Sogno - pt. 1

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Oggi anticipo il mio angolino per svariati motivi giù elencati ( sarò veloce don't worry) 
1)PER SCUSARMI DEL RITARDO.
Vi chiedo umilmente perdono.. Purtroppo l'esame si avvicina e con la scuola sta diventando difficile gestire tutto quanto. Per questo farò di tutto per aggiornare sempre il prima possibile, ma, ovviamente, non potrò promettere puntualità – soprattutto perché la prossima settimana parto per Praga, ma questa è un'altra storia.
2) PER AVVERTIRVI CHE IL CAPITOLO È DIVISO IN DUE PARTI.
È venuto più lungo del previsto, quindi, per paura che Wattpad potesse fare bizze ho deciso di dividerlo. Sappiate che la seconda parte è molto più breve della prima. 

3)PER AVVERTIRVI CHE QUESTO CAPITOLO È STATO UN PARTO SCRIVERLO (Chiedete conferma a itsilariia se non mi credete) E QUINDI NON L'HO RILETTO, però non avevo voglia di farvi aspettare oltre.
4)Perché ne approfitto per dirvi che, per motivi di trama, nella storia il brano "Pace" non è mai nato.

5) PERCHÉ MENTRE LEGGETE IO EMIGRO IN MESSICO.
Comunicazioni finite, vi lascio alla lettura.
As always si ringrazia raffaellasilvagni1 e la mia dolcissima traduttrice itsilariia, grazie per esserci sempre Bae.
As always,
Love u all. 

Log 

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Fabrizio lo aveva portato a Villa Ada; ma questo lui lo aveva capito solo dopo esserci arrivati davanti.

Aveva provato a chiedere al romano dove stavano andando, però non aveva mai ricevuto risposta. L'altro lo aveva portato per strade e stradine, continuando a ripetere che stavano girando a vuoto. E all'inizio era stato davvero così: lo aveva fatto uscire non perché avesse organizzato qualcosa, ma solo perché aveva imparato a conoscerlo. Ermal cercava sempre di mostrarsi forte, di sopportare tutto senza dare fastidio a nessuno, come era stato costretto a fare da quando era piccolo. Però era fragile, molto più fragile di quanto volesse ammetterlo. Teneva dentro fino a scoppiare, rischiando puntualmente di autodistruggersi. Di annegare nel suo dolore. Quella volta, tuttavia, non glielo avrebbe permesso. Non glielo avrebbe permesso mai più. La passeggiata gli era sembrato solo il modo più semplice per distrarlo.

Poi, mentre parlavano del più e del meno, si era deciso. Lì sarebbero stati lontani dal caos della città, ed evitando i percorsi principali c'era buona possibilità di rimanere quasi soli.

Prima però, doveva fargli vedere un'altra cosa.

«Vieni.»

Conscio di essere in pubblico, si costrinse a non prendergli il polso e trascinarlo in giro, limitandosi semplicemente a dirglielo a voce.

L'albanese annuì, in silenzio.

Percorsero il viale principale e Fabrizio notò con sollievo che non era molto affollato: c'erano solo piccoli gruppi di stranieri sparsi per i prati, la maggior parte erano tutti lontani dall'acqua. Doveva ammetterlo, non aveva osato sperarlo, ma ne era compiaciuto.

Fece un cenno a Ermal e lo portò alla staccionata, lontani da tutti, per mostrargli il lago che aveva rapito il suo cuore molto tempo prima.

«Il mare era troppo distante.» si scusò con una mezza risata. Ermal alzò un angolo della bocca, ma non disse nulla. I suoi occhi erano rapiti dai giochi di luce sulla superficie dell'acqua.

Indugiò su di essa mordendosi leggermente il labbro, prima di spostare l'attenzione sul piccolo boschetto al centro del lago.

«È bellissimo.» disse dopo qualche minuto, senza distogliere però lo sguardo.

Tra le luci di Roma | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora