Tra le luci di Roma

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Una goccia d'acqua sulla pelle distrasse Ermal dai suoi pensieri.

Alzò gli occhi al cielo coperto, solo per vederne altre cadere.

Sbuffò. Ci mancava solo la pioggia, non aveva neanche portato un ombrello con sé.

Non che avrebbe fatto qualche differenza, era sicuro che non l'avrebbe aperto.

Alla fine un po' di pioggia gli avrebbe potuto fare solo bene. Dopo il periodo che aveva passato lo avrebbe solo aiutato a purificarsi dalle sue emozioni. Dal suo dolore.

I suoi occhi si concentrarono sul cielo, sui nuvoloni che lo coprivano. Nascondevano alla sua vista le stelle, come se i lampioni da soli non bastassero.

Dopo anni ancora non si era abituato all'assenza delle stelle. Eppure doveva saperlo che era impossibile vederle, a Roma. Soprattutto a Roma. Non a caso era la città in cui si era spenta la sua stella più luminosa.

Quando ci pensava, pur essendo trascorsi i mesi, ancora faceva male.

Sentiva ancora bruciare la cicatrice sul suo cuore. Proprio quella che aveva chiuso a fatica in un monolocale lontano dal mondo.

Sanremo, quella sua settimana di Paradiso, era passato da una vita e non passava un giorno in cui rimpiangeva quelle poche ore di festival. Non era stato il primo, perchè aveva fatti abbastanza nella sua vita, sia da giovane proposta che da cantante ormai affermato e aveva dovuto sopportare l'accusa di plagio – se ci pensava riusciva ancora a sentire l'ansia che gli comprimeva lo stomaco – eppure... Eppure quello era stato il Sanremo migliore della sua vita.

Oh, avrebbe dato oro pur di poterne passare un altro così, con le stesse persone. Con quella persona... Dio, avrebbe dato oro per poter ritornare per un attimo, per un solo attimo della sua esistenza a quello che erano stati lì, a Sanremo.

Però, se lo ripeteva ogni giorno, quel sogno si era ormai infranto... e non era colpa di nessuno, era quella la cosa peggiore. Perché non poteva incolparsi né poteva incolpare lui... Poteva incolpare entrambi, magari, neanche troppo. Poteva prendersela solo con quel dannato tempo, con quel destino che forse glielo aveva fatto conoscere troppo tardi...

Ma se era troppo tardi, perché aveva unito le loro strade? Perché farli soffrire come dei cani, come dei lupi feriti?

Perché soffrivano entrambi, era chiaro.

In quei mesi la loro vita era stata sconvolta, nessuno poteva negarlo. Lui si era buttato a capofitto nella sua musica, come si era abituato fin da ragazzino, l'altro... l'altro aveva annullato alcuni dei suoi eventi con varie scuse, ma Ermal sapeva cosa ci stava dietro – era ovvio che lo sapesse, era lui la causa! Però avevano mantenuto le loro promesse.

Aveva condiviso con lui la responsabilità dell'Olimpico a Roma, mentre era stato accompagnato passo passo in quell'impresa che per Ermal era Assago.

In realtà continuavano a sentirsi, ma raramente: ogni messaggio, ogni chiamata, ogni parola e respiro mozzato era un coltello che affondava di più nella rispettiva carne.

La pioggia stava iniziando ad aumentare e senza volerlo Ermal si ritrovò a sorridere triste. Tutto in quella vita gli ricordava lui. Pensavano ci sarebbero riusciti a stare lontani, ma evidentemente stava facendo più fatica di quanto aveva immaginato all'inizio.

Guardava il volto dei passanti, che correvano alla ricerca di un riparo oppure nascosti dai loro ombrelli e sperava di vedere il suo – succedeva ogni volta che era costretto a scendere a Roma, ma difficilmente accadeva. Ogni tanto si erano visti, ma avevano sempre organizzato. Poi avevano convenuto che era meglio non vedersi se non per necessità impellenti, perché era un dolore troppo grande.

Tra le luci di Roma | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora