L'inizio

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Ermal chiuse gli occhi, reclinando il capo sul divano. Era stanco, troppo. Non solo erano giorni che dormiva poco e male, ma si era anche svegliato all'alba quella mattina: prima si era incontrato con il suo manager per i dettagli del tour autunnale e subito dopo si era visto con Rinald, che lo aveva accompagnato a prendere l'aereo per concludere "Non mi avete fatto niente" lì a Roma.

A essere sinceri non avevano molto da fare, infatti la maggior parte del lavoro erano riusciti, per fortuna, a farlo a distanza. Dopo aver affidato l'arrangiamento a Roberto Cardelli – storico collaboratore di Fabrizio e che a un certo punto era stato anche suo – quello che avevano dovuto fare era stato chiamarsi su Skype e decidere se ci fosse da correggere qualcosa – spoiler: no, non avevano dovuto correggere nulla. Avevano addirittura deciso di mantenere le due chitarre che avevano inciso per prova su a Milano. In realtà avrebbe potuto non muoversi e incidere la sua linea vocale nel suo studio, ma ci teneva troppo a condividere quei momenti con il collega. Ovviamente questo li aveva portati a discutere: Fabrizio voleva raggiungerlo su per non creargli problemi di spostamento, lui invece si era impuntato per l'esatto contrario. Ancora gli sanguinava il cuore quando ricordava il pianto disperato di Anita e non voleva esserne di nuovo la causa, seppure indiretta, così, alla fine gli aveva proibito di lasciare Roma minacciandolo di mandare all'aria il duetto – non che poi ne avesse davvero l'intenzione, ma non c'era bisogno che l'altro lo sapesse.

«Aspetta, Fab. Prova questo.»

Aprì leggermente un occhio sentendo la voce di Roberto e l'osservò mentre si sporgeva oltre la spalla del romano per poter suonare sul pianoforte una sequenza di note.

Quando era arrivato in studio, c'era arrivato nella convinzione che fosse tutto perfetto, che avrebbero rivisto la parte strumentale, ma solo per qualche impercettibile ritocco e che subito sarebbero passati a registrare le varie tracce. Però, dopo aver riascoltato quello che avevano scritto avevano deciso di riarrangiare completamente il passaggio che serviva da collegamento tra il bridge e l'ultimo ritornello, poiché gli sembrava troppo spoglia. Così era più di mezz'ora che stavano lì a provare e riprovare, senza aver ancora ottenuto un risultato soddisfacente.

Lui ci aveva lasciato perdere già dopo dieci minuti: essendo troppo stanco per concentrarcisi, sapeva che difficilmente avrebbe potuto pensare a qualche passaggio di rilievo, preferendo invece lasciar lavorare senza distrazioni gli altri due.

Ascoltò il cantautore borbottare una frase poco convinta prima di cominciare a provare quel breve fraseggio numerose volte, modificando ora le note, ore il ritmo. Una di quelle versioni lo sorprese per la sua bellezza così si ritrovò ad aprire gli occhi di scatto, proprio quando cessò la musica.

Di nuovo vigile si trovò davanti il volto sorridente del collega, lo sguardo fisso su di lei.

«Credo che quest'ultima sequenza possa funzionare.» affermò Fabrizio, «Secondo te, Ermal?»

«Sono d'accordo.»

Roberto sbattè le mani, compiaciuto.

«Allora ragazzi, se siete entrambi d'accordo ci mettiamo all'opera.» propose.

Il romano annuì subito. Era così che si erano abituati a lavorare negli anni, loro: si concentravano sulle singole battute, le assaporavano per vedere quali erano i loro limiti, i loro punti di forza e poi, solo dopo esserne davvero convinti le provavano insieme al resto.

«Fab, se vai a prendere P-»

«Roberto.» lo interruppe subito, con tono quasi minaccioso, mentre lo fulminava con lo sguardo.

Tra le luci di Roma | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora