Matrimonio

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Quella mattina il sole splendeva in tutta la sua bellezza, riscaldava ogni cosa e la avvolgeva come una morbida e soffice coperta di lana dopo essere stato oscurato dalle grigie nubi del giorno prima. Soffiava un leggero venticello invernale che giocava tra le frondose chiome dei pochi alberi quasi spogli presenti dietro qualche abitazione malridotta , le strade erano costellate da numerose pozzanghere fangose che riflettevano i raggi di quella sfera abbagliante che si stagliava nel cielo sereno, e il cinguettio degli uccelli era una sorta di sveglia tranquilla, leggera e rilassante. Quel piacevole bagliore si infiltrò birichino tra le tende di seta color avorio arrivando ad illuminare solo parzialmente la stanza, ma fu abbastanza insidioso per infastidire un certo ragazzo moro che se ne stava sepolto tra le pesanti coperte, con la testa appoggiata sopra il massiccio torace di una seconda presenza che lo stringeva a sè con un braccio avvolgendogli la sottile vita. Law si stropicciò pigramente un occhio mentre sbadigliava stancamente. La sua consueta razionalità non fece in tempo a dargli il buongiorno che in una frazione di secondo le immagini della sera prima gli attraversarono il cervello come una moltitudine di flash, lasciandolo frastornato: la notte di passione trascorsa con Kidd, che lo aveva portato verso un baratro fatto di dolore e piacere, i loro corpi che si sfioravano accaldati e sudati in una frenetica danza erotica, i loro occhi che si incontravano accesi solo dalla lussuria più oscena, i loro baci alternati a morsi affamati e i loro gemiti che risuonavano nella stanza come la più afrodisiaca delle melodie. Oltre ai ricordi anche un fastidioso dolore alle retrovie gli ricordava del rapporto avuto con il rosso, che nonostante tutto ci era andato leggero considerando che era rimasto intatto fino ad allora, "un gesto cavalleresco" pensò sarcasticamente. Nonostante il suo incrollabile orgoglio gli intimasse di far passare quell'episodio come una cosa di poco conto, Law dovette ammettere a se stesso che si era sentito davvero molto appagato, che mai nessuno era mai stato capace di regalargli quel benessere che cercava da tutta la vita. Si mise a sedere non riuscendo a nascondere una leggera smorfia per il fastidio, l'intero corpo era indolenzito e non tralasciando il fatto che aveva segni e morsi che gli decoravano ogni lembo di pelle, come una tela bianca macchiata dagli schizzi di pittura. Con un gesto della mano si scompigliò i capelli corvini appiccicati alla fronte portandoli all'indietro e quasi spontaneamente si voltò verso l'uomo che dormiva beatamente accanto a lui a pancia in su, con il lenzuolo che gli copriva a malapena il basso ventre e la testa rivolta verso di lato, con una espressione di tranquillità stampata sulla faccia. Il moro si avvicinò al corpo dell'altro sfiorando dolcemente con i polpastrelli la sbiadita cicatrice, che gli era rimasta impressa sul braccio quella volta che lo aveva difeso da una pugnalata diretta a lui, e quasi senza accorgersene sorrise posandogli sopra un casto bacio, come a volergli chiedere perdono. Spostò lo sguardo verso il volto dell'altro avvicinandosi fino a quando non fu a pochi centimetri dalla lebbra, tenendosi con il corpo di lato al suo; inevitabilmente riaffiorò nella mente il momento in cui il rosso, con un livello di romanticismo tale a quello di una scatola di fagioli, gli aveva chiesto la mano. Sentì il cuore perdere un battito: da tempo aveva capito di provare qualcosa per il Greyjoy, non solo a livello fisico, ma mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe potuto diventare suo marito, e scappare con lui da quella realtà che lo soffocava come un cappio al collo. Poteva ricominciare tutto da capo, una nuova vita in un posto nuovo e con il proprio compagno lontano dalla corruzione della corte e da suo padre. Sicuramente avrebbe sentito la mancanza della sua casa, Grande Inverno sarebbe rimasta per sempre nel suo cuore, compreso quell'albero diga con un'espressione inquietante che lo fissava mentre dal suo volto sgorgavano lacrime scarlatte. Tutto quel convoglio di emozioni lo stordirono troppo per i suoi gusti, quindi si decise a svegliare quel colosso rosso perchè quel giorno avevano da fare: dovevano trovare un septon che fosse disposto a unirli in matrimonio, visto che non tutti erano propensi a farlo nonostante le leggi non lo vietassero e trovare un luogo abbastanza lontano, ma non troppo in cui celebrare la breve cerimonia, possibilmente fuori dalla città, e già che c'erano fottere la sorveglianza che Doflamingo aveva rafforzato dopo l'episodio della loro loro fuga in città. Pensò a vari modi per riportare il suo amorevole compagno nel mondo dei vivi, dal più romantico al più cinico ma proprio non riusciva a decidersi mentre si grattava il pezzetto con fare indeciso, fino a quando non optò per qualcosa che avrebbe fatto piacere ad entrambi. Con il più bastardo dei sorrisi scostò la coperta dal corpo immobile di Kidd, lasciandolo completamente nudo ed esposto e con passo felino si avvicinò alla zona inguinale senza farsi sentire, portando il volto vicino all'intimità dell'ignara vittima. Trattenne a stento una risata per via dell'imminente risposta che avrebbe avuto il Greyjoy, se la sarebbe goduta appieno, in tutti i sensi. Con la lingua percorse tutta la lunghezza del membro con spietata lentezza, ricevendo una reazione immediata: Kidd mugolò nel sonno e si irrigidì, ma non aprì gli occhi. Law non demorse, inglobò l'intera asta nella cavità umida fino alla base, muovendosi avanti e indietro senza staccare gli occhi dall'altro che si stava surriscaldando, la fronte si imperlava di goccioline di sudore e il respiro accelerava. Dopo un tempo che parve infinito finalmente il rosso aprì gli occhi di scatto mentre il torace di abbassava frenetico alla ricerca di aria; dapprima fece un'espressione spaesata, tipica di chi si sveglia all'improvviso e poi, per la gioia perversa di Law posò gli occhi sul ragazzo in mezzo alle sue gambe, che si era staccato dal suo membro con un filo di saliva che gli scendeva sul mento. L'espressione di Kidd fu talmente esilarante che il moro dovette mordersi l'interno della guancia per non esplodere dalle risate.

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