Capitolo 19 (Seconda parte)

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Non lo controllo nemmeno il corpo quando lo stacco dalla portiera. Esco sotto al sole e a passi svelti lo raggiungo fino a mettermici accanto.

Non si volta. Continua a spaccare la legna con una tale concentrazione da far sparire tutto il resto del mondo.

Da far sparire anche me.

In preda all'ansia gli strappo le cuffiette dalle orecchie con una forza che per un attimo temo gli abbia fatto anche male, ma non me ne frega un cazzo: il male lo fa anche lui a me.

Finalmente butta a terra l'accetta, anche se il viso resta nella sua posizione continuando ad ignorarmi.

Lui guarda il vuoto, io guardo lui guardare il vuoto, e nel frattempo penso a che cazzo ho fatto di male nella vita per non farmene mai andare una liscia.

«Adesso neanche mi saluti più?» sbotto stringendo i denti per evitare il fiume di parole che vuole uscire dalla mia bocca. In effetti non so nemmeno cos'è che gli direi, molto probabilmente gli vomiterei addosso ogni specie di insulto esistente nel vocabolario e continuerei con i peggio insulti inventati da me. E quasi lo faccio. Prendo aria dal naso infuriata, nemmeno fossi un toro pronto ad attaccare il toro sfidante, ma tutto si riduce alle mie guance gonfie, piene d'aria e di insulti trattenuti dato che lui parla prima di me.

«Sto cercando di calmarmi per non urlarti contro, Emory.»

E poi sputo fuori tutto; solo aria, niente parole, perché sono talmente sconvolta dalla sua dichiarazione che il mio cervello smette per un attimo di funzionare anche per riuscire ad attaccare delle stupide lettere.

Una frase senza senso, proprio come quelle che ha detto Vincent poco fa. Dice che vuole proteggere suo fratello ma dentro di me ho l'amara sensazione che sarò io l'unica a finire a pezzi in questa storia.

Mi sembra di aver incamerato troppo per oggi. La vergogna per la consapevolezza che Karen mi ha vista baciare suo figlio, l'impotenza di non poter nemmeno pagare la riparazione del furgone, la delusione nel sentire quel discorso contorto. E adesso lui, che senza nemmeno un motivo mi fa intendere che vuole urlarmi addosso come se io avessi fatto qualcosa di sbagliato.

Sono piena.

Piena di tante emozioni diverse che mi fanno quasi perdere le forze.

Piena nel rendermi conto che ogni passo avanti ne conta mille indietro. Talmente piena di tutto che sento le spalle afflosciarsi mentre lo mando a fanculo iniziando ad incamminarmi verso casa.

Ignoro la sua voce che mi chiama, supplicando me stessa di trovare la forza per non mettermi a piangere. Non lo so perché mi sento così provata, so solo che le cose da mandare giù, oggi, mi sembrano già abbastanza. Ritiro il braccio con uno scatto non appena sento la sua mano aggrapparsi a me, e continuo a camminare fino a che non me lo ritrovo davanti a bloccarmi la strada dietro casa sua. Anche lui si è sentito così esasperato quando ieri sera questo gioco glielo facevo io? Perché quando sei dall'altra parte non ti rendi conto dell'agitazione che metti addosso all'altra persona quando vuole scappare e tu, invece, sei lì a sbarragli la strada.

Provo a raggirarlo passando raso al muro, ma la sua mano è più veloce e si poggia sul cemento davanti alla mia faccia bloccandomi del tutto.

Non parla, resta solo fermo a guardarmi mentre i nostri corpi quasi si sfiorano.

Gliel'hanno già spaccato in mille pezzi in cuore...

Queste parole continuano a circolarmi in mente, e più lo fanno più mi chiedo chi sia stato ad avere la forza ed il coraggio di fargli così tanto male.

I Ricordi che ho di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora