The Light of My Darkness

68 6 0
                                    

WENN

Il lavoro stava diventando sempre più pesante. Non riuscivo stare più dietro a nulla, mi sentivo in continuo stanca e distrutta. Da fine gennaio che il mio telefono suonava di continuo, non rispondevo mai. Mi avevano trovato, ma facevo finta che non era così, lo lasciavo suonare. Se sarebbero arrivati anche a Londra, io avrei potuto solo farmi vedere. Non potevo scappare, ma loro non potevano portarmi via; io me ne sono andata, gli avevo avvisati che l’avrei fatto. Appartenevo a loro finchè non me ne sarei andata e quindi io ormai non ero di nessuno se non di me stessa e dei miei demoni.
Demoni.
Mi tormentavano tutti i giorni, facendomi distruggere da sola. Ero sempre circondata da persone, eppure mi sentivo sola, eppure non mi sentivo bene con me stessa. Mi facevo male da sola, ogni momento era buono per pensare al male che mi sono fatta, a quei momentiche continuavo a rivivere nella mia testa. Forse, alla fine il demone ero io. Io ero il demone di me stessa, ero io che comandavo tutto ciò che avevo nella mente e non chiedevo l’aiuto a nessuno. Ho sempre fatto tutto da sola, mi sono sempre rialzata da sola dopo che cadevo, perché avevo bisogno di qualcuno? Sarebbe caduto anche lui con me, ma io non ero abbastanza forte per far rialzare entrami.
Così mi trovai a pensare a tutto, come sempre, dal primo momento all’ultimo: vedevo solo del sangue, sentivo solo delle urla, toccavo solo della pelle e annusavo solo odore di tabacco, alcool e erba… a volte anche droga.
Ho voluto farmi questo, sarei potuta uscire molto prima, ma non volevo. Fuori era ancora peggio che dentro. Fuori, la vita senza di lui era l’inferno peggiore in cui potessi vivere, ma i demoni vivono nell’inferno, però scelsi quello del dolore fisico. Il dolore morale mi faceva più male, mi faceva impazzire. Sarei diventata una psicopatica se non avrei trovate un altro inferno.
è vero, avrei potuto cercare mille altre strade, ma quando sei dannata, quando hai l’oscurità dentro, le strade diminuiscono sempre di più, finchè rimangono le peggiori e uno devi per forza scegliere. Così andai là. Non so con quale coraggio volli uscire da quel posto, ma lo feci. Forse per aver conosciuto Asia, mi aveva fatto vivere un po’ là fuori, nell’altro posto, me l’ha fatto rivedere con un altro sguardo, così che ormai non era più il peggio del peggio. Ero pronta, per affrontare tutto ciò che fuori, tutto in quell’inferno el dolore morale. Ma moltecose mi dovevano aspettare, mi dovevo aspettare lui, il mio angelo. L’angelo del mio inferno. La luce della mia oscurità.

La luce che continuavo a rispingere.
“Aaaah si.”
“Continuo per di qua?”, mi chiese Asia mentre le sue mani correvano ovunque. Io annuì. All’improvviso le mie spalle mi sentivano molto meglio, ma non per molto. Asia fece scivolare le sue dita su tutta la schiena, seguite da dei baci umidi.
Arrivò al fondo della schiena. Avevo il viso nel cuscino, assaporandomi ogni suo gesto: le sue mani che palpavano il mio culo e poi la sua lingua. La schina si divaricò, facendo alzare la vita.
“Asia, sei insaziabile…”
“Anche tu lo eri. E adesso?”
“Lo so… lascia stare, fai quello che vorresti farmi.” La mia voce diventò del tutto profonda e sensuale e Asia mi fece girare in pancia in su.
Si avvicinò alle mie labbra, assaporandole, gustandole e giocando con la mia lingua in un modo spettacolare, come se avesse solo il bisogno delle mie labbra e di quel contatto. Passò al mio collo, mentre mi rilassavo e mi lasciavo andare. Glielo dovevo, ero troppo nervosa ultimamente.
Uno sbuffo lasciò le mie labbra quando le sue iniziarono a succhiare il mio capezzolo destro ormai turgido e palando l’altro.
“Dimmi cosa posso farti, pur di farti stare un po’ tranquilla?”
“Bacia le mia labbra come prima.”
Ci guardammo negli occhi e lei capì subito.
Strisciò al fondo nel letto, non lontana da me e di nuovo quello sguardo pieno di lussuria davanti alla mia intimità spalancata solo per lei.
E come le avevo chiesto lei lo fece. Penetrò direttamente con due dita e poco dopo con tre, mentre la sua lingua accarezzava il clitoride rigonfio.
“Asia!!” i miei fianchi non volevo stare fermi e Asia rise.
“Sarà per sempre impossibile per te, star ferma, vero?” sorrisi anch’ io con gli occhi chiusi.
Un gemito profondo riempì la stanza nel momento in cui iniziò a succhiare ogni parte di me: le dite ormai non c’erano più. Tutto solo di bocca.
Asia era un fenomeno nel sesso orale e venni per quattro volte. Ero più che rilassata. Cavoli, quattro volte in meno di due ore, era la dea del sesso orale. Peccato che io avevo sempre e comunque voglia di un rigonfiamento, che delle dita o un ginocchio.

Never Forget Who You Are (seguito: dietro ad ogni sogno)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora