Pace

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N.B. Vi ricordo la nota numero 4 del capitolo "Sogno pt. 1". 

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"Le stesse cose non accadono mai due volte allo stesso modo", lo aveva letto in un libro, uno di quelli che piacevano tanto a Romina da ragazza.

Quella volta, a tutti però sembrava stesse accadendo esattamente come l'anno prima. A tutti, ma non a loro.

Per loro era tutto diverso, tutto più nuovo. Per loro era un nuovo sogno, da costruire insieme.

Era passato un anno esatto da quando tra loro tutto era finito e proprio lì, tutto sarebbe ricominciato.

Fabrizio gliel'aveva detto il giorno del suo compleanno che la prima data sarebbe stata all'Olimpico, quando, oltre al girasole, gli aveva dato una busta con le chiavi del suo appartamento e il pass per la data del sedici giugno.

Quando ne aveva parlato con il suo management, all'inizio, non era stato felice.

Anzi, era stato decisamente contrario. Non volevano ripetere quell'apertura, in parte perché significava osare forse troppo, di nuovo - doveva esserci tanta gente e questa volta non aveva nessuna vittoria a Sanremo a sostenergli le spalle - e in parte perché, come aveva detto Maurizio "sembra che tu abbia finito le idee così, che tu ti stia riciclando.".

Cardelli e Febo, quando erano passati a salutarlo in studio, gli avevano detto che era un'idea disastrosa. E forse lo era davvero, ma lui ci teneva.

Così dopo aver insistito ben quattro volte, senza mai spiegare il motivo - perché altrimenti Ermal l'avrebbe scuoiato vivo - Claudio l'aveva preso da parte.

Lo aveva guardato negli occhi e aveva sospirato.

"La scusa del sogno non funziona più." aveva detto e lui, fidandosi del suo pianista, aveva vuotato il sacco. Tutto.

Alla fine del discorso, Claudio era rientrato in stanza senza una parola e aveva dato il suo consenso. A quel punto, nessuno aveva più ribattuto.

In quegli anni aveva dimostrato di ragionare fin troppo su ogni scelta e ogni decisione presa da lui si era dimostrata giusta, quindi se il maestro diceva che si poteva fare, allora si poteva fare, ormai così funzionava lì.

Sotto minaccia di Fabrizio avevano organizzato il concerto, cercando di non far arrivare quella notizia a Ermal e alla fine c'erano riusciti. Al punto che l'albanese, quando aveva capito il vero motivo dietro quella scelta, aveva avuto l'istinto di baciarlo nonostante fossero nel centro del Roseto di Roma - e l'avrebbe fatto davvero, se il più grande non l'avesse fermato.

Avevano parlato anche di quello, in quei mesi, e avevano deciso di procedere con calma.

Il romano aveva avuto paura che quella dell'albanese fosse solo l'euforia del momento, ma così non era stato. Anche a distanza di settimane il più piccolo si era dimostrato convinto delle parole pronunciate dopo il suo concerto e, anzi, si erano trovati a ruoli invertiti: Ermal cercava di convincerlo a dirlo il prima possibile, lui invece aveva negato più volte, solo perché già aveva deciso come avrebbe voluto dirlo. Sapeva che il suo compagno rischiava di prendersela da un momento all'altro, ma avevano resistito fino all'Olimpico, quindi andava bene in quel modo.

Nel frattempo avevano iniziato a spianare la strada con le persone che conoscevano: subito dopo Bari, l'albanese aveva parlato con Rinald e, passato il suo concerto, entrambi erano decisi a parlare con le rispettive band.

Poi, verso fine maggio, era toccato il peggio: Silvia.

Per il rispetto verso quello che c'era stato tra loro non aveva voluto che lo sapesse insieme a tutti gli altri, magari da internet. Aveva preferito invece chiamarla e - se doveva essere sincero - se n'era pure pentito.

Tra le luci di Roma | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora