CAPITOLO 4

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Lo vedo indietreggiare fino alla portiera della sua auto ed aprire il lato del passeggero come per incitarmi.

Perché lo stavo per fare? Perché non ero rimasta a casa mia? <per la collanina Scar> mi rimprovera la mente. Si certo, per la collanina ero venuta, solo per quello.

Faccio qualche passo verso la sua direzione, accenno un saluto a Kim, rimasta a fissare la scena incredula: aveva gli occhi sbarrati non riuscendo veramente a capire quello che volevo fare. Come potevo spiegarglielo se non lo sapevo neanche io? Mi osserva con uno sguardo indecifrabile, mi guarda senza comprendere, non poteva immaginare che sarei salita su uno di quegli aggeggi. Non pensava l'avrei mai fatto dopo quello che era successo 5 mesi prima. Non sapevo neanche io cosa mi stesse succedendo: sapevo solo che il mio corpo era propenso verso di lui, aveva voglia di conoscerlo, di conoscere cosa nascondeva. Ma soprattutto cosa sapeva, perché sapeva.

Mi siedo dal lato del passeggero senza degnare di uno sguardo il ragazzo al mio fianco. Non l'avrei guardato ancora una volta in quei occhi, quegli occhi verdi che mi avevano fatto sussultare dalla prima volta che l'avevo conosciuto.

Richiude la portiera dietro di sé e si gira dal mio lato, lasciandomi un leggero sorriso.

"Stai tranquilla, andrà tutto bene..." mi rassicura appoggiando una mano sulla mia coscia. Mi giro di scatto ed incontro un'altra volta il suo sguardo, quegli occhi che mi avrebbero portato all'esasperazione. Quegli occhi che mi avrebbero portato alla salvezza.

"Non mi hai ancora detto come ti chiami" mi dice senza togliere le dita dalla mia pelle.

"Neanche tu" gli suggerisco scocciata. Avremo giocato.

"Carter" mi risponde. Carter, bel nome. "Tocca a te adesso piccola" aspetta la mia risposta.

"Non ti interessa, quante te ne sei già portate qua sopra? Forse un centinaio? Cosa ti interessa sapere il nome della centunesima?" gioco. Si sta irritando, lo sento.

"Lo scoprirò prima che tu me lo dica dolcezza" ammicca mettendosi in linea con tutte le altre auto.

Ok, ora ero preoccupata. Fino a quel momento non avevo capito veramente cosa avessi fatto, cosa stessi per fare. Perché sono qui? Perché con uno sconosciuto. Gli lancio un'occhiata di fuoco e lui ricambia con un sorriso spavaldo, lasciando la mia pelle e portando la mano sul volante.

Una ragazza da' il via e noi sfrecciamo insieme a tutte le altre auto seguendo il rettilineo. Inizio ad agitarmi, inizio a ricordare, inizio a ricordare quello che non dovevo ricordare. Le scene di cinque mesi fa mi passano davanti agli occhi ed io non faccio altro che peggiorare la situazione. Copro la mia vista per estraniarmi dal mondo, per rilassarmi. Mi raggomitolo nel sedile ed aspetto che la tortura finisca. Sento le lacrime scendere dagli occhi e le immagini di quella notte che affiorano. Le immagini di lui sopra la barella, dei medici che dicevano che non ce l'avrebbe fatta, della pozza di sangue che aveva ricoperto parte della pista, delle persone che urlavano, del delirio che si stava creando intorno a me, intanto che, io impotente, lo fissavo mentre me lo stavano portando via senza poter far nulla.

Urlo senza accorgermene e Carter si gira di scatto verso la mia direzione.

"Cosa succede? Che succede piccola?" mi chiede. Per la prima volta con preoccupazione negli occhi, con timore nella voce. Per la prima volta era lui senza maschere, lo potevo percepire dalla sua inquietudine, dalla sua angoscia.

"Ti prego fermati, ti prego fammi scendere" lo supplico continuando a piangere.

Rallenta ed accosta la macchina senza farselo ripetere due volte. Lo vedo mentre si slaccia la cintura e si prostra verso di me per consolarmi.

ETERNAMENTE TUADove le storie prendono vita. Scoprilo ora