All'ombra della vecchia quercia

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Armando uscì dalla clinica due giorni dopo il focoso incontro con sua moglie; questa, era andata a trovarlo regolarmente e sempre sfuggendo ad Alvaro grazie alle raccomandazioni di Paolo. Quest'ultimo era contento di rivedere Armando a palazzo e, ancor più felice lo rendeva l'idea di recarsi alla vecchia quercia.
Camminava lungo il vialetto, che dal cancello pricipale del palazzo si inalberava lungo una collinetta alla sinistra del parco interno di proprietà Kadosh, e puntava lo sguardo verso la maestosa quercia secolare in cima alla collina.
Il verde intenso e scuro della chioma, a tratti schiarito dai raggi solari, si inalzava nell'azzurro del cielo nascondendo alla vista le fitte ramificazioni della quercia. In cima a quella collina sembrava un guardiano maestoso e pacifico, un testimone oculare del tempo che vi era scorto ai suoi piedi. Di eventi, banchetti, ricevimenti e storie ne aveva viste tante, ma se la quercia avesse potuto dire la sua in merito, avrebbe di certo ricordato al mondo la bellezza dell'amicizia che aveva visto nascere in quel prato e che si era radificata in quell'angolo di pace come lei stessa aveva fatto.
Racconterebbe dei due bambini, che tenuti lontani per via di un estrazione sociale diversa, si rifugiavano ai suoi piedi, nascondendosi dietro all'enorme tronco dal resto del mondo. Direbbe delle innumerevoli storie a cui davano vita, usando le sue radici come strada di una città misteriosa da attraversare, oppure di come esse si trasformavano in mura di un castello da espugnare; di certo, avrebbe ben custodito le confidenze che si facevano come se fossero un tesoro di cui solo lei fosse a conoscenza; ben fiera avrebbe detto di come li ha visti crescere, tappa dopo tappa, fino all'età adulta e di come, nonostante gli anni continuassero a scorrere, lei sola rimaneva la testimone di quella straordinaria amicizia.
Paolo era quasi arrivato in cima alla collina e gli venne da sorridere nel vedere una piccola nube di fumo che si dimenava in aria a partire da dietro il tronco: Armando lo stava già aspettando.
"E io che pensavo di arrivare per primo...", disse portandosi dietro all'enorme fusto.
Armando alzò gli occhi verso l'amico e sbuffò fumo dalla bocca. Paolo si mise seduto vicino al suo amico speciale.
"Vuoi?", chiese Armando portando la sigaretta fatta a mano sotto gli occhi di Paolo.
"Incominciamo bene la convalescenza, dovresti smettere di fumare proprio e invece ti fai una canna?", replicò in risposta a quell'offerta.
"Ho bisogno di rilassarmi un po' più del dovuto", rispose Armando facendo fronte alla piccola critica dell'amico.
"Per riuscire a farlo seriamente, ti basterebbe mandare a fanculo, in via definitiva e del tutto, tuo padre", rispose un po' alterato, ma convinto Paolo.
"È quello che farò a tempo debito, ma quanto me sai che non è ancora il momento ".
Paolo si girò con il volto a guardarlo e lo vide fissare l'orizzonte con l'espressione persa nel primo accenno del tramonto.
"Sono convinto che tua madre, se fosse qui, non si preoccuperebbe della vendetta contro Alvaro, ma della tua salute, che sta vacillando un po' troppo negli ultimi tempi. Per come la ricordo, ora si sarebbe dedicata a far funzionare il tuo matrimonio...quanto credi che possa resistere Alessandra in questo status di cose?". Domandò Paolo posando una mano sull'erba.
"Con la pazienza che ha credo poco, inoltre, la sua vitalità la rende prigioniera tra quelle mura, è troppo impulsiva, ed esuberante, per stare chiusa in camera tutto il giorno cercando di evitare mio padre".
"È vero, in questi giorni che sei stato in clinica, quando la portavo a trovarti,in macchina guardava avidamente ogni angolo di strada, le manca il poter uscire, anche solo nel parco per fare una passeggiata". Rispose Paolo confermando la tesi dell'amico.
"Le manca la libertà, come tutti noi altri del resto, siamo tutti un po' prigionieri in questo palazzo, ma le cose cambieranno è solo questione di tempo, ormai", rispose Armando voltandosi a sua volta verso l'amico di sempre.
"Un tempo che sembra fuggire lontano da te per via della tua salute, la quale dovrebbe avere la priorità su qualsiasi altra cosa. Dammi retta Armando, almeno questa volta, lascia stare la vendetta contro tuo padre. Concentrati su te stesso e sul tuo matrimonio". Paolo usò un tono amorevole e molto persuasivo, mostrandosi davvero mostrandosi davvero in ansia per Armando.
"A tale proposito devi contattare la fattoria e devi far presente che andrò presto a fargli visita", replicò Armando alzandosi in piedi e sgrullandosi i pantaloni dall'erba.
"Vuoi andare alla fattoria? Armando dovresti riposare, in finale hai tempo per pensare a queste cose". Paolo proprio non si capacitava del comportamento assunto dall'amico.
"So che ti rimane difficile crederci, ma è proprio quello che ho intenzione di fare... ma capirai tutto al momento giusto e sarai l'unico a sapere realmente le mie intenzioni. A te affiderei la mia stessa vita e anche quella di mia moglie, Ora però sarà meglio rientrare a palazzo, prima che mio padre si renda conto che siamo spariti. È meglio non attirare le sue attenzioni su di noi perché il nostro campo di azione si ridurrebbe di molto". Disse all'amico dandogli una leggera pacca sulla spalla e incamminandosi per primo lungo il viale che li conduceva a palazzo.
Paolo lo seguì con lo sguardo, rimanendo in piedi vicino alla quercia con una mano appoggiata sul tronco e avrebbe dato tutto l'oro del mondo per capire cosa frullasse nella testa del suo amico padrone.


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