Capitolo 21 (Prima parte)

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"Quanto è limpido il cielo
quando l'unica cosa che lo colora
è il sole;
quando le immagini
non si mettono in mezzo
sfumando una tela bianca
e priva di difetti;
quando le parole,
giuste o sbagliate che siano,
non hanno il potere di colorare
tutto di nero.
Quanto è limpido il cielo quando tu,
in quel momento,
sei l'unica persona che lo
contempla."
-Emory Scott-

Emory –Oggi-

 Mi ricordo che quando ero bambina ci passavo le ore a guardare il cielo; le nuvole bianche si incrociavano tra di loro formando forme indefinite agli occhi dei grandi, mentre io, con la mia assurda immaginazione, riuscivo a vederci il mondo intero. Un semplice cono gelato, un paffuto coniglietto forse senza baffi, una tigre contro un elefante... E non erano solo chiacchiere le mie, perché più quelle forme le guardavo e più si solidificavano le linee di quelle immagini.

Lo capisci dopo che chi non vedeva la tua stessa realtà non si poteva classificare né come pazzo né come cieco, e che quella differente visione di forme –allo stesso tempo- non faceva di me una stupida visionaria.

Quelle immagini esistevano solo perché ero io a volerle vedere, e se qualcuno diceva che il mio paffuto coniglietto senza baffi ai suoi occhi passava come un semplice elefante allora quella era la pura verità. Ognuno ha il suo modo di vedere le cose, che siano bianche o nere, che siano tutte colorate con gli stessi colori dell'arcobaleno o che siano uno stupido coniglio o uno stupido elefante. È l'interpretazione delle cose stesse che ci caratterizza e ci diversifica l'uno dall'altro, e questo accade per qualsiasi cosa nella vita. Le nuvole, disperse nell'immensità del loro cielo, sono solo un esempio banale, una metafora che ha le stesse caratteristiche per spiegare come ogni singolo essere vivente riesce a guardare il mondo dai propri occhi.

Guardi una cosa e hai le stesse probabilità di vedere tutto il contrario di quello che sta guardando la persona che magari sta sdraiata al tuo fianco.

Non è giusto, non è sbagliato, è solo il bello che la vita ci regala per farci vivere qualcosa in ogni sua più piccola sfaccettatura.

E oggi me ne sto seduta in veranda, con un libro tra le mani e la stessa pagina aperta da più di un'ora, mentre nel cielo osservo una croce. È colorata di un bianco appena sporco perché è un'immagine formata da due nuvole incrociate tra di loro, e pur sapendo che dovrei solo abbassare gli occhi su questo maledetto libro di scuola non ce la faccio a guidare lo sguardo altrove se non fisso dove lo sto tenendo.

Penso che se qualcuno mi stesse seduto accanto potrebbe vedere nella mia stessa immagine una semplice X, magari perché la prospettiva da cui potrebbe guardarla sarebbe leggermente diversa dalla mia, ma da dove sono seduta io una croce è tutto quello che mi appare davanti. E non mi ispira niente di bello, anzi, mi mette un senso di cupo addosso che nemmeno sforzandomi potrei riuscire a tirare fuori un sorriso mentre la osservo. Nonostante il sole illumini ogni cosa, oggi non vedo niente di luminoso nella mia vita.

In realtà è una settimana che continuo a vedere tutto nero.

«Se stai aspettando una specie di miracolo non credo che la Madonna scenda dal cielo solo perché lo stai guardando ininterrottamente.»

La sua voce mi fa sobbalzare sulla piccola poltroncina di velluto dove sono scomodamente seduta. «L'ho guardato per giorni interi quel cielo pregando per qualche miracolo, ma nessuno mi ha mai ascoltata.» Sorride mentre parla, come se con quel sorriso stesse cercando di prendersi gioco di se stessa mentre prende posto accanto a me. Si accuccia con il suo corpo minuto incrociando le gambe e apre una tovaglietta prima di passarmi un pezzo dolce.

I Ricordi che ho di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora