Capitolo 30

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Quando esco dal bagno, Ryan ha già incominciato a verniciare la parete che fino a poco fa era nascosta dall'armadio

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Quando esco dal bagno, Ryan ha già incominciato a verniciare la parete che fino a poco fa era nascosta dall'armadio.
《Sei molto versatile, Parker.》
《Se stai cercando di adularmi, hai iniziato bene.》
Rido e impugno il mio rullo, aspettando che la pittura in eccesso scivoli via. Stavolta non mi faccio fregare. 《Come hai imparato a pitturare?》 domando dandogli le spalle, visto che il muro di cui mi sto occupando è parallelo al suo.
《Mio padre》, risponde, gelido come un pezzo di ghiaccio. Il che tradotto in parole povere significa: "Taglia corto e non fare domande".
《Avete ritinteggiato casa insieme, qualche volta?》 insito, fingendo di non percepire la sua avversione.
《No.》
《Allora come hai imparato?》
《Non puoi chiudere il becco e lavorare in silenzio?》
《Posso, ma non voglio.》 Ruoto la schiena, perché percepisco che mi sta fissando e sforno un mega sorrisone. 《Dimmelo, dimmelo, dimmelo, dimmelo》, persevero in una cantilena senza fine.
《Cristo, va bene!》 Ferma i lavori. Sospira. 《Mio padre lavorava nel settore ferroviario, ma era anche conosciuto come pittore locale. Non uno di quelli che ti dipinge casa, lui era un artista, perlomeno così si definiva. A casa avevamo dei libri d'arte. Io non sapevo ancora leggere, ma sfogliavo quei libri pieni di immagini tratte dalle opere di Rembrandt, Dalì,Toulouse-Lautrec, Frida; e tra quelle pagine speravo sempre di trovarci anche quelle di Christopher Parker.》 Si osserva la punta dei piedi per tutto il tempo. 《Quando ero troppo piccolo per accorgermi della cruda realtà che mi circondava, veneravo mio padre. Lui era il mio eroe, come lo è ogni padre per il proprio bambino. Ero capace di soffermarmi per delle ore intere a osservare le sue mani che si muovevano sopra una tela o un vecchio vaso di ceramica. Dipingeva su tutto, per passione e un pò per arrotondare. Un giorno, qualcuno aveva imbrattato con vernice spray una delle pareti della stazione ferroviaria dove lavorava, e mio padre si era proposto di rimediare al danno con un murale. Volevo aiutarlo, così mi ha portato con sé. Non riuscivo a credere a quello che avevamo creato insieme. Era la cosa più bella che avessi mai visto, più bella persino di quei libri. Dovevo avere un murale identico anche nella mia camera.》 Si prende una pausa, perso nei fantasmi del passato che si tiene stretto addosso. Gli chiederei cosa c'era rappresentato in quel murale, ma c'è un bagliore angosciante sul suo volto, un composto di sdegno e sofferenza, che smorzerebbe l'entusiasmo a chiunque. 《Siamo andati dal ferramenta e non per comprare delle semplici bombolette spray, ma della vernice vera, in barattolo; perché desideravo che la mia stanza somigliasse ad un Caravaggio, anziché un graffito qualunque. Si era fatto dare alla svelta una lezione su come ritinteggiare dal ragazzo del negozio mentre ci imbustava tutto il materiale. Era la prima volta per mio padre e ovviamente anche per me; d'altronde avevo solo sette anni. Sfiduciato, non credeva ce la potessimo fare, invece il risultato finale...》Mi guarda negli occhi. 《Mozzava il fiato, e lo fa ancora oggi. Ho imparato in quell'occasione a pitturare e col tempo ho perfezionato la tecnica lavorando per quell'hotel.》 Acciuffa di nuovo il rullo. 《Ho placato la tua sete di conoscenza, Fisher?》
Raggiante, gli sorrido, contenta che me ne abbia parlato a mente lucida, e non ubriaco come ieri sera.
Sostiene il mio sguardo con un'espressione di gelido disprezzo. 《Non chiedermi più di lui. Se vorrò farlo, sarò io stesso a parlartene.》
Rispondo con un piccolissimo movimento del capo. 《Non c'è problema.》 Anche se non credo sarò in grado di mantenere questa promessa. So che detesta fare i conti col passato, ma io voglio capire dove sta la verità. Da dove viene tutta la rabbia che prova per lui? Come fa ad essere cattivo un padre che aiuta suo figlio a ritinteggiare la sua cameretta con così tanto amore? Qualcosa non quadra in questa storia.
Nel silenzio totale, terminiamo la prima mano di colore.
Ryan si porta una mano sul fianco, con l'altra tiene stretto il rullo. Un piede incrociato dietro l'altro, ad esaminare scrupoloso la mia parete. 《Niente male, Fisher. Ben fatto.》
Mi accarezzo la lunga coda di capelli fatta da lui. 《Non so come ringraziarvi. Mi avete aiutato tutti, siete stati davvero così gentili. Soprattutto tu, Ryan, che hai comprato tutto e hai speso tutte le energie qui quando devi persino andare a lavoro.》 I miei occhi lo ammirano colmi di gratitudine. 《Grazie, grazie infinite!》
Mi sorride. 《Non è un favore, non devi ringraziarmi di nulla, l'ho fatto volentieri》, mormora.
《Adesso so come si fa, non avrò problemi a finire entro stasera!》
《Rallenta Fisher, devi lasciare che le pareti si asciughino completamente, e conviene aspettare il giorno, si vede tre volte meglio》, spiega indicando la portafinestra mentre la luce sempre più fioca di un pallido sole preannuncia l'imbrunire. 《E anche se te la sei cavata piuttosto bene, hai ancora bisogno del mio aiuto》, puntualizza chinato a rimettere il coperchio ad un barattolo. 《Già li vedo gli angoli che implorano pietà per mano tua. Una scena raccapricciante》, cerca di camuffare la voce, tenendo un tono basso ma abbastanza forte da farsi sentire.
Rido. Molto probabilmente ha ragione Ryan, finirei per combinare un disastro.
Puliamo i rulli e riponiamo il materiale nel borsone.
《Okay, Guppy, torno al dormitorio a farmi una doccia. Devo essere al pub tra un'ora.》
《Puoi farla qui, se vuoi》, gli propongo asciugandomi le mani bagnate con uno strofinaccio.
Piega il capo e un sorriso un po' sornione gli stira le labbra. 《Ci tieni proprio a vedermi nudo, eh, Fisher?》
《Ma che dici!》 smentisco scuotendo la testa ripetutamente.
Si rimette la maglietta. 《Sei gentile, ma indosso da due giorni le stesse cose. Puzzano di sudore e vernice, mi servono dei vestiti di ricambio.》
《Potrei prestarti qualche vestitino, ne ho uno pieno di margherite con il quale faresti un figurone al locale》, scherzo, mentre facciamo le scale.
《Sono spiacente, purtroppo ho una divisa da indossare. Anche se non nego che qualche volta invidio voi ragazze. La sensazione di libertà che può darti una gonna non potrà mai regalartela un paio di pantaloni. Ah, il vento fra le cosce...》 sospira con aria sognante, facendomi scoppiare a ridere.
《Ci vediamo domani?》 gli domando mentre lui afferra la maniglia e apre la porta d'ingresso.
《Ma sì, certo.》 Si appoggia allo stipite. 《Oppure potremmo vederci anche prima, potrei passare dopo il lavoro...》
《Non hai niente da fare, stasera? Nessuna donzella da abbordare?》 Sprezzo antipatia da tutti i pori, lo so. Non dimentico mica la faccenda di Paige.
《No, sono tutto per te》, mi sorride incastrandosi una sigaretta dietro l'orecchio. 《Sono arrivate le giostre dalle nostre parti e io stacco alle dieci, possiamo farci un salto. Sei così infantile che devono piacerti per forza i lunapark.》
《Non è una bella battuta, perché tu lo sappia.》
Ridacchia. 《È tremenda, cacchio, tremenda. Permettimi di farmi perdonare offrendoti un paio di colpi al tiro a segno, magari porti a casa uno di quei peluche morbidosi.》
《Vedi, a quelli non posso resistere.》 Thaddeus, ecco dove mi porta la mente. Thaddeus era un draghetto scuro di peluche, in regalo con la raccolta punti organizzata da un benzinaio non esattamente dietro l'angolo. E come poteva la piccola Blue, a cui bastava un pupazzetto di peluche per diventare la bambina più felice di questa terra, lasciarsi sfuggire una simile occasione?
Dopo centinaia di punti e settimane infinite, il draghetto era finalmente arrivato. Lo spacchetto lì, davanti alla stazione di servizio, vicino al distributore di benzina. Sophie accanto a me. Un batuffolo nero, morbido come un cuscino e dagli occhi così dolci che sembravano dire "Abbracciami", era appena diventato il mio migliore amico. Soltanto che anche mia sorella desiderava la sua amicizia e io non ero disposta a condividere il mio Thaddeus con anima viva. Arrivata la sera, mamma ci rimbocca le coperte, spegne la luce e ci risveglia la mattina seguente per andare a scuola. Quella mattina non trovo il mio draghetto, lo cerco ovunque, ma niente: sparito. Arrivo in classe, siedo al solito piccolo banco, apro il mio zaino... ed è in quell'istante che la mia giornata si trasforma definitivamente in un vero e proprio incubo. La testa mozzata di Thaddeus mi fissava insieme al panino per la ricreazione. Uno degli urli più forti di sempre esce dalla mia bocca e terrorizza la maestra Paola, che prova invano a farmi smettere di piangere. Chiama la mamma che, una volta arrivate a casa, mi infila a letto costringendomi a guardare una videocassetta, perché doveva andare a fare la spesa. Resto lì, abbandonata alla tristezza. Sollevo il cuscino per un abbraccio confortante e... ci trovo quel che resta del mio Thaddeus. Sophie nega tutt'oggi che sia stata lei, forse non lo ricorda davvero, ma quella fu la prima volta che ci pigliammo per i capelli.
《Sì, ho un debole per i peluche. A quelli non so resistere》, ribadisco cercando di non ridere pensando alla storia di Thaddeus.
《Solo a quelli?》 sorride in tutta la sua sicurezza.
《Vuoi davvero mettermi alla prova, Parker? Perché sembra che la porta non veda l'ora di finirti in faccia.》
《No, no, no, va bene. Scusa. Altra battuta tremenda. Riavvolgiamo il nastro.》 Ruota gli indici a piccoli cerchi. 《Dolce giusto-un-pizzico-pignola Blue Fisher, vuoi farmi l'onore di accompagnarmi al lunapark, stasera?》
Mi liscio la maglietta e provo a darmi un tono. 《Ci penserò.》
《Andiamo! Ti compro lo zucchero filato.》
《Non basta.》
《E una mela caramellata.》
《Mmh...》
《Tre mele caramellate!》
《Bè...》
《Quattro mele caramellate, due palloncini e un cucciolo di qualsiasi specie tu voglia!》 Scoppiamo a ridere insieme.
《Malgrado la tua terribile incapacità di avere un senso dell'umorismo normale, accetto il tuo invito.》
《Davvero?》 fa con aria sorpreso-perplessa. Poi si raddrizza su con la schiena. 《Certo, ok... Passo a prenderti quando ho finito.》 Veramente non si aspettava che avrei accettato? Era così prevedibile! Come fa a non vedere quanto mi piace?
Mi tira giocosamente la coda. 《Scappo, o arriverò in ritardo. A dopo, Fisher.》
Lo guardo sparire via con l'auto scura mentre le nuvole si sono tinte di rosso e il cielo è un manto color porpora.
Resto due minuti a girare per casa senza sapere cosa fare. Sono una ragazza metodica, e le emergenze mi fanno andare nel panico. Dovrebbe essere un appuntamento il nostro, giusto? Non il classico appuntamento dove al termine il ragazzo finisce per farti una dichiarazione d'amore, perché Ryan ha reso ben chiaro cosa vuole da me, e non è una storia d'amore che cerca. Ma qualcosa vuole da me e uscire da soli rimane sempre un appuntamento. Quindi sì, questa è un'emergenza.

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