Capitolo 24

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A 15 anni scoprì cosa fosse il vero dolore. Quando mi chiamarono per darmi la notizia non ci volli creder. Corsi all'ospedale per poterlo vedere l'ultima volta, la sua pelle era ghiacciata eccetto nelle tempie, elle erano ancora accaldate, a sentire quel calore mi venne in mente quella volta nella quale lui stava male, aveva la febbre ed io gli rifilano tanti baci sulle tempie per fargli passare quel dolore. I suoi occhi erano ancora aperti, i suoi occhi di quel colore così bello stavano pian piano infossandosi e decisi di chiuderglieli. La mia mano tremolante si attorciglio' attorno alla sua in modo delicato, anch'essa era fredda.

-Maiki Maiki, cosa mi combini? Io e te.... io e te dovevamo fare ancora tante cose, lo sai...- iniziai a singhiozzare - non dovevi andar via così e lasciarmi qui proprio adesso Maiki, torna perfavore torna!-. Il mio nervoso era salito alle stelle, Maiki non aveva il diritto di lasciarmi sola perché io avevo bisogno di lui. Iniziai ad agitarmi, il mio corpo tremava, le voci erano esterne e la mia vista pian piano s'appannava fino a che i miei occhi si chiusero e le voci intorno a me sparirono del tutto.

-Fiorellino, finalmente ti sei svegliata mi hai fatta preoccupare.- trovai Carlo al mio fianco, ero su uno scomodo letto d'ospedale con una flebo attaccata al braccio.

-C-ciao Ca..- le mie labbra intorpidite parlavano cautamente e non so cosa nella mia testa mi implorava di lasciar Carlo perché mi avrebbe ancora fatto del male, ma ignorante di ciò non l'ascoltai. -Portami po portami via p perfavore..- -Certo fiorellino, tutto per te!-

Fuori dall'ospedale faceva caldo, così arrivati nella nuova macchina di Carlo accesi l'aria condizionata.

-Che cazzo fai?-

-Ho caldo così ho acceso l'aria condizionata.- la mia voce era intimidita dalla sua aggressiva e prepotente.

-Non devi toccare un cazzo qui dentro, mi hai capito?- sentenziò, i suoi occhi erano più grandi del solito, le sue nocche erano bianche dalla forza immessa nello stringere il volante, la mia paura era reale e forte, mi stava mangiando.

-Mi devo rispondere Marissa, hai capito o no?- mi scese una lacrima lenta sulla guancia, lui mi guardò e fermò la macchina, scese da essa, venne dalla parte della mia portiera, la aprì e con tutta la forza che aveva mi prese dal braccio e mi buttò giù dalla macchina. Uno schiaffo -Tu mi ascolti quando parlo!-. Un calcio - Brutta stupida mi ascolti e mi rispondi-. Con brutalità mi alza in piedi, mi tira un pugno e mi infila in macchina. Perchè proprio a me? Cosa avevo fatto di male? Carlo mi faceva star male ma c'era qualcosa più forte del dolore che mi legava a lui, mi sentivo protetta quando lui imponeva potenza su di me, preferivo che le mani a picchiarmi erano le sue piuttosto che quelle di chissà chi altro.

Danzeremo a luci spenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora