Quel bambino che rideva con la mamma...

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Alessandra era stata tutto il giorno appollaiata sul divano, davanti al tiepido camino acceso e aveva torturato il paziente Paolo con i continui stuzzichini che si era fatta portare in camera. Non era scesa per il pranzo e sperava che Armando tornasse in tempo per la cena. Aveva fatto esattamente quello che lui le aveva chiesto: non era uscita dalla sua stanza. Sola e pensierosa, sì, aveva riflettuto su quella frase e su quello che il marito le aveva fatto vedere. 

Quelle cicatrici le erano rimaste impresse nella testa come se la sua memoria fosse dotata di fotocamera istantanea e avesse scattato una chiara e limpida foto della schiena di Armando. Aveva rimuginato e ripensato a quella frase: tu non sai chi sia Armando Kadosh, ma soprattutto non sai chi è Alvaro Kadosh...che voleva dire? Che il padre c'entra qualcosa in quell'orrore? Che ne è l'artefice? Oppure no? Magari conosce chi lo ha ridotto così? C'entra qualcosa? Ah...Armando mi terrorizzi e poi sparisci...ho il lavoro, non posso rimandare, devo andare...e io? Resto qui, come una cretina terrorizzata e penso a tutte le possibili paranoie del caso, sarò anche bambina, a volte, ma tu sei stronzo, lasciatelo dire, almeno nei pensieri! Così non ti scandalizzi del mio linguaggio colorito. 

La compagnia di questi pensieri non l'avevano lasciata mai in quella giornata, neanche in quel momento che stava sgranocchiando un tocco di cioccolata fondente enorme e dura da spaccare i denti. I suoi occhi nocciola si posarono su una cornice, appoggiata al tavolino basso di fianco al divano, vi era impressa, in una foto, una  donna e un bambino. Due sorrisi smaglianti e un'assomiglianza incredibile tra i loro volti. Si alzò con la schiena e la prese tra le mani. 

E' Armando questo...incredibile. 

Sì, le suonava incredibile, mai avrebbe immaginato che Armando, seppur bambino in quella foto, potesse aver fatto sorrisi del genere nella sua vita, sarà che da adulto sembrava quasi allergico a quella facoltà. 

Quindi questa è...Caterina Black, sua madre. 

Pensò Alessandra mentre con gli occhi scrutava quel volto felice e radioso. La porta della stanza si aprì e Armando la trovò ancora intenta a osservare il volto della donna. 

"Buonasera Alessandra", cercò di non farle capire che aveva notato la foto che aveva in mano. 

"Ah, bentornato, è tutto il giorno che ti aspetto. E' tua madre questa donna?". Domandò senza starci tanto a pensare e mostrandogli la foto. 

"Sì, è lei. Ma mi aspettavi? Questa è bella devo dire". Cercò di cambiare discorso. 

"Vi assomigliate molto, devo dire, gli occhi sono proprio identici, ma anche i lineamenti eh, cioè anche un cieco capirebbe che siete madre e figlio". Nel dirlo non staccò mai gli occhi dalla foto. 

"Eravamo...e perchè mi aspettavi?". Di nuovo cercò di spostare l'attenzione della moglie su un altro argomento. 

"Ah beh, vorrei vedere, me lo domandi pure? Ti sei eclissato dopo avermi lasciato con un incubo stampato in testa e a penzoloni su una frase misteriosa. E' tutto il giorno che ci penso, tra un pezzo di cioccolata e qualche spuntino qua e là". Rispose senza indugi. 

"Ah, quindi hai riflettuto, bene". Armando si avvicinò al tavolinetto delle bevande e incominciò a versarsi da bere. 

"Ne vuoi un po'? E' whisky, oppure preferisci qualcos'altro? C'è un po' di tutto qui...una crema di whisky forse?". Le domandò indicandole il tavolino. 

"No, grazie. Ci manca solo che bevo, sono astemia per la maggiore. Mi vuoi spiegare perchè qui hai un sorriso gigante, visto che, oggi come oggi, è praticamente impossibile vederti anche solo accennare a un lieve sorriso?". Andò dritta al punto. 

La Rosa dei Nove FatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora