Capitolo 25 (seconda parte)

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Oggi non piove. Cosa strana, perché quando arriva la stagione che accavalla fine autunno e inizio inverno è una cosa rara vedere il sole da noi. Nell'aria si sente l'umidità di tutta l'acqua che è caduta stanotte, ma se ti fermi sotto la luce gialla che arriva dal cielo la pelle riesce a scaldarsi in un attimo. Sono caldi i tetti delle case, sono calde le panchine dopo che le gocce della pioggia ci si sono asciugate sopra, è caldo l'asfalto dove i cani camminano marchiando il territorio ad ogni lampione spento che si trovano davanti, ed è calda l'aria nella cucina del Burger Phill. Anzi, è talmente calda l'aria qui dentro che mi sembra quasi di soffocare con il mio stesso respiro.

Ho la fronte imperlata di sudore, la maglietta a mezze maniche che porto addosso è talmente bagnata che mi aderisce alla pelle quasi facesse parte del mio corpo, e gli occhi di Bob continuano a non staccarsi da me e dal modo in cui sto grigliando le sue preziose verdure. Mi mette agitazione. Da quando sono entrata in questa cucina, più di un'ora fa, ne ho abbrustolite quasi la metà. Si è messo a ridere la prima volta che ho buttato nel secchio la prima manciata; la seconda mi ha detto di non farmi prendere dal panico perché sono cose che accadono; la terza mi si è avvicinato quasi con dolcezza e mi ha fatto vedere quando e come spostare le più cotte verso l'esterno della piastra. È stato comprensivo, gentile, paziente, ma ogni volta gli ho visto in faccia una smorfia di dolore mentre gettavo le sue amate e preziose verdure, e quello che mi dispiace è che sto quasi per replicare la scena. Spero solo che arrivi a fine serata senza farsi prendere un attacco di cuore per le zucchine, perché se si assenta lui allora siamo nella merda più totale.

Sospirando, e inveendo tra i denti contro qualcuno di indefinito, prendo con le pinze quelle annerite e le butto a testa bassa. «Mi dispiace», sussurro verso di lui. «Sto facendo un casino.»

Credo che si veda lontano un miglio quanto mi senta in colpa, ma soltanto io so davvero quanto brucia l'umiliazione di non saper gestire nemmeno una manciata di stupide verdure. Abbozza un sorriso goffo, prima di scuotere la testa e avvicinarsi di nuovo a me. Mi poggia un braccio sulla spalla abbassando la parte sinistra del mio corpo e, anche se provo un po' di schifo nel sentire la sua pelle sudata, non mi sposto né apro la bocca. Mi sento talmente giù di morale che a questo punto ogni cosa passa in secondo piano. Anche l'appiccicume del suo sudore.

«Ti sei fatta prendere dal panico alla prima verdura bruciata, Emory, ecco perché continua ad andare tutto storto» sostiene alzando di poco le spalle. «Sono cose che capitano anche ai migliori, quindi non prendertela.»

Mi fa un gesto con la faccia rotonda e arrossata dal caldo, come a dirmi di stare tranquilla, ma non è per le verdure che tutto continua ad andare storto.

Alzando gli occhi verso il grande orologio alla parete vedo che segna le cinque meno cinque minuti. Ecco quello realmente che fa andare tutto storto: la consapevolezza che tra cinque minuti da quella porta entrerà lui.

Ho già dovuto passare un quarto d'ora a scusarmi con Phill per le continue comparse dei miei genitori in questo posto, nonostante lui abbia continuato a dirmi che non era un problema e che quello che gli interessava davvero era che io stessi bene e in perfetta forma per lavorare, ma sapere che da qui a poco il mio stato d'animo peggiorerà notevolmente mi fa lavorare uno schifo peggio di prima. Addrizzo gli occhi e le spalle ogni volta che sento suonare il pendente alla porta; il cuore va a scatti iniziando a battere veloce per poi tornare ad un ritmo regolare solo quando capisco che non è lui ad essere entrato, e Bob deve essersene reso conto della tensione che emanano i miei movimenti perché ad un certo momento mi chiede anche di prendermi una pausa. Sembra quasi che me lo supplichi con lo sguardo, come se sperasse che una pausa possa aiutarmi a farmi rientrare in questa cucina perfettamente in grado di fare il mio lavoro, ma non intendo muovermi da qui, soprattutto quando sento Tania salutare Mayson pronunciando il suo nome con un tono di voce alto e squillante.

I Ricordi che ho di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora