Capitolo 35

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Canzone del capitolo:- A

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Canzone del capitolo:
- A.M. One direction

Accosta davanti casa e spegne il motore. Durante il tragitto di ritorno tendeva a guidare un po' troppo lentamente, diceva per rispettare i limiti di velocità, ma non sembrava, bensì mi dava l'impressione che rallentasse per allungare il tempo. Per restare insieme ancora un altro po'.
Non credevo che sarebbe sceso ad accompagnarmi, piuttosto pensavo che avrebbe messo l'auto in folle aspettando che smontassi, per poi salutarmi frettolosamente.
Mentre apro la porta di casa, percepisco i suoi occhi sulla mia schiena. Mi sento le gambe fiacche, ma riesco a nasconderlo aggrappandomi alla maniglia.
《La tua gallina.》 Mi passa Zippo, che prima teneva in mano per aiutarmi a infilare la chiave nella serratura. 《E non farmela più vedere》, brontola fingendosi scocciato. Mi viene da ridere ma fingo di tossire a favore di rimane seria per Zippo.
《Non è una gallina, è un kiwi》, lo rimbecco. 《E molto probabilmente è lui che non vuole più rivedere te.》
Il volto di Ryan si contrae in una smorfia di stizza. 《Non sentirò la sua mancanza, questo è sicuro.》
《E la mia, la sentirai, Ryan L'insostenibile?》 scherzo io.
《Che mancanza dovrei sentire? A meno che tu non parta improvvisamente per... non so, il Madagascar, noi due ci rivediamo domani.》
《Hai ragione》, ridacchio. Poi mormoro: 《e se non venissi domani?》 Doveva essere una proposta ma è uscita fuori come una domanda.
《Certo che vengo, dobbiamo finire il lavoro in camera tua... Che può sembrare una pessima battuta a doppio senso, ma invece è proprio una pessima battuta a doppio senso.》
Mi scappa una piccola risata che affretto a camuffare con un altro colpo di tosse per non dargli soddisfazione. 《Oh, cominci a capire quanto sia becero il tuo umorismo! Stai facendo progressi, sono fiera di te.》
《Ti ringrazio. In ogni caso, ti dovresti far vedere, lo sai? Hai una brutta tosse... certi sciroppetti di oggi non servono a nulla, prova con delle gocce》, attacca lui con la tipica faccia insolente.
《Ahia》, borbotto sconfitta fissandomi le scarpe. 《Beccata.》
《Comunque non preoccuparti, domani verrò, Fisher. Questa può sembrare un'altra battuta, ma non lo è》, specifica ridacchiando.
《No, io volevo dire... ecco, e se non te ne andassi proprio?》
Sgrana gli occhi e poi assume un'espressione confusa. 《Che intendi? Vuoi che resti di nuovo a dormire qui da te?》
《Ma no...》 mi mordo l'interno della guancia, prendo tempo e poi esclamo: 《Non lo so... Sì. Vorrei solo che questa sera non finisse adesso. Ma se non ti va, lo capisco! Non ho nessun diritto di chiedertelo, in fondo sei stato quasi tutto il giorno con me, e probabilmente ora sei stanco e ti manca il dormitorio...》
Inarca un sopracciglio. 《Mi manca il dormitorio?》
《Sì, è un po' come fosse casa tua e poi saresti più vicino all'università e domani abbiamo lezione, quindi forse vuoi tornare lì, saresti più a tuo agio. Per non parlare del fatto che dormiresti di più, vista la vicinanza con la scuola, mentre qui dovresti svegliarti prima.》
Si accarezza il mento. 《Mhm, mhm, non fa una piega...》
Oddio, come ho potuto chiedergli una cosa simile? 《Non hai nemmeno un cambio di vestiti, e sono sicura che non vuoi andare a lezione con la divisa del pub. Indubbiamente, anch'io preferirei che...》 mi interrompe sollevando appena un dito come quando si fa un intervento a lezione. 《Sì, Parker?》
《Quanto caspita parli, Guppy?》
Sono mortificata. Certe volte mi succede di diventare logorroica quando sono nervosa. 《Sì, hai ragione, accidenti! Fa' finta che non ti abbia detto niente, okay? Grazie per tutto, Ryan, davvero. Ho passato una serata bellissima. Ci vediamo domani, eh!》 Mi richiudo velocemente la porta alle spalle e mi ci appoggio per riprendere fiato. Che scenetta patetica!
《Lo sai che sono ancora qui, vero?》 mi comunica lui da dietro la porta.
《Si, lo so.》 Ma che faccio, rispondo pure?! Sto dando i numeri...
《E sai anche che non me ne andrò, perciò apri questa porta》, gli sento dire mentre immagino la sua faccia contrariata.
《D'accordo》, sussurro e apro.
《Fai bene a tenere lo sguardo basso, non si trattano così le persone, soprattutto i puri di cuore. Quelli come me, Fisher》, recita offeso, dopodiché fila dentro e chiude la porta. 《Siamo in tempo per guardare le repliche di Jackass.》
Una sorta di formicolio si espande lungo le terminazioni nervose della mia pelle e mi avvolge con una sensazione di spensieratezza: Ryan è rimasto!
《Cosa sarebbe?》 chiedo buttandomi sul divano, accanto a lui.
《Un demenziale programma televisivo, dalla dubbia morale, che mostra tizi fare cose poco intelligenti》, spiega. 《Io e Mark lo guarderemmo per ore.》 Gli porgo il telecomando della tv e lui passa da un programma all'altro finché non trova il canale giusto. 《Eccolo.》 Nell'inquadratura appare un ragazzo che sale su una scale e si lancia dentro una piscinetta gonfiabile piena di fango, o terra, non saprei.
《Che schifo》, ridacchio.
《È cacca di elefante》, rivela Ryan senza staccare gli occhi dallo schermo.
Spalanco la bocca. 《Ma è disgustoso!》
《Questo è nulla, te lo assicuro. Hanno compiuto azion ben più disgustose, come nuotare in un canale fognario, ingoiare e rigurgitare pesci rossi, infilarsi sanguisughe negli occhi, mangiare ratti, sniffare wasabi, cucinare un omelette di...》
Agito uno mano per stopparlo. 《No, non voglio saperlo! Ti prego, non continuare, potrei vomitare da un momento all'altro. Come fai a guardarlo?》
《Certe volte mi pongo la stessa domanda》, confida ridendo. 《Ma il cattivo gusto messo in scena e la totale insensibilità sia del pericolo che del dolore è qualcosa di unico, riesce a tenermi incollato allo schermo per ore. In pratica, Jackass è talmente stupido da diventare affascinante.》
《Per quanto possa essere affascinante un branco di...》 mi fermo a fissare il ragazzo smilzo in tv che inizia ad avere conati di vomito. 《No, Parker, non ce la faccio.》
《Penso che dovremmo cambiare canale. Non è roba per deboli di stomaco》, sghignazza e passa a un canale di intrattenimento per bambini. 《Perfetto, no?》
《Peppa Pig! Ho una tazza di Peppa!》 esclamo. 《Vado a prendertela.》
《Non vedo l'ora di vederla》, dice senza ombra d'interesse mentre i suoi occhi roteano in su.
Corro in cucina, la tiro fuori dalla mensola e gliela presento, davanti alla faccia. 《Che ne pensi, carina, no? Una volta aveva anche una cannuccia, poi Sabbia, non si sa come, l'ha masticata riducendola in poltiglia. La teneva nascosta nella sua cuccia.》
《Davvero graziosa; e che storia commovente! Ma perché una ragazza di... Quanti anni hai?》
《Diciannove》, rispondo tornando a sedermi al suo fianco.
《Grazie. Perché una ragazza di diciannove anni dovrebbe avere una tazza di questo abominio?》
《Peppa Pig non è un abominio》, rido, e anche lui fa la stessa cosa. 《È un vecchio regalo di V e Fred, quando d'estate passavamo i pomeriggi insieme a sfondarci di cibo e parlare di cavolate. Mi dicevano che dovevo essere più aperta con i ragazzi, per riportare le parole esatte: "Blue Fisher dovresti essere più maialina". Penso che non ti sia difficile capire il nesso tra le loro parole e quella tazza.》
《Chi è Fred?》 mi domanda come se non avessi detto altro.
《Abitava nella casa dopo quella di V, poi si è trasferito con la famiglia a Dayton, in Ohio, dove ha iniziato a studiare giornalismo. Oggi in quella casa sono rimasti solo i suoi nonni e di rado viene a trovarli, quei due vecchietti acidi non stanno simpatici a nessuno, tantomeno a Fred. Non ci vediamo da quasi un anno ormai. Ci siamo persi per via della distanza e un po' mi dispiace, ma quando torna qui, passa sempre a salutare, e a mangiare qualche schifezza con noi in nome dei vecchi tempi.》
Stende un braccio sopra la spalliera del divano e si volta a fissarmi. 《È un bravo amico?》
《Sì, ed è anche una brava persona. Sempre disponibile, sempre pronto alla battuta di spirito, gentile con chiunque. Patito dei Beatles e del prosciutto cotto》, rido e mi lascio andare ai ricordi.
《Avevi una cotta per lui, vero?》 sputa fuori divertito ma osservandomi gli occhi convinto di cogliere chissà quale verità nascosta.
《No, assolutamente. Era il fratello maggiore che non avevamo. Una specie di cane San Bernardo che assicurava protezione al solo vederlo.》
Spegne la televisione, forse per distrarmi o per tenersi occupato quel tanto che basta per non fissarmi mentre dice: 《Scusa, mi era parso così, visto tutto questo adulare e le belle parole...》
《Solo perché faccio dei complimenti a una persona non significa che ne sia attratta. Non sarai mica geloso?》 insinuo, arricciando le labbra e guardandolo con occhi scherzosamente sospettosi.
Piega la testa di lato. 《Geloso io? Di un tipo che paragoni a un San Bernardo? Non senti quanto suona ridicolo?》
《Sicuro, Ryan?》
《Di più, Blue》, risponde sprezzante.
《Non chiamarmi Blue!》
《Perché, non è il tuo nome?》 sottolinea l'ovvio fingendo di non capire a cosa mi riferisco.
《Sì, ma quel tono è così...》 arriccio il naso. 《Non mi piace.》
Piega gli angoli delle labbra verso il basso. 《Sai che me ne importa》, sbuffa, menefreghista.
《Ma che modo di rispondere sarebbe il tuo?》 sbotto, fissandolo sconvolta.
《Scherzavo, sta' calma》, ride, avvicinandosi. 《Quindi, questo Fred ha tutte le carte in regola per essere un vero amico...》
Sbuffo e poi rispondo:《Non posso consideralo come V, ma diciamo di sì. Si è sempre comportato bene.》
《E se ti chiedessi, invece, di descrivermi il tuo ragazzo ideale? Che mi diresti, Fisher? Che qualità dovrebbe possedere?》
La domanda mi coglie alla sprovvista, sembra piacevolmente stonata in bocca a Ryan, e impiego un secondo di troppo per rispondere. 《Be', non ho una descrizione vera e propria da fornirti.》
《E dai, su, non ti crede nessuno. Scommetto che il tuo ideale è lo stesso da anni, da quando hai scoperto il tuo primo romanzo. Sputa un paio di particolari. E, attenzione, dire che dovrebbe essere come, nome di un attore a caso, non vale.》
《Non mi interessa che sia bello come un attore, mi basta che sia dolce, che voglia ascoltare cos'ho da dire, che sia premuroso e sappia farmi ridere...》
M'interrompe. 《Che abbia tatuaggi, no?》
Spalanco la bocca, fingendomi schifata. 《Assolutamente no! Esigo che la sua pelle sia pulita come quella di un poppante!》
《Annotato》, riferisce fingendo di scrivere su un bloc notes.
《Mmm, e poi che altro, vendiamo... Oh, sì! Che voglia tanti cani, perché io ne desidero così tanti che in futuro casa mia potrebbe assomigliare a un canile! Che provi a capirmi e ad accettare i miei difetti. Che mi lasci scegliere la musica per un lungo viaggio. Che ami la vita, e che senza preavviso si presenti davanti casa per portarmi al mare. Deve venerare l'arte. Sapersi prendere in giro. Ed è assolutamente necessario che sappia preparare dolci!》 mi lascio sfuggire un risolino divertito.
《Allora io sono meglio.》
《Perché?》
《Perché io sono reale.》
《Suvvia, non chiedo l'impossibile.》 Mi tolgo le scarpe e raccolgo le gambe sul divano.
《Saper fare dolci non è chiedere l'impossibile?! Scherzi? Tu sopravvaluti il mondo maschile. Cala, Fisher, cala.》
《Tutti i migliori chef sono uomini!》
《Sì, ma non tutti gli uomini sanno cucinare ciambelle, badare all'orda di bestioline che hai intenzione di adottare e ascoltare per ore quello scempio che sono le canzoni di Taylor Swift. Il tuo ragazzo ideale lo descrivono nei libri e recita nei film sentimentali, te lo dico io》, ride scuotendo il capo. Provo a fare del mio meglio per non scoppiare a ridere insieme a lui, ma la sua risata è così contagiosa...《E te la ridi pure! Allora lo sai che ho ragione!》 sostiene continuando a ridacchiare, posando la testa sul braccio che tiene già sopra alla spalliera del divano.
Affatto, me la rido perché hai una risata bellissima, che illumina la stanza. Rimanere seri è impossibile.
《Che maleducato, l'ho interrotta di nuovo. Prego, proceda pure, Fisher.》 Agita una mano in un gesto magnanimo.
《Okay, lo so che probabilmente lo troverai infantile, ma il mio ragazzo ideale sarebbe uno di quelli che ti abbraccia spesso. Uno di quelli che ti accompagna al cinema e ti guarda di nascosto aproffittandone del buio. Uno di quelli che ti fa indossare le sue enormi felpe e qualche volta te ne regala pure qualcuna..》 Penso alla sua felpa col coniglio ben custodita nel mio armadio. 《Uno che non mi tenga nascosto nulla, perché prima di essere il mio ragazzo, è il mio miglior amico. Che mi regala un libro o un diario in un giorno a caso, solo perché ne ha voglia》, sottolineo 'diario' e gli rivolgo un timido sorriso, che lui contraccambia appena. È come rapito. Ascolta attentamente le mie parole. 《Il mio ragazzo ideale non si nasconde dietro un dito e non mi tradisce in nessun modo. Si prende cura di me anche quando sto male. Ama i bambini. Non scorda gli anniversari e soprattutto il mio compleanno, ovvero il giorno più importante dell'anno. È rispettoso, e non non mi abbandona mai. E accidenti! Mi ama, mi ama con tutto se stesso; e per quanto suoni scontato, credimi che di scontato non ha nulla.》 Sospiro profondamente, infilando il dito tra i fori del merletto sui calzini. 《Il mio ragazzo ideale non deve somigliare a mio padre.》
Rimaniamo a fissarci in silenzio per una manciata di secondi, che paiono un'ora. Poi io abbasso lo sguardo. Intorno a noi, l'aria è cambiata, ha perso di spensieratezza.
《Tuo padre deve averti fatto tanto male》, mormora Ryan. Rimango colpita dai suoi occhi azzurri che adesso sembrano ancora più profondi e scavati sotto le sopracciglia scure.
《Avrei almeno voluto che ci provasse, a fare il padre》, bisbiglio, per paura che se parlassi normalmente, finirei per scoppiare in lacrime.
《Parlami di lui》, dice, con voce ferma.
Un sorriso triste mi toccata le labbra, poi scuoto la testa. 《Potrei esplodere in un pianto inarrestabile e non credo che tu voglia assistere.》
Sorride in modo appena percettibile. 《Lascia che sia io a decidere a cosa voglio o non voglio assistere. Tu raccontami di lui, di tua madre...》
《D'accordo》, dico, con un sospiro che sale dalle viscere. 《I miei genitori si conoscono giovanissimi. Mamma va al terzo anno di superiori ed è partita da Bilbao, Spagna, con la sua famiglia, verso San Antonio, in Texas. I miei nonni sono degli appassionati del vecchio west: radure senza fine da attraversare a dorso di un valoroso destriero, lazo alla mano... hai presente, no?》 Lui mi fa cenno di sì con la testa e io riprendo a raccontare. 《Decidono di andare in vacanza a Bandera, la capitale dei cowboy, e scelgono di soggiornare al Rancho Pico. Ecco, è in questo ranch che tutto ha inizio. Mia madre, Teresa, infila un piede nella staffa e, aiutata dallo stalliere che le sorregge l'altro piede, monta in sella a un cavallo per la prima volta. Lo stalliere è Robert, mio padre. Si trova lì, quando non studia, per aiutare nell'attività di famiglia. Ma quella vita non è fatta per lui. Robert desidera finire l'università, lasciare il paese e diventare un bravo avvocato.》
《Ma non un bravo padre》, interviene Ryan a bassa voce, quasi fosse un pensiero sfuggito alle labbra.
《Già... Dopo infinite telefonate, viaggi di nascosto, lettere e cartoline, mamma rimane incinta e decidono di ufficializzare il fidanzamento. I miei nonni non sono molto contenti, vista la giovane età di mia madre, ma ormai c'è di mezzo un figlio e non si può fare granché, non si può ostacolare una famiglia. Si sposano, mamma non finisce la scuola, si trasferisce in Texas ed è in quel momento che cominciano a sorgere i primi problemi. Mio padre termina l'università, ma non si cura della gravidanza, si rifugia nei bar e qualche volta non rientra nemmeno a casa. Mamma lo lascia e torna in Spagna. Lui chiede perdono in ginocchio, sostenendo di essere spaventato all'idea di diventare padre e non riuscire a fare carriera. Lei lo perdona. Tornano in Texas. Nasce Sophie e mio padre è assente, occupato ad aprire il suo primo studio. Sei anni dopo, diventa, insieme al fratello, il fondatore di Fisher & Partners, alla guida di un team d'eccellenza, che gli apre le porte persino ad Agrigento, in Italia. Dove sono nata io.》
《Hai detto Fisher & Partners? Mi ricordo di un prestigioso studio a Londra che porta lo stesso nome. Non dirmi che è suo anche quello!》 esclama sbalordito.
《Sì, ha sede a Notting Hill. Quest'altro studio è il motivo del nostro ultimo trasferimento. Dopo dieci anni in Italia, ci stabiliamo definitivamente in Inghilterra; è qui che nasce Orson.》
《Avete girato il mondo》, osserva riflessivo.
《Sì, e non è stato facile. Dovevamo ricominciare sempre da capo. Nuova scuola, nuovi documenti, nuovi amici, nuovo lavoro. Nuova vita. E con un padre che non c'era anche quando c'era... be'... sì, non è stato facile. Ma almeno, in tutto questo caos, mamma è riuscita a realizzare uno dei suoi sogni: aprire una piccola cartoleria. Mi ricordo quanto era felice il giorno in cui ha venduto la sua prima gomma da cancellare a un ragazzino.》 Prendo una breve pausa e dopo sussurro: 《E quanto era distrutta il giorno in cui ha scoperto del tradimento di mio padre con la sua collega. Io e Sophie abbiamo provato di tutto per farle tornare il sorriso e lei, grazie al cielo, si è lasciata aiutare. Orson, poi, ci ha battute alla stragrande. Con lui, la mamma non poteva che sciogliersi.》
《Tua madre lo amava molto.》
《Lo ama ancora, certe volte le si legge in faccia, ma riesce a camuffarlo bene》, spiego. 《È una grande donna, lui non la meritava.》
《Non conosco i tuoi fratelli, ma conosco te, e se loro sono anche solo la metà di quello che sei tu, e ci scommetto che lo sono, tuo padre non meritava neppure figli come voi.》 La sua espressione è dura, così come la linea sottile delle sue labbra.
Mi accarezzo una ciocca di capelli. 《No, non ci meritava.》
《Volevi un papà come quello che hanno gli altri. Anch'io.》 Estrae il tabacco dalla tasca dei pantaloni, ma poi torna a metterlo al suo posto; si sarà ricordato che non voglio che fumi qui dentro. 《Forse non siamo poi così diversi, Guppy.》
Per certi versi, ha ragione. Ci piacciono l'arte, gli Arctic Monkeys, il cibo spazzatura e abbiamo entrambi un padre che ci ha fatto soffrire. Ma siamo anche mostruosamente diversi. Nel modo di trattare le persone, nel modo di vedere il matrimonio, le relazioni. Oggi ha per giunta detto di detestare i bambini.
《Cosa ti ha ferito di più del non avere un padre presente?》, mi domanda ancora.
《Tutto》, rispondo in un soffio.
《"Tutto" non è una risposta.》
《Vuoi proprio farmi scoppiare a piangere!》
Scuote leggermente la testa, tenendo sempre gli occhi su di me. 《No, voglio sapere di te.》

Bentornate ragazze, alcune di voi mi hanno chiesto di aprire una pagina instagram per GUPPY: l'ho fatto, finalmente!
Si chiama guppybook, e se vi va, ci ritroviamo tutte lì!
Un immenso grazie a tutte voi per avermi dato fiducia.
Al prossimo mercoledì.

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