La mano e l'azzurro

23 2 0
                                    

"Non ho voglia", dissi seccata a mio cugino.

"E dai, Mori, sono giorni che stai rinchiusa nello studio", disse mia sorella.

"Ho una consegna da rispettare", ribattei strusciandomi gli occhi.

"Se muori, non rispetterai nessuna consegna. Dai, Morena, il Luna Park resta solo altri tre giorni!", insistette Andrea piagnucolando.

Non riuscii a nascondere un sorriso e lui esultò trionfante.

Il Luna Park risvegliava la bambina in me. Le luci, il cibo tanto insano quanto delizioso, giostre, risate di bambini, adolescenti chiassosi.

Da piccola mi chiedevo come sarebbe stato girare il mondo colorandolo con tutte quelle luci; crescendo avevo capito di aver romanzato non poco quello stile di vita. Avevo quindi deciso di rinunciare alle luci, in favore dei colori.

Ora ero un'illustratrice, avevo sudato parecchio per riuscire a realizzare quel sogno, ma ne era valsa la pena.

"Guarda!", mi spintonò leggermente Claudia "chioschetto di schifezze!".

Esultai, saltellando con lei verso il chiosco. Andrea alzò gli occhi al cielo, seguendoci docile. Dopo pochi minuti, eravamo seduti su un muretto, ognuno di noi con qualcosa di estremamente grasso e poco salutare in mano. Io e Claudia ci rubavamo patatine a vicenda, come avessimo due anni.

"Andiamo sulla ruota!", esordì Andrea.

"Avviati", dissi con nonchalance, niente mi avrebbe convinto a salire su quell'aggeggio infernale.

"Mori, solo una volta!", piagnucolò imbronciato.

"Ti sono nel cuore, vai e porta i miei saluti all'etere", dissi teatralmente, portandomi una mano al cuore. Sbuffò e si avviò alla cassa, guardandoci malissimo.

Rimanemmo lì, mangiando patatine e guardandoci intorno allegre. Dopo pochi minuti, vedemmo Andrea tornare verso di noi.

"Non vai ad esplorare l'oltremondo?", dissi sarcastica.

Mi fulminò.

"Se non mi avessi fatto mangiare tutte quelle schifezze, lo avrei fatto, ma dopo tutto quello che ho mangiato, temo che l'oltremondo nuocerebbe al mio stomaco".

"Se non ti avessi fatto mangiare? Cosa sei, un bambino di cinque anni? Sei tu che hai comprato di tutto a quella bancarella!", dissi indignata.

"Ma tu mi ci hai portato, ergo", alzò le spalle.

"Ergo niente! Hai trent'anni, sei responsabile dei tuoi peccati capitali!", sbottai.

"Non ricominciate", ci ammonì mia sorella.

"Ha iniziato lui!".

"Ha iniziato lei!".

"Ora basta bambini!", disse severa.

Ci guardammo, iniziando a sghignazzare.

"Si mamma", disse Andrea, facendo una vocetta buffa, rimediando uno scappellotto. Ridacchiai, ricevendo lo stesso trattamento.

Io e Andrea ci scambiavamo appena un anno ed eravamo cresciuti insieme, diventando di fatto, più fratelli che cugini. Ne conseguivano questi continui battibecchi, che facevano impazzire mia sorella.

Era chiaro, che le nostre scaramucce fossero dovute ai nostri caratteri, fin troppo simili, ma per fortuna c'era Claudia, che finiva sempre per mettere pace, nonostante teoricamente fosse la più piccola. Teoricamente.

Concorsi, OS e Storie breviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora