CAPITOLO 21

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SCARLET POV.

Si, era stato Carl. L'aveva chiamato lui e quando avevo visto il suo nome comparire sul display del cellulare, mi si era fermato il cuore. Mi si era fermato il cuore al ricordo di quella sera, delle sue mani sulle mie cosce, del suo respiro sul mio collo, della sua voce troppo dura e grezza. Avevo risposto senza neanche sapere io il motivo, avevo risposto con tutta la calma in corpo, e tutta la sicurezza che potevo esternare, mentre dentro stavo morendo, mentre dentro ero una leggera foglia.

FLASHBACK

Mi siedo tesa sul suo letto. Avevo detto qualcosa che non andava? Sicuramente ero stata troppo sfacciata, sicuramente era successo qualcosa di veramente grave con il padre se reagiva in quel modo, se si irrigidiva così solo a sentir pronunciare quella parola. Mi si spezzava il cuore a vederlo così vulnerabile, fragile e pensieroso. Mi si spezzava il cuore a pensarlo in conflitto col padre, l'unico genitore che gli era rimasto, l'unico su cui poteva contare fisicamente, come ancora. Ma forse lui non la vedeva in quel modo, forse era successo qualcosa di pesante per avergli fatto cambiare idea sull'uomo che l'aveva fatto nascere. Faceva comunque parte della sua vita, ne avrebbe fatto sempre parte in qualunque caso.

Mentre mi sdraio, pensierosa, sul letto, sento un cellulare squillare. Prendo in mano l'oggetto e solo in quel momento capisco che non era il mio. Era il telefono di Carter. Carl stava chiamando Carter. Il sangue mi si gela all'istante alla vista di quel nome, raccolgo tutte le forze che avevo in corpo, e rispondo. Avrei dovuto farlo? L'avevo fatto e basta, senza pensare a nessuna conseguenza. Carter si sarebbe arrabbiato?

Appena appoggio il telefono all'orecchio sento un rumore quasi assordante dall'altra parte della cornetta, e subito intendo il luogo dove si trovava. La pista dove gareggiavano con le auto. Quelle pista, sempre quell'orribile pista.

"Carter stasera hai una gara, vedi di non fare cazzate e di non portarti lei" sputa subito, senza neanche aspettare che io rispondessi. Lei chi? Stava parlando di me o di qualcun'altra? E perché non la doveva portare questa persona? Ancora dubbi, ancora segreti ed io non ne potevo più.

"Non sono Carter" gli dico ferma, con tutta la sicurezza possibile. Sicurezza che avevo acquisito non appena avevo sentito pronunciare quelle ultime parole dalla sua bocca.

"Ma chi si risente... la bella santarellina" continua dopo un attimo di silenzio. Era stupito che fossi io o che avessi risposto? Questo mi incitava ancora di più a continuare, continuare con freddezza e fermezza. Non ero mai stata così tranquilla in vita mia. Tutto d'un tratto non avevo più paura, non avevo più paura di lui o di quello che mi poteva fare. Volevo solo scoprire il soggetto di quella sua prima frase; ma soprattutto, il perché di quelle parole.

"Comunico a Carter quello che hai detto" cerco di terminare la conversazione in fretta. Carter non lo doveva sapere o si sarebbe arrabbiato, molto arrabbiato.

"Tu verrai?" mi chiede sorridendo. Sento la sua risata meschina anche attraverso una semplice telefonata.

"Certo che ci verrò" chiudo la chiamata senza lasciarlo replicare. Da dove mi era venuta tutta quella sicurezza? Volevo andare anche io quella sera? Ci sarei andata anche io.

FINE FLASHBACK

"Non parliamo di lui, non è successo niente" mento per non litigare, mento per non sentire un'altra bugia ora che stavamo veramente bene, ora che ci stavamo assestando. Non volevo rovinare tutto, non potevo.

Lo vedo tranquillizzarsi quando una mia mano finisce tra i suoi capelli ancora umidi, e la sua finisce sui miei glutei. Li stringe tra le sue dita, e sorride, sorride facendomi provare la stessa emozione, la stessa sensazione del primo giorno. Lo vedo mentre si toglie l'asciugamano dalla vita e resta in boxer. Percorro i lineamenti sul suo petto con lo sguardo e solo quando lui si gira dalla mia parte, discosto gli occhi. Occhi troppo cauti, troppo osservatori.

ETERNAMENTE TUADove le storie prendono vita. Scoprilo ora