Per il bene di tutti

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Aveva passato tutto il primo gennaio avvolto dal clima amorevole della famiglia di Fabrizio, a contatto con i bimbi a cui si affezzionava ogni giorno di più – e quando Sabina lo aveva scoperto, non si era trattenuta dal riempirlo di battute.

Doveva ammettere che stare con Anita era semplicissimo: lei lo aveva adorato fin dall'inizio, senza un vero motivo. Lo aveva guardato, aveva deciso che le stava simpatico e si era regolata di conseguenza. Poi, col tempo, aveva scoperto di amare la sua compagnia, la sua dolcezza e quindi si era ritrovato a cercarlo sempre.

Con Libero invece era più difficile. Quel bambino era intrigante, particolare. Lo aveva guardato tutto il tempo con occhi curiosi, come a voler leggere tutto quello che c'era nei suoi gesti e ogni tanto, quando evidentemente pensava che stesse rubando troppo tempo al padre, gli scoccava sguardi capaci di gelare. Lui aveva ovviamente cercato di non dargli peso, nonostante lo avessero lasciato perplesso. Aveva preferito cercare invece di comprenderlo – anche se non era sicuro di esserci riuscito – e di instaurare con lui un rapporto un po' più stabile.

Poi, alle nove, aveva preso l'ultimo Frecciarossa costretto a tornare a Milano dal suo lavoro. E quella era stata la sua ultima giornata tranquilla. Infatti la sua vita da dieci giorni a quella parte aveva subito una brusca accelerata, come ogni volta che usciva un album.

Aveva passato i giorni precedenti alla release ad organizzare, insieme al suo manager, i successivi eventi, poi, dopo due giorni in cui era stato inondato di email e informazioni varie, erano iniziate le interviste. Una settimana dopo i firmacopie. Era arrivato a non avere tempo di rimanere un po' da solo con i suoi pensieri, a volte non aveva il tempo neanche per andare in bagno. E questo accadeva anche per colpa del deficiente del suo compagno. Che però lui amava tanto.

Aveva scoperto in quella settimana e mezza che Fabrizio amava fargli promettere che si sarebbero rivisti presto. All'inizio quel comportamento lo aveva interdetto, poi, piano piano aveva capito. Siccome non amava le promesse, l'idea che potesse fare un'eccezione per lui esaltava troppo il romano, e quindi si era ritrovato a scendere a compromessi. Anche perché aveva compreso un'altra cosa: era sempre lui che lo metteva in condizione di mantenerle. E che amava fargli sorprese dal nulla.

Quando aveva lasciato Roma, era convinto che non si sarebbero rivisti prima del firmacopie lì. Invece lui era salito per la festa che avevano organizzato la sera del quattro, per dargli il suo supporto. Ed era salito di nuovo prima del suo firmacopie a Milano, due giorni prima di quello nella capitale, così da riscendere insieme.

Per il quarto anno di seguito, la musica lo stava viziando fino alla follia. L'album stava andando benissimo, gli incontri coi fan erano bagni di folla, Fabrizio si faceva in quattro per essere presente. Stava andando tutto a meraviglia.

«Nome?» chiese automaticamente, mentre gli passavano l'ennesimo cd da autografare, senza ancora alzare gli occhi. Erano quattro ore che andava avanti, sentiva la mano dolere, ma cercava di non farci caso. Tutte quelle persone erano lì per lui e non aveva intenzione di deluderle.

«Non mi riconosci?» lo prese in giro una voce femminile, mentre lui si voltava a fissarla.

Sorrise senza neanche rendersene conto, lasciando cadere il pennarello sul tavolino.

«Raffaella!» la salutò e si alzò per abbracciarla.

La sentì rigida tra le sue braccia, forse per la sorpresa, poi lei ricambiò la stretta.

«Ti ho riportato la collana.» spiegò e indicò il suo collo.

Ermal sgranò gli occhi.

«Ma io non ho l'ombrello!»

Tra le luci di Roma | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora