano i suoi; tu esci alle otto del mattino e torni alle sei del pomeriggio Armando...vuoi che ti dica come si svolge il pranzo? I primi giorni, quei poveri santi dei tuoi nonni, per farmi sentire l'ambiente meno ostile, cercavano di intavolare un minimo di argomentazione, ma tuo padre riusciva sempre a trasformare tutto in polemica e, nel farlo, rimarcava sempre quanto la mia etica lasci a desiderare...alla fine, poverini, hanno desistito...ora c'è un silenzio abissale, interrotto a tratti dai colpetti di tosse che tuo padre mette in atto ogniqualvolta che commetto, a detta della sua testa malata, qualche scorretezza...ieri a pranzo, mi sono distratta e mi sono versata l'acqua da sola...apriti cielo! Per quanto ha tossito e sbuffato in modo seccato, e per come mi guardava sembrava che io avessi appena affogato qualcuno in quel cavolo di bicchiere...ha sbattuto con forza le posate sul tavolo come se avessi confessato di aver dato fuoco alla Cappella Sistina...poi torno qui, murata viva, circondata dal nulla a fare niente, se non fosse per il fatto, che tuo padre, non contento di avermi scassato le palle durante il pranzo, perché gli interessa più sbranare me che mangiarsi quel fottuto piatto che gli hanno servito davanti, si mette a passeggiare a tratti lungo il corridoio, dando voce ai suoi pensieri...ah finirà la pacchia, altro che se finirà...tranne oggi, ah beh oggi volevo quasi uscire a battergli le mani per l'originalità, infatti è passato qui davanti dicendo: prenderai una botta tale tra un po', che quel grasso in più che hai, lo perderai in una volta sola! Ma sta ben lontano da questa porta, con i siuoi pensieri del cactus, dopo le cinque e mezza, perché sa che stai rientrando...ed eccoti, arrivi sempre alle sei come se avessi un orologio infilato nel corpo...entri in camera, mi saluti, ti spogli e vai a grocciolarti sotto l'acqua della doccia, o peggio, ti rilassi coccolato dall'idromassaggio, come se ci fossi stato tu qui a combattere con quel pazzo di tuo padre e se non fosse per la domanda del cazzo che hai avuto il coraggio di farmi poco fa, ora saresti già davanti allo specchio, come un perfetto automa che fa sempre le stesse cose, a sistermarti la cravatta per scendere a cena!", non riuscì più a trattenersi e sputò a raffica tutto il veleno accumulato in quei mesi.
Armando non si scompose più di tanto, come del resto rientrava nel suo stile, si limitò a guardarla e con la sua solita voce pacata le disse:
"Però...è un niente che ha il suo perché...il brutto è che non posso darti torto, anzi ci stavo pensando già da un po' a staccare la spina per un periodo di tempo. Capisco la pressione e tutto il resto Alessandra, conosco mio padre meglio di te e so che è duro a morire e che non accetta le sconfitte". Cercò di afferrarle le mani, ma lei scattò all'indietro negandogliele".
"Se lo sai, allora fai qualcosa prima che io dia di matto e lo prenda a calci nelle palle!". Era andata proprio fuori di sè.
Armando si avvicinò al citofono della servitù e suonò, poco dopo Paolo bussò alla porta per poi entrare nella stanza.
"Desidera signore?".
"Prepara la macchina sportiva, annulla l'ordine per la cena, io e la signora usciamo e considerati libero fino a quando che non torniamo".
Paolo lo guardò un attimo sbalordito, ma l'etica del momento lo riportò all'obbedienza.
"Come lei desidera signore". E uscì per portare a termine gli ordini.
"Fammi capire, io mi lamento e tu vuoi uscire? Ti avverto Armando, che una semplice cena fuori non basta per farmi digerire oltre". Replicò Alessandra.
"Hai mai visto la bellezza del mondo che si estende sotto i tuoi piedi dalla cima della Torre Eiffel? Hai mai sentito la melodia sublime dell'orchestra di Vienna? E quanto sia maestoso l'Everest? O i colori accesi di una Amsterdam? La modernità di una stupenda Pechino? O la vita frenetica di una New York? Il ponte di Brooklyn? Le spiagge calde di Miami? L'allegria dei brasiliani? O il fascino dei Sioux?" , la guardò seriamente in volto per vederne le sfumature che vi prendevano vita.
"Sei impazzito per caso? Lo stai dicendo come se usciti di qui dovessimo fare il giro del mondo invece che una cena". Replicò Alessandra sentendosi un po' presa in giro.
"Niente e nessuno può impedirci di farlo Alessandra...ti senti in trappola, quello che non sai, o ancora non hai compreso, è che sono un prigioniero quanto te, seppur apparentemente libero...abbiamo lo stesso carceriere, seppur diverse le catene con cui ci tiene fermi...ma lui può condizionarci qui, mentre altrove non può sfiorarci...vuoi uscire per una cena? Usciamo e ceniamo. Vuoi partire per Parigi? Londra? San Paolo? Pine Ridge? Facciamolo! Abbiamo bisogno entrambi di staccare le radici da questo palazzo".  La prese di nuovo tra le braccia.
"Vorrei una vita più semplice Armando, più a portata di mano...vorrei che ci fossimo solo noi due...e che sparisse tutto il resto". Si lasciò andare provando una voglia infinita di piangere.
"Lo psicologo ha detto che devo lasciarmi andare alle sensazioni...io dico di iniziare da Parigi...poi il resto lo decideremo strada facendo".
Il pensiero di quel viaggio pazzesco la stuzzicava, almeno per quanto le sembrava irreale.
"Ma è una pazzia Armando e poi come fai con il lavoro, la Rosa...".
"Il lavoro...beh, sono io il proprietario di me stesso e se mi stacco dalla borsa, e dagli affari per un po', non rischio certo di morir di fame, come ben sai...la Rosa, siamo una nuova famiglia, anche se all'interno di un'altra, ma saprai di certo che la Rosa impone la presenza ai ricevimenti solo alle famiglie con eredi pronti per il matrimonio, quindi possiamo largamente saltare i ricevimenti vari...e la pazzia... - si sforzò di dirlo volendo che le arrivasse il messaggio - ho letto una volta che solo l'amore rende realizzabile la più folle delle pazzie...ho bisogno di tranquillità quanto te Alessandra, ho bisogno quanto te di respirare aria semplice, di vedere il mondo là fuori cosa ha da offrire...ho bisogno di averti accanto, ho bisogno di sentirti mia...davvero mia". E si chinò a baciarla provando un oceano di sensazioni nuove nel vederla allungare le braccia fino a seppellire la sua testa in quell'abbraccio passionale.
"Armando...solo io e te vero?". Domandò mentre si sentiva coccolata in quei pettorali su cui poggiava la testa.
"Mando in ferie Paolo e fanculo tutto il resto...una settimana, due,tre,qualche mese, o un anno intero, magari due...ma io e te, e nessun altro...solo così, riusciremo a capire realmente chi siamo e dove vogliamo andare".
Lei lo strinse forte e lo baciò con più avidità di prima. In un attimo, come se non ci fosse una macchina ad aspettarli, la veste da camera di Alessandra volò ai piedi del camino, mentre l'accappatoio di Armando provò il vorticoso volo verso il pavimento. Non vi erano più mura, né avvertirono la durezza del marmo...Parigi, Londra, New York  sembravano posti comuni con nulla di speciale; la vera bellezza ce l'avevano davanti, e con mani ansiose la palpavano con avidità e desiderio...e, alla fine, travolti dal piacere raggiunto, rimasero immobili, con il fiatone del piacere, il sudore dell'aver dato tutto, ma abbracciati e diretti già  verso altri lidi.
"Pechino, Armando...vorrei vedere Pechino" disse Alessandra con la voce smorzata dal piacere e dall'impeto con cui avevano fatto l'amore.
"E sia Pechino allora...ti porto ovunque, basta che resti con me".


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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 23, 2019 ⏰

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