Intrighi di palazzo

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Alessandra rimase chiusa in camera tutto il dì, la sera volgeva la sua penombra nella campagna lasciando il sole al dolce riposo tra il rosso del cielo, quando fu colta di nuovo dalla curiosità. Non era scesa a fare colazione, neanche ci pensò a farlo per il pranzo, semplicemente aveva ordinato a Melina di servirla in camera. Tutto questo per evitare di incontrare suo suocero che, da buon avvoltoio, come la vedeva sviolinava tutta la serie di difetti che ravvedeva in lei. 

Nel restare in camera, però, dovette fare una guerra infinita con sé stessa: quel diario, che aveva scorto nel comodino di Armando, aveva assunto un'aria assai attraente. Le distrazioni che si era concesse volgevano al termine, non sapeva più che pesci pigliare per stare lontano dalla voglia di leggerlo. 

Non lo facevo tipo da diario...pensò guardando per l'ennesima volta il cassetto che lo custodiva, chissà cosa ci avrà scritto? Cercò di fare mente locale. Erano sposati da poche settimane e non aveva il minimo ricordo di Armando che scriveva, eppure quel diario era lì a dimostrare il contrario. 

Non potendo più resistere, aprì il cassetto e lo prese. La copertina morbida sembrava velluto al contatto con la pelle delle sue mani. Le fattezze e i contorni dorati gli imprimevano sembianze antiche e quella tonalità di rosato antico si intonava con il resto della camera, ma non di certo con le fattezze di un uomo. 

Lo aprì a caso, nel mezzo delle pagine scritte a mano, la calligrafia era delicata e regolare, piccola e precisa: si leggeva benissimo. 

Sono esausta, stento a riconoscermi, ormai rabbrividisco a ogni passo che sento lungo il corridoio. Dentro queste quattro mura, circondata dalla desolazione, mi sento più morta che viva. Il mio non è un matrimonio, ma una prigione dove è legale la tortura, l'annientamento del detenuto. Alvaro si comporta sempre peggio, deciso nel raggiungere il suo obiettivo, non attenua le sue spire intorno alla mia anima. Sono di  troppo e gli servo solo, da me desidera solo una cosa: un erede, per il resto gli basta Esmeralda. Quella strega, che ben si adegua al maschio che ha scelto come amante, lo manipola a suo piacimento. Intanto resto qui, chiusa per non vedere e non sentire, lontana da loro e in attesa dell'ennesimo verdetto. Sarà maschio o femmina? Per me non farebbe nessuna differenza, purtroppo per Alvaro sì. Tremo al solo pensiero che possa essere di nuovo una femmina, vorrei scappare ma sono sorvegliata a vista, se fosse di nuovo femmina mi toccherà subire di nuovo l'ingiusta condizione di rinunciarvi...basta non ce la faccio più! 

Alessandra lo chiuse di scatto per non leggervi oltre. 

"E' il diario di Caterina, no di Armando, sono le memorie di sua madre", disse sottovoce e con le mani tremanti. 

***

Nel suo ufficio, al piano terra nell'ala sinistra del palazzo, Alvaro Kadosh conversava con Esmeralda Van in Koll. 

"La decisione di Armando è stata proprio fuori luogo", disse lei con tono quasi seccato al suo amante di sempre. 

"Decisamente", replicò Alvaro avvicinandosi a lei. 

"Come pensi di rimediare a tale comportamento?", gli domandò curiosa. 

"Nessuno, meglio di me e te, è al corrente che ci sono diversi modi per liberarti di qualcuno che risulta scomodo". Apostrofò con certezza Alvaro. 

"Devi stare attento Alvaro, una moglie che fa una brutta fine è un conto, due invece creano dei sospetti. Devi studiare per bene il piano, per evitare inconvenienti pesanti. Tuo figlio non è più un bambino e ne abbiamo avuto prova". Ribatté lei preoccupata. 

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