CAPITOLO 19

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SCARLER POV.

Non ci potevo credere, non ci volevo credere. Non volevo credere che nessuno mi capisse, che la gente tradisse, che ogni cosa finisse. Lui non mi capiva, lui mi aveva tradita anche se non stavamo insieme, lui mi aveva spezzato tutte le certezze che potevo avere. Perché, lì su quel pianerottolo, davanti a lui, mi sentivo così tradita? Tradita nell'anima, tradita nello guardo, tradita da lui. Perché mi sentivo tradita se lui non era mio, non lo era mai stato, e probabilmente non lo sarebbe mai stato? Eppure, perché sentivo un dolore atroce al petto? Perché continuavo a sorridere sarcastica, mentre dentro stavo morendo, mi stavo sgretolando in mille pezzi, e lo sapevo. Perché non riuscivo più a pensare a niente se non a lui con quella ragazza? Perché tutto questo se non c'era mai stato niente, se io per lui non ero mai stata niente. Forse perché c'avevo impiegato sentimenti, forse perché pensavo di riuscire veramente a salvarlo, a guardarlo negli occhi ed a fargli capire che andava tutto bene. Forse perché avevo impiegato troppo me stessa, anche se sapevo che sarei caduta, caduta affondo. E si, faceva male, un male atroce, ma non si meritava le mie lacrime. Non gli avrei mai fatto vedere il mio lato fragile anche se sapevo a cosa stava pensando, anche se sapevo che mi sapeva leggere gli occhi. Li conosceva benissimo, li osservava quanto io osservavo i suoi: erano uno specchio aperto, sapeva come mi sentivo solo guardandomi, solo scrutando il mio sguardo, mentre il mio viso diceva altro. Diceva solo bugie, bugie per mascherare tutto quello che avevo dentro.

Sento il cellulare squillare nella tasca dei miei pantaloni e per qualche secondo discosto i miei occhi dai suoi, rivolgendo la mia attenzione all'oggetto che ora tenevo tra le mani.

Leonard. Perché non mi stupiva la cosa? Cerco di non tremare, cerco di non esternare la mia preoccupazione. Accetto la chiamata ed avvicino l'oggetto al mio orecchio per sentire la sua voce. Quell'orribile, ripugnante voce.

"Buonasera bambolina" saluta non appena accosto il telefono al viso. Mi irrigidisco appena sento quel soprannome, ma cerco di distogliere il pensiero da quelle parole. Non avevo ancora rivolto lo sguardo a Carter. Sapevo che sapeva, ne ero certa. Vedo solo i suoi piedi muoversi e le sue gambe essere più tese. Non volevo incontrare il suo sguardo o sarei crollata ancora.

"Cosa vuoi?" cerco di essere il più educata possibile per non far insospettire il ragazzo di fronte a me, il ragazzo che sapeva perfettamente con chi stessi parlando.

"Voglio invitarti fuori a cena, io e te" sibila con un sorriso. Sgrano gli occhi mantenendoli rivolti verso il basso. Cerco di respirare e mi preparo a rispondere.

"Non ci penso proprio" le immagini di quella notte ritornano a farsi strada nei miei ricordi, ed io non faccio altro che aggravare la situazione continuando a pensare. Vicoletto, buio, maschera, guanti e mani su di me. Mi ricordavo tutto, tutti i suoi complici si ricordavano tutto. Quel pazzo psicopatico, non gli avrei permesso un'altra volta di farmi del male.

"Non era una domanda. Domani sera ti passo a prendere alle 8." urlo in risposta e sento subito Carter prendermi il cellulare e portarselo all'orecchio. Lo vedo preoccupato ed arrabbiato, lo osservo afferrare l'oggetto con grande forza, sforzandosi di non perdere le staffe.

"Leonard tu non la toccherai mai più, a costo di farmi ammazzare" urla chiudendo la chiamata e lanciandomi il telefono per la furia. Lo vedo avvicinarsi a me e subito faccio due passi indietro. Non si doveva azzardare a toccarmi.

"Non mi toccherai mai più neanche tu, mi fai schifo" grido sbattendogli la porta in faccia. Sento delle urla, seguite dai suoi pugni che sbattono ripetitivamente sulla porta d'ingresso. Mi accascio per terra con la schiena appoggiata alla porta. Infilo le mani tra i miei capelli. Non ero arrabbiata, ero delusa ancora una volta. Come si fa ad essere sempre così delusi da una persona? Una persona che doveva rappresentare tutto per voi. Forse perché a volte ci si resta talmente male che non si ha neanche la forza di incazzarsi.

ETERNAMENTE TUADove le storie prendono vita. Scoprilo ora