Lontananza

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«Ermal.»

Quella voce lo raggiunse lontana mentre stava steso sul letto di quell'asettica camera d'albergo, il cellulare appoggiato all'orecchio.

Aveva risposto senza rendersene conto, in un gesto meccanico. Si sentiva come in un sogno, ma non per questo bello, anzi. Probabilmente lo avrebbe paragonato a un incubo.

Erano passati tre giorni, due ore e trentacinque minuti da quando aveva sentito per l'ultima volta Fabrizio.

«Ermal? Pronto? Ci sei?»

«Sì, scusa Giada.»

La sua voce uscì più stanca di quello che avrebbe voluto e istintivamente si chiese perché. Non riusciva a capire se era per la situazione, per lo stress che stava provando, per il firmacopie a cui sarebbe dovuto andare entro poche ore, e non aveva neanche l'autista.

Persino Marco lo aveva lasciato solo. Quando la mattina dopo il più grande di nuovo non aveva risposto al cellulare, il suo chitarrista si era offerto di andare a Roma, per vedere cosa cazzo stesse succedendo e lui lo aveva lasciato andare. Così, avevano scoperto che Fab era letteralmente sparito dalla circolazione. Nessuno sapeva dov'era, aveva chiesto sia a Maurizio che ad Alessandro, ma entrambi non lo avevano sentito se non per la chiamata riguardante le foto. Le ultima persone che lo avevano visto erano i suoi figli e Giada. La stessa Giada che da quel giorno, in cui aveva avuto il suo numero, lo chiamava appena poteva e lo tempestava di messaggi, per essere sicura che stesse bene. E lui, non riusciva a capacitarsene.

«Ermal...» la voce della donna era mutata all'istante, assumendo un tono particolarmente preoccupato.

Chiuse gli occhi, cercando di trattenere l'espressione sofferente che nacque spontanea sul suo viso.

Non ce la faceva. Stava dannatamente male.

«Mi manca.» sussurrò, come se avesse paura di dirlo ad alta voce, come se farlo lo rendesse ancora più reale.

La donna sospirò. Avrebbe voluto essere lì per abbracciarlo, e invece l'unica cosa che poteva fare era cercare di fargli capire che almeno lei gli stava vicino. Ed era difficile, perché Ermal sembrava volersi chiudere nel suo dolore.

«Ermal, tornerà.» gli disse. Aveva ormai perso il conto di quante volte lo aveva affermato, ma lui puntualmente sembrava non crederle.

«E se non tornasse?» chiese. Portò un braccio a coprirsi gli occhi, mentre si mordeva con forza il labbro.

La donna sospirò di nuovo.

«Lo farà. Te l'ho detto, é fatto così.»

Ed era vero, glielo aveva già detto. Era stata la prima cosa che gli aveva detto, quando lo aveva chiamato tramite il telefono di Marco: Fabrizio era fatto in quel modo. Quando succedeva qualcosa che lo toccava profondamente o temeva di ferire le persone al suo fianco, se ne andava. Cercava qualche posto sconosciuto dove nessuno poteva trovarlo e stava via qualche giorno, per schiarirsi la mente, per pensare a cosa fare, a cosa dire. Quando si sentiva pronto tornava indietro e affrontava quello che prima lo aveva scosso tanto.

Era successa la stessa cosa, gli aveva spiegato Giada. Lei era andato a trovarlo appena successo lo scandalo, senza i figli perché sapeva che non avrebbe voluto parlare davanti a loro, e lo aveva trovato che faceva le valigie.

Lui gli aveva spiegato la situazione, dicendole che aveva bisogno di un attimo di pausa e che sarebbe tornato il prima possibile. Le aveva poi dato un bacio sulla guancia per chiedere di portarlo dai figli, ma soprattutto di prendersi cura dell'albanese mentre lui era via. Lei aveva risposto che lo avrebbe fatto comunque.

Tra le luci di Roma | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora